04 Giugno 2017, 10.30
Gavardo Prevalle
Maestro John

Tutti insieme appassionatamente

di John Comini

Martedì o mercoledì prossimi (Giove Pluvio permettendo) i 370 bambini della Scuola Primaria di Prevalle rappresenteranno lo spettacolo “La macchina del tempo” presso il Centro della Polisportiva “Dante Giacomini” (una persona meravigliosa che ho avuto la fortuna di conoscere, nonno di un mio alunno)


Ho sempre amato il teatro. Sono nato a Salò in vicolo Orti, dietro il Teatro Comunale. Mia mamma abitava in Vicolo Teatro. Quando si dice il destino. I miei mi raccontavano che quando c’erano le Opere nel bellissimo teatro salodiano, molta gente che non si poteva permettere i soldi del biglietto veniva ad ascoltarle nel cortile di mia nonna, portandosi dietro la sedia. E mia mamma recitava nella filodrammatica, e pare fosse brava nelle interpretazioni drammatiche. Una volta ha recitato la parte di una madre impazzita per la morte della figlia, ed il pubblico ha versato un lago…di lacrime. Sentivo parlare di una certa persona di Salò che aveva un viso ed un atteggiamento buffissimo, bastava che entrasse in scena ed il teatro veniva giù dal ridere. Piangere, ridere…che bello il teatro! La rappresentazione di uno spettacolo fatto dai bambini ha molteplici sfaccettature che rendono l’evento teatrale un forte momento di aggregazione culturale e sociale anche per il territorio: in esso la comunità condivide un’esperienza collettiva di festa, gioco e creatività. Certo, far recitare i bambini non è facile, devi cercare di coinvolgerli in una storia, utilizzando l’espressione del corpo, la voce, il ritmo… alla fine sono sempre esausto ma felice! I bambini regalano invenzioni davvero sorprendenti, e la dimensione del gioco teatrale diventa ogni volta una cosa nuova e diversa. Sulla fatica prevale l’entusiasmo incredibile dei bambini.

Mi permetto di riportare la mail del maestro e amico Angelo Mora che mi ha scritto lo scorso anno, dopo lo spettacolo “Ulisse”. È una mail che mi ha fatto piangere…
“C’è ancora umanità.
C'è troppa umanità in quell'evento chiamato, forse con troppa semplificazione, "spettacolo di fine anno della scuola primaria di Prevalle". C'è troppa umanità PRIMA, DURANTE e DOPO.
Prima: nei brontolii inevitabili della condivisione della fatica, nel caos delle prove, nell'attesa del bel tempo, negli inviti e nelle richieste di supporto, nei costumi da costruire, nelle scene da preparare, nelle parti da imparare....
Durante, per l'elettrica emozione della preparazione, per  la camminata insieme attraversando le vie del paese, per la gente che viene apposta per accompagnarci, per chi si alza alle cinque del mattino per predisporre, per il coordinarsi di tante associazioni, per l'incontrarsi di tante idee, per i volti allegri dei bambini festanti che solcano il verde del campo sportivo, per il rumore festoso che riempie l'aria, per l'attesa e il timore del proprio momento, per dire bene la propria parte, per l'esporsi davanti ai propri genitori o nonni, per stare ai tempi, per guardare e ammirare il ruolo e la parte dei compagni di altre classi, per il sentire di essere qualcuno anche se tra i banchi non conti niente, per tutta la gente che viene e che va via più contenta di prima....
Dopo, per il riposo dopo la fatica, per gli sguardi che si incrociano sulla stessa lunghezza d'onda, per il sapere di aver fatto qualcosa che non tutti riescono a fare, per il sentire di aver fatto tutto quello che si poteva fare, per avere la conferma di saper fare ancora qualcosa, per il bicchiere in cui si riflettono gli stessi pensieri, per le idee che nascono solo in questa occasione....
C'è troppa umanità in tutto questo!
Fin che vorrai, fin che potrai, John NON SMETTERE MAI.”

