20 Giugno 2012, 12.00
Lettere

La Tecnica 2.1

di Dru

A Leretico Dru risponde per determinare rigorosamente quanto afferma con le parole di Francesco Cardone tratte da una tesi su Emanuele Severino.

 
Leretico: “Dire che l'Occidente crede nel divenire significa dire che l'Occidente, nel profondo, crede nella nullità delle cose è ciò è la ragione della sua follia. Ci tengo ad approfondire questa tesi, che mi sembra centrale in tutto il discorso e che significa molto sia per le sue grandi implicazioni pratiche che per il senso del discorso sulla tecnica.”
 
La nullità delle cose: [tutta la storia della filosofia occidentale può essere interpretata come l’alterazione e la conseguente dimenticanza del senso dell’essere, intravista inizialmente dal più antico pensiero greco. Le parole che indicano originariamente l’annuncio della verità dell’essere sono i primi due versi del frammento 6 del poema di Parmenide.
Sono proprio queste parole ad essere state dimenticate, portando alla struttura odierna dell’Occidente.
 
Le parole di Parmenide non indicano una proprietà dell’essere, ma mostrano il senso dell’essere: «l’essere è appunto ciò che si oppone al nulla, è appunto questo opporsi».
Proprio nell’opposizione tra il positivo e il negativo sta il grande tema della metafisica.
Eppure dopo Parmenide (ma dovremmo dire già con lui) l’opposizione tra l’essere e il nulla resta nell’ambiguità.
Resta nell’ambiguità, perché con il progressivo sviluppo della tesi dell’essere grazie a Platone ed Aristotele: l’essere si oppone al nulla sin tanto che esso è.
 
Con queste ultime parole l’ambiguità è già divenuta fatale e con ciò il senso dell’essere è tramontato.
In sostanza, con questa caratterizzazione temporale - sin tanto che esso è – si ha il tramonto della verità dell’essere, ossia della sua necessità (a-temporale): l’essere è certamente, ma solo quando è; il nulla non è, ma solo quando non è.
Tutto questo lo troviamo esplicitato in modo rigoroso nel Liber de Interpretatione di Aristotele (19a 23-27).
 
La differenza che si manifesta sta tra la necessità che l’essere sia, quando è, e la necessità simpliciter che l’essere sia. Il passaggio dalla seconda necessità alla prima comporta che: «”l’essere che non è” quando non è, non è altro che l’essere fatto identico al nulla, “l’essere che è nulla”, il positivo che è negativo. “L’essere non è” significa precisamente che “l’essere è il nulla”, che “il positivo è il negativo”».
 
Con questo pensare il tempo in cui l’essere è il nulla significa negare simpliciter la verità dell’essere, che appunto nega che vi sia un tempo in cui l’essere sia il nulla, il positivo sia il negativo.
Ma la verità dell’essere, l’essere è, dice che l’essere che è non è il nulla, in quel “è” è già incluso il suo non essere il suo opposto, il suo non essere il negativo.
Il travisamento del senso dell’essere sta tutto in questo credere che vi sia un tempo in cui il positivo sia il negativo: questa la follia dell’Occidente.
 
L’errore sta nell’acconsentimento che l’essere sia nel tempo: divenga.
Dei due sentieri indicati da Parmenide, quello in cui l’essere è ed è impossibile che l’essere sia il non essere (il sentiero del giorno) e quello in cui l’essere è il non essere (il sentiero della notte), ebbene di questi due sentieri l’occidente ha percorso quello della notte, ponendo l’essere nel tempo, in cui a volte è e a volte non è. S
 
e però andiamo più in profondità notiamo che Parmenide è sia il primo ad annunciare la verità intramontabile dell’essere sia il primo responsabile del tramonto dell’essere.
Infatti per Parmenide l’essere non è le differenze che si presentano nell’apparire del mondo, le molteplici determinazioni che si manifestano sono soltanto dei nomi, e quindi non sono l’essere: il rosso, la casa, l’albero poiché non significano “essere”, in base alla opposizione tra il positivo e il negativo, queste determinazioni sono “nulla”.
 
