04 Ottobre 2019, 08.58
Eco del Perlasca

Emozioni mediche

di Davide Lancellotti

Da ormai decine, se non centinaia, di anni nel mondo della medicina esiste una grande discussione che non si è ancora risolta: i medici e le loro emozioni


Lo schieramento dei “senza-emozioni”


La parte più difficile per un medico è quella di dover, prima o poi, dire a qualcuno che un suo caro è morto. Non ci sono vie facili per farlo, e le emozioni che si provano in questo compito bastano anche per portare al suicidio alcuni dottori non esperti - in realtà è già successo che qualche medico inesperto nel dover dichiarare un decesso dopo poco si sia suicidato per il peso che comportava questa azione, e di casi ce ne sono a migliaia in tutto il globo - o ad una grave depressione.

L’unico modo “efficace” per evitare questa spirale di autodistruzione è il cosiddetto burnout, un fenomeno nel quale un dottore inizia a provare un distacco molto ampio tra il lavoro e le emozioni, diventando, di fatto, una specie di automa.
Clamorosa la lettera al Guardian, un famosissimo quotidiano inglese, della dott.ssa Eileen Parkes, dove descrive questo fenomeno e dichiara che anche lei ne fa parte.

D’altronde, lei è una oncologa
, ed è risaputo che in quel campo il tasso di mortalità è davvero alto, addirittura di più rispetto alla chirurgia traumatologica. Per lei è fondamentale eliminare le emozioni nel suo lavoro, e se ne accorge di ciò quando, con i suoi colleghi, esprime un senso di black humor e cinismo abbastanza rilevante.

Inoltre per lei la parte più difficile non è dichiarare le inevitabili morti, ma dover dire ai pazienti che non ha tempo per loro, e facendo così quelle morti non fanno che aumentare, e ovviamente la colpa è solo del sistema sanitario britannico a detta sua.
Inoltre aggiunge una frase che per me è molto significativa: “Ogni tanto qualcuno cade - cioè muore - troppo esausto per continuare. Ma la colpa non è della corda. È dell’incapacità di restare in equilibrio - un equilibrio tra dedicare il giusto tempo ai pazienti da parte dei dottori, che spesso fanno errori proprio perché non hanno tempo”

Quelli invece a favore delle emozioni


Ovviamente esistono anche coloro che sono a favore nel provare un legame che va oltre la semplice professionalità con un loro pazienti, creano un legame emotivo resistente ma che al tempo stesso è fragile.
Secondo diversi studi i dottori che provano emozioni verso i loro pazienti li renderanno più fiduciosi sia nelle scelte dei medici ma anche dei trattamenti che riceveranno, e sempre gli stessi studi definiscono il burnout come una cosa negativa che solo un medico emotivo è capace di gestire. Ma non sempre è una cosa emotiva sapersi distaccare.

Il dott. Mikhail "Mike" Varshavski
, eletto l’influencer N°1 nel campo della medicina a causa dei suoi più di 5 milioni di followers nei social, è convinto che un medico emotivo è un medico migliore e lui stesso lo conferma quando lavora.

Per la sua esperienza, far sapere ad un famigliare di un paziente morto che ci sarai per lui se gli servirà qualcosa, stare con loro mentre piangono e confortarli, facendogli anche sapere che tornerai da loro appena finirai con altri pazienti, non fa altro che aumentare la fiducia di queste persone in lutto verso i dottori, facendole sentire molto meglio e magari anche capaci di superare il decesso. Inoltre facendo così si evita il burnout che ovviamente per il Doctor Mike è una cosa estremamente negativa.

In conclusione

L’unico modo, almeno per me, di saper gestire tutti i pazienti e le morti è quello di trovare un equilibrio. Non puoi essere troppo emotivo perché in quel caso ogni morte sarebbe come un peso insopportabile, un peso che inevitabilmente prima o poi ti trascina sul fondo, ma nemmeno troppo cinico poiché i pazienti inizierebbero a perdere fiducia in te dato che sembri distante e disinteressato.
Sfortunatamente, questo equilibrio esiste solo nelle serie tv e forse in una piccola manciata di ottimi medici.

A livello statistico
la quasi totalità dei medici non dedica abbastanza tempo ai pazienti dato che hanno troppi pazienti, tutto ciò non è causato da un sistema errato (anche se per me alcuni sistemi sanitari, come ad esempio quello americano, dove curarsi non è un diritto ma un business, andrebbero cambiati radicalmente) ma da un afflusso sempre maggiore di pazienti e sempre meno dottori.

Io sono convinto che un dottore
debba essere quasi sempre distaccato da tutti, ma qualche volta, anche se raramente, riuscire ad essere emotivo.
Ottenere queste capacità è quasi impossibile, ma pur sempre possibile alla fine.

Chi ottiene questo equilibrio ottiene anche il diritto di essere ritenuto un bravo dottore.
Ma questo titolo è riservato a pochi, e a quanto pare sempre meno medici lo otterranno dato che ce ne sono sempre di meno.

Davide Lancellotti




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