Grazie, caro Angelo, sono le persone belle come te che mi danno la forza per continuare a fare queste specie di missioni impossibili… Ricordo lo spettacolo fatto a
Gardone Riviera e messo in scena a Villa Alba, s’intitolava “Patapumfete teatriamo!”
Camminavo per la strada, le mani le tenevo in tasca
le mie quotazioni erano un po’ giù
il morale fatto a pezzi, una smorfia la mia faccia
chi son io? non me lo chiedevo più…
Ma sul tetto di una casa vedo un tale che strimpella
il violino o un pianoforte chi lo sa?
Nella piazza un gran baccano meraviglia tutta la gente
accidenti cosa mai succederà?
Patapumfete teatriamo…
Stamattina che nervoso ero tutto agitato
mi sentivo come ubriaco di caffè
il fatto è che non sapevo che mi stava succedendo
la mia zucca mi faceva din don dan
Vedo in giro Paperino senza il becco di un quattrino
ed a scuola erano andati Qui Quo Qua
Su nel ciel sospeso in aria l’uomo ragno in avaria
C’era il sole o nevicava ma chissà?
Patapumfete teatriamo…
Gentili signore gentili signori voi tutti spettatori
mettevi calmi non agitatevi e fate attenzione
in questo spettacolo statene certi ne vedrete di tutti i colori
perché questa sera sono in ballo i ragazzi di Gardone Riviera
Lei signora non spinga, non faccia sgambetti, c’è posto per tutti
qui possono entrare giovani e vecchi, bellissimi e brutti
credeteci o no ma noialtri ce la metteremo tutta
purché alla fine ci sia un bell’appaluso o meglio…una pizza!

Quand’ero bambino, dopo pranzo correvo in camera del nonno e davanti al grande specchio inventavo dei film usando la canna della polenta. Facevo le panoramiche, le zumate, i primi piani, facevo il buono, il brutto e il cattivo, cavalcavo, sparavo, spesso rimanevo colpito da una freccia vagante “aagh, indiani maledetti!” Ma poi immediatamente la ferita si rimarginava, come nei fumetti, e riprendevo la mia sparatoria. Pstt, pam, bang! (colpi di Winchester). Quanti indiani avrò ammazzato nella mia vita? Mohicani, Seminole, Cheyenne, ma quelli di cui ho fatto maggiore strage sono stati gli Apache... Quando negli anni 70 è stata rivalutata, anzi ribaltata la storia degli indiani, io mi son sentito leggermente in colpa, quasi fossi stato il generale Custer...Con il mio amico Deni, al secolo Andrea Giustacchini, ho condiviso la passione per il teatro. Passavamo ore e ore a chiacchierare, fantasticando davanti ai cartelloni del cinema Salone. Con lui e con gli amici Mauro Abastanotti, Paolo Goffi (ora sacerdote a San Vito di Bedizzole) e altri nel 68 abbiamo realizzato lo spettacolo “Pronto, chi spara?” presso il teatrino delle Suore di Casa San Giuseppe, dove c’era suor Anna che ci incitava a fare queste cose (anche Elisa Baldo era fautrice dell’importanza del teatro). C’era anche un prete indimenticabile, don Erminio, che teneva noi ragazzi nella sua casa, offrendoci la possibilità di suonare, stampare e recitare. Era un ambiente aperto e caotico, ma per noi ragazzi era il Paradiso. Nella mia vita il teatro ha lasciato una forte impronta, la mia vita è scandita da centinaia e centinaia di spettacoli (era forse un modo per fuggire da mia moglie? eh eh eh).  Forse tutto è nato dall’ascolto dei racconti della mia mamma e dalle filastrocche…
“Il sole cadeva a larghe falde e la neve coi suoi potenti raggi riscaldava la terra, quando al chiaror di un lumicino spento vidi un cadavere vivente. Presi un coltello senza lama e senza manico e glielo ficcai nel petto dicendo: Muori, scellerato, perché mi hai mangiato tutto lo zucchero filato!”

Andare in giro con il furgone dei teatranti, fare lo spettacolo e poi mangiare una pizza era (ed è) la mia gioia! Mamma mia quante pizze che ho mangiato nella mia vita da teatrante di provincia (“Se vett!”, direbbe mia moglie mentre mi allarga i calzoni).
Nella scuola di Prevalle S. Zenone è cominciata la tradizione dello spettacolo finale, che è continuata sino ad ora. Rielaboravo fiabe e storie, da Peter Pan a Pinocchio, da Ulisse agli Aristogatti, oppure inventavo una storia (ricordo, ad esempio ‘Il Mistero del Buco del Frate’, derivato da una storia locale) e la trasformavo in qualcosa che i bambini potessero recitare tutti insieme. Ogni tanto sento ancora ex alunni, