11 Settembre 2016, 08.18
Gavardo Valsabbia
Maestro John

Mamma mia!

di John Comini

Lunedì si torna a scuola. Mamma mia! Ricomincia un anno di scuola, con tutte le sue ansie, i suoi problemi, le sue piccole grandi cose


Quelli come me che hanno superato i 60 anni, ricordano la Messa prima della scuola, la preghiera in classe, i giochi nel cortile con la blusina nera con tanto di numero della classe scritto in caratteri “romani”.
E poi le classi formate solo dai bambini e le classi formate solo dalle bambine. Come del resto l’Oratorio maschile e femminile.

Alla scuola elementare di Gavardo (che era stata costruita dal nonno di mia moglie) avevamo dei tavoli di legno giganteschi, dove potevamo scavare pozzi e cunicoli. Se qualcuno chiacchierava, il maestro lo chiamava alla cattedra (messa sopra una pedana di legno) e gli dava una bacchettata sulle gambe pre-jeans, cioè nude: ma questo non ci dava fastidio, non era un problema, era assolutamente normale.
Se il maestro lo facesse adesso rischierebbe l’arresto!

Durante le lezioni non intervenivo mai, gli alunni erano chiamati per cognome, mai per nome. E se entrava il Direttore, ci si alzava in piedi con il capoclasse che gridava “Classe, attenti!”.
Una volta il maestro ha detto che avremmo visto un filmato riguardante i leopardi, noi eravamo tutti eccitati (non c’era la televisione), ma rimanemmo delusi: era su Giacomo Leopardi, il grande poeta…

Nell’atrio della scuola c’erano i manifesti
che avvertivano i bambini di non toccare le bombe inesplose…la guerra era finita da pochi anni e si rischiava di perdere una mano, come era successo in certe parti.
Con i miei amici andavamo in località Boschetta, vicino alla casa del mio amico Lauro “Ciottolo”, e giocavamo a austriaci contro piemontesi.

Avevo sempre amici da salutare
, amici con cui andare a scuola e poi amici con cui parlare e giocare. Sembrava impossibile far senza di loro. Stare insieme con gli amici era il più grande piacere, davanti al quale tutto il resto impallidiva.
Il tempo che si trascorreva lontano dagli amici pareva sempre tempo perduto.
Andare a scuola, fare i compiti, erano attività in sé né belle né brutte, ma sgradite perché consumavano tempo; si sciupava tempo persino per mangiare a casa. Appena possibile mi precipitavo fuori, mi  trovava con gli amici, e solo allora mi sentivo contento.

Gli amici sono gli amici e non fa niente se il tempo è passato, fa niente se alcuni non li ho più visti: gli amici rimarranno sempre gli amici!
Oggi tanti bambini hanno solo la scuola come momento di aggregazione  in cui incontrano gli amici…Però hanno l’iphone!

Ecco, lunedì rivedrò i “miei” bambini.
Alle superiori il mio amico (ora scrittore) Renzo Mosca diceva “Se la scuola è vita, ben venga la morte”. In effetti, l’inizio della scuola rappresenta per tanti studenti l’inizio di un anno d’inferno.
È come se all’ingresso dell’edificio mettessero la scritta “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”.

Baglioni canta “E tutti quanti a risalir dal fondo e andare avanti come se iniziasse il mondo...
E tutti accanto e ognuno un po' da solo a dire quando si potrà partire in volo...
E i ragazzi in giacche colorate ai gusti misti ribelli e un po' svogliati vanno in classe come si entra dai dentisti...
E tutti ci guardiamo intorno e ci chiediamo se questo è un nuovo giorno o un giorno nuovo... un giorno nuovo...”

Ieri sono stato in Direzione, c’era la Segreteria che pareva un bazar orientale, con gente indaffarata a scrivere, ad iscriversi, a telefonare, a sistemare tabelle, grafici ed elenchi. Pareva la fureria di un esercito pronto per entrare in guerra (o in ritirata?).
Ogni anno è così. Sono 40 anni che insegno (ah la riforma Fornero…), e sono 40 anni che sento dire: questo è un anno di transizione…

E a ogni cambio di governo arriva una nuova riforma della scuola, e puntualmente si discute se è giusto e se non è giusto, e tutti sono arrabbiati e tutti pare abbiano ragione.
E penso a quei tanti precari che sperano in un posto nella scuola, e penso alla giusta rabbia di chi è escluso.
E io, vecchio maestro fine-scuola-mai, tiro avanti, e cerco di fare il meglio che posso, cercando di fare meno errori possibile.

Noi maestri e maestre possiamo regalare ai nostri scolari anni memorabili, pieni di incanti, o anni annoiati e fragili.
Se penso a questa responsabilità enorme e terrificante, che è anche una sfida grande e bellissima, mi viene il panico. Anche quando faccio onestamente il mio dovere, penso a quello che avrei potuto fare di più e di meglio…
E mi consolo ricordando quello che diceva la mia mamma “La braa mama (traduci: “maestra”) l’è gnamò nasida”.

Alla Dirigente, che gentilmente mi ha parlato chiusi nell’archivio (il suo ufficio era invaso da altre cose) ho rammentato una vecchia battuta letta: “Mamma, io a scuola non ci voglio andare! I bambini mi prendono in giro, le maestre mi guardano in cagnesco, i bidelli brontolano, i genitori sono arrabbiati con me!” “Su, smettila di fare i capricci, e ricordati: sei il Dirigente!”  

E intanto penso ai bambini che vedrò. Penso ai loro volti. Quando sono triste, scontento per come vanno le cose nel mondo, arrivo a scuola dove trovo i bambini che mi salutano e mi dicono “Ciao maestro John!…’”, beh, se mi credete, a me passa tutto!
E se penso ai volti di tutti i bambini e di tutte le bambine che ho incontrato, mi scoppia il cuore…
Devo ringraziarli perché quello che mio hanno donato è infinitamente più grande di quello che ho dato io a loro.

Ora basta, ci sarebbero troppe cose da dire e forse è meglio non aggiungere altro. Perché, come diceva il film “Stan by Me”, “le cose più importanti sono le più difficili da dire perché le parole le rimpiccioliscono.”

Come sempre ci sono molti insegnanti che credono nel proprio lavoro, che cercano di trasmettere le radici della conoscenza attraverso i valori della condivisione, del rispetto di sé e degli altri, del rispetto dell’ambiente.
E come sempre devono lottare contro una cultura “esterna” fatta di successo, di soldi, di superficialità, di menefreghismo, di volgarità.
E allora come sempre cercano di capire i propri alunni, si buttano ogni giorno nelle parole, nei numeri, nella bellezza, nell’amicizia, nell’ascolto, nel sorriso.

E come sempre fanno errori, e come sempre cadono in depressione quando vedono i bambini che non riescono a capire, o le famiglie con cui non riescono a dialogare, e come sempre si sentono fragili, o persi, o arrabbiati, e il mondo sembra che crolli loro addosso.
E arriveranno le prove statistiche, che dimostreranno che i loro studenti non sono all’altezza, che a livello provinciale e regionale e nazionale e mondiale…

Prove oggettive che, se fossero giuste, dovrebbero potenziare con maggiori risorse le scuole che hanno bambini con maggiori problemi.
E invece come sempre si impiegano ore e ore e soldi per scoprire i livelli che si conoscono già.  Verifiche che naturalmente nessun politico osa fare a se stesso. Come sempre.
E pian piano questi insegnanti come sempre inizieranno ad accettare le proprie sconfitte a testa alta e con gli occhi  aperti. Come sempre cercheranno di comprendere i propri alunni, anche quelli che sembrano lontani o impossibili da capire.
E come sempre si rialzeranno, perché ci sono attimi della vita della scuola in cui è racchiuso l’infinito della vita.

E come sempre cercheranno di credere nei sogni, perché ogni bambino è unico, straordinario, irripetibile, ogni bambino è un dono meraviglioso, che sia figlio di povero o di re.
E questi insegnanti combattono perché a tutti vengano date le stesse opportunità. E come sempre questi insegnanti daranno fiducia all’amore, e cercheranno di insegnare la magia della vita.
Come sempre…

E allora buon anno di scuola ai bambini di tutto il mondo, a quelli che hanno problemi in famiglia, a quelli che non hanno una scuola, a quelli che fanno scuola in una tenda perché quella di mattoni è caduta per il terremoto, a quelli che sono in un letto di ospedale, ai bambini costretti da adulti cattivi a farsi saltare in aria, ai bambini che hanno paura di entrare in classe perché è il primo giorno di scuola.

E permettetemi di salutare una bambina splendida (io ho solo bambini splendidi…) che da quest’anno si è trasferita in un altro paese con la famiglia.
“Alice guarda i gatti e i gatti/ e i gatti guardano nel sole/mentre il mondo sta girando senza fretta…”
Ciao Alice, ricordati: tu sei e sarai sempre la “mia” Alice!

maestro John Comini
 


Commenti:
ID68208 - 11/09/2016 12:11:36 - (olati) - olati

Caro John....Tu sei un vero maestro e fortunati sono i Tuoi alunni...olati..un ultraottantenne

ID68211 - 11/09/2016 13:22:44 - (Tc) - Comini...

esistono ancora i veri maestri,c'e' una speranza allora...bravissimo!

ID68240 - 12/09/2016 22:07:26 - (Patrick23) - Patrick

Parole più che sante, come dimenticare quegli anni passati alle elementari con lei, fra una canzone, una lezione di matematica (che all'epoca amavo ;-) ) e una spiegazione fatta con i suoi inseparabili pupazzetti da mettere sulle dita...sono passati quasi 10 anni ma mai mi scorderò la voglia, l'entusiasmo, l'enfasi che lei come pochi aveva e sapeva mettere nel suo difficile lavoro....instancabile e sempre sul pezzo, severo ma giusto....i tempi cambiano, i bambini/ragazzi pure ma se tutti avessero la fortuna di avere Maestri come lei, non credo ci sarebbero giorni d'inferno o anni tristi e annoiati ma solamente anni memorabili, come quelli che ho vissuto io nonostante i vari problemi ...Forse é vero, " la braa mama l'è gnamò nasida" ma lei ci è andato davvero molto vicino!!! Sempre suo alunno Patrick Doniselli Ciao maestro John (e sulla N il fiorellino, perché si scrive così, giusto??) ;-)

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