L’essere parmenideo per Severino è l’essere trascendente, che nega la molteplicità reale, la quale soggetta al divenire è nulla. «Successivamente l’elaborazione platonica della differenza tra il non-essere come contrario e il non-essere come altro dall’essere è stata per il pensiero occidentale tanto più fatale quanto essenziale.
Perché essa porta le differenze nell’essere, ma continua a lasciarle nel tempo, da cui prende inizio la ricerca di quell’essere che è fuori del tempo: gli immutabili della metafisica.
 
Con Platone le differenze vengono ricondotte nell’essere, perché se le singole determinazioni (rosso, casa, albero ecc.) non significano essere, dall’altra non significano neanche nulla; se quindi non significano nulla, allora di esse si deve predicare l’essere, il quale è un respinger via il nulla.
In tal modo l’essere diventa predicato di ciò che gli è diverso, non di ciò che gli è opposto. Perciò con Platone dire che il “non-essere è” non significa più che il negativo è il positivo.
L’essere parmenideo diventa il predicato di tutte le determinazioni.
 
Ma riconducendo le differenze (determinazioni) nell’essere, l’essere viene interpretato come ciò che può, anzi deve, a volte non essere.
L’irruzione delle differenze del molteplice nell’area dell’essere porta ad interpretare l’intero del positivo sulla traccia del positivo empirico, in conseguenza dell’idea che l’essere è quando è e non è quando non è, vede l’essere come un oscillare tra la positività e la negatività: il divenire.
Sono quindi le determinazioni molteplici che indicano adesso il senso dell’essere. Da ciò segue che dopo Parmenide tutta la metafisica occidentale diventerà una fisica.]
 
Tratto da “Nichilismo, téchne e poesia nel pensiero di Emanuele Severino” di Francesco Cardone.

Dru


Commenti:
ID21216 - 21/06/2012 21:45:51 - (Leretico) - Il sentiero della notte

Come avrai notato nella mia lettera a cui qui rispondi, non ho volutamente introdotto il tempo, che avrebbe portato il discorso su un livello che non mi interessava in quella sede: la confutazione del pensiero aristotelico che per giustificare la sua teoria del movimento che nasce dagli enti che "sono" potenza e atto e che quindi, divenendo, possono essere in un momento e non essere in un altro momento. Questo non essere in un certo momento significa portare il non essere nell'essere tramite l'introduzione del tempo. Ma qui il discorso sarebbe andato oltre i miei intendimenti. Quello che invece volevo sottolineare è il fatto che la tecnica, basandosi anche su una scienza che non è più verità, moltiplica la sua potenza e i suoi effetti sull'uomo che si illude invece di poterla utilizzare per i suoi scopi. Anche qui mi ha i ripreso, ma io insisto dicendo che l'uomo è vittima della sua stessa macchina, del suo stesso strumento che ha creato per domina

ID21217 - 21/06/2012 21:58:33 - (Leretico) - Continua

re il mondo. E nell'insistere mi rifaccio alla parola "angoscia" che si riversa sull'uomo che crede di aver scacciato la morte attraverso il credere nella capacità di salvezza della tecnica, ma che in fondo è divorato dall'angoscia di perdere questa fatua sicurezza. Insomma aver distrutto gli eterni per aver dato spazio alla tecnica gli ha portato una falsa felicità intrisa di paura, di angoscia. E ancora, seguendo il sentiero della notte, si può raggiungere un'altra pietra miliare nella storia dell'occidente: il fondamento della tecnica sul divenire significa separare gli enti che domina dal Tutto, cioè significa che per esplicitare la sua potenza la tecnica ha bisogno di separare gli enti gli uni dagli altri. Insomma la tecnica esplicità il suo potere sul mondo attraverso la separazione, attraverso la specializzazione.

ID21218 - 21/06/2012 22:08:02 - (Leretico) - Continua

È qui che si gioca la mia obiezione, la cosa che mi fa allontanare dal discorso tuo. Io sostengo, e i risultati scientifici sulla natura opposta che dimostrano le particelle sub-atomiche di essere di natura ondulatoria e di natura corpuscolare allo stesso momento lo confermano, che la scienza appunto, attraverso la sua umiltà di accettare di non essere verità incontrovertibile, è riuscita a scavarsi un'altra strada, strada fondata sulla dimostrazione che il principio di non contraddizione, così caro a tutta la logica severiniana, non regge difronte alla realtà dell'entanglement, seppur negato da Einstein, che voleva salvare a tutti i costi il suo determinismo. È su questo livello che mi piacerebbe discutere, sulla ripresa dei discorsi che da quanto sopra derivano, dei rapporti tra gli enti e il tutto e soprattutto del rapporto degli enti tra loro alla luce di questi nuovi traguardi raggiunti dalla scienza della complessità.

ID21221 - 22/06/2012 00:46:20 - (Dru) - Molto interessanti gli spunti ma prima dell'entanglement...

...voglio ribadire sulla tecnica che nell'età degli enti liberi di oscillare , tra essere e niente , l'uomo li possiede , li domina tramite essa , unico modo per superare semmai l'angoscia che questa libertà porta con sé , ecco che non é l'ente tecnica che devi studiare per capire l'angoscia , ma l'ente libertà , la tecnica é semmai lo strumento che abbiamo per superarla l'angoscia , fin tanto che l'ente dominato non ci scivoli di mano nuovamente . Cioé , quello che voglio significare é di non far ricadere il discorso dell'angoscia dell'uomo su un ente altro dalla libertà , altrimenti sbaglieremmo la cura. Noi siamo angosciati perché crediamo gli enti liberi di oscillare dal nulla all'essere , e solo con potenza riusciamo brevemente a determinarli come enti. Trovata l'origine dell'angoscia la cura é lí che va cercata , per quello che é.

ID21222 - 22/06/2012 01:10:42 - (Dru) - Sull'entanglement

Beh qui credo che siamo semmai all'apoteosi della dottrina parmenidea prima e a quella severiniana poi. Non é forse qui piú di prima che si delinea un tutto necessario e interdipendente? Al contrario di quanto potrebbero far apparire le tue parole , é proprio l'entanglement che fa riapparire giustificata una nuova metafisica del tutto. Certo Popper aveva , in un'intervista , equiparato Einstein a Parmenide , ma io dico che é ancora di piú Heisemberg a ricordarci l'origine gloriosa della scienza in Parmenide.E appunto questo non "potere" sulle cose che ci allontana da un discorso sul "potere" e allora le cose le dobbiamo guardare con occhio diverso.

ID21223 - 22/06/2012 01:55:36 - (Dru) - Forse é giunto il tempo

Di percorrere la strada del giorno , quella per cui l'essere é e non ti é dato di dire che non é. D'altronde Heisemberg non definisce comunque aspetti contraddittori nel comportamento subatomico delle particelle , rimaniamo su di un livello di ció che possiamo definire e di ció che rimane indefinito.Rimaniamo sul tema di ció che puó essere dimostrabile , ma ció che puó essere dimostrabile appunto lo é , si determina , anche l'indeterminismo lo é. Cioé appare . Ecco gli enti appaiono e tramontano , ma non vuol dire che cadono in un nulla che non esiste.

ID21225 - 22/06/2012 08:50:58 - (Dru) - per dare rigore

Con la scienza abbiamo semmai dato più consistenza alla dottrina della notte , al nichilismo e la tecnica il suo vassallo: la scienza la mente , la tecnica il braccio. Il dubbio non è l'incontrovertibile apparire del nulla e non è il nulla , poichè di questo non ti lascio dire che è (ispirato da Parmenide).Il dubbio ispirato dalla scienza , che insisto , non si origina oggi , ma è dubbio fin da Parmenide , è il dubbio evocato dalla libertà degli enti dal tutto che , liberi , sono e possono non essere. L'angoscia deriva da questo. Se credi che sia il "dubbio" la medicina alla "tecnica" allora sei sulla strada sbagliata: sei sulla strada sbagliata perchè sei ancora di più sulla strada della notte , del nichilismo , più dubitiamo e più abbiamo bisogno di non dubitare , con la tecnica che rende ente ciò che è niente.Severino dice , dobbiamo essere certi dell'apparire delle cose, riflettici.

ID21226 - 22/06/2012 09:01:28 - (Dru) -

Entanglement ?

ID21227 - 22/06/2012 11:19:30 - (Dru) - l'obiezione...

...potrebbe essere che le nuove teorie scientifiche ci dicono di fenomeni che all'apparenza sono contraddittori , più attinente alla teoria di Eraclito (la salita che è discesa , l'acqua di mare vita e morte, vita per i pesci , morte per gli uomini che la bevono, ecc...) , ma questo non ci dice nulla sulla loro contraddizione , questo ci indica una contrarietà , cioè nell'oggetto o ente che noi vediamo e appare , vediamo e il davanti e il dietro , meglio detto , o il davanti e poi , se gli giriamo intorno , il dietro , da un punto di vista degli osservatori (velocità , posizione) , non sicuramente il suo opposto(contraddittorio) , il suo opposto (contrario) , il suo non essere che ti dico non è e non puoi dire che è.Eraclito e Parmenide in questo erano molto più vicini di quanto non sembri all'apparenza , con le loro teorie.L'apparire non è l'apparenza.

ID21239 - 22/06/2012 19:02:36 - (Leretico) - Contario e opposto

Colgo l'occasione qui rispondendo che il pensiero di Severino mi convicne e lo apprezzo nella sua logica rigorosità e nella sua analisi dei nostri tempi legati alla tecnica. Trovo un legame stretto tra ciò che viviamo e ciò che Severino va ripetendo da anni nei suoi pronunciamenti e nei suoi libri. Non sono certo un esegeta e ho voluto puntualizzare ciò che per me necessita nel suo pensiero di meno rigore, di minor puntiglio. Certo capisco che criticare proprio il principio di non contraddzione da cui Severino fa derivare la sua metafisica è azzardato, soprattutto perché argomentare in merito è difficile e Severino si difende benissimo da solo. Però non sottovaluterei il discorso sulle particelle sub atomiche che hanno di fatto un comportamento contrario, corpuscolare e non corpuscolare, odniforme e non ondiforme nello stesso momento. Questa natura della realtà non si può disconoscere e mette il discorso sotto una

ID21240 - 22/06/2012 19:11:45 - (Leretico) - Continua

Vorrei inoltre aggiungere che il tempo non è preso in considerazione in questa affermazione, e quindi si è fuori della contraddizione che Severino vede nella concezione ontologica di Aristotele. Qui la natura di queste particelle è e non è. Einstein si difese dicendo che la fisica non aveva ancora gli strumenti per spiegare questo fenomeno e bocciò la posizione dell'ideterminismo, ma sempre più gli studi della scienza di oggi portano verso il rinforzo di queste tesi indeterministe. Non è vero che la discussione sull'essere che è e non può non essere sono lontane da questo problema, anzi sono fondamentali, perché qui emerge che la scienza ha trovato un'altra strada per rispondere alla potenza immensa della tecnica. La scienza ha la possibilità di rispondere in altro modo all'angoscia provocata dal mancato fondamento eterno che sta al fondo della tecnica.

ID21241 - 22/06/2012 19:22:56 - (Leretico) - Continua

La scienza comincia a recuperare le relazioni tra gli enti, che la tecnica non può accettare, basandosi sulla separazione degli stessi. Comincia a riconsiderare il rapporto tra gli enti e il tutto, discorso frantumato dalla potenza e dal dominio della tecnica sugli enti che elimina il cocnetto di tutto. La scienza sta coinvolgendo l'ossevatore come elemento in relazione attiva alla realtà osservata, mentre la tecnica la separa da suo osservatore. La tecnica imbevuta di meccanicismo si ferma di fronte alla complessità che non può dominare perché al suo fondamento ha la separazione, la specializzazione.

ID21242 - 22/06/2012 19:34:42 - (Leretico) - Continua

Quindi alla via della notte non è detto che si debba rispondere con me fa Severino, che basandosi riogorosamente sul principio di non contraddizione stabilisce l'eternità dell'ente e giustifica la molteplicità come diverso apparire degli eterni. Si può rispondere in altro modo proprio perché il principio di cui sopra è stato dimostrato non valido in tutte le condizioni possibili.

ID21244 - 22/06/2012 20:47:43 - (Dru) - Ti seguo

E approvo quanto dici , ma sei proprio sicuro di essere cosí lontano a quanto Severino indica come strada del giorno? O la fisica sta tornando ad essere metafisica ?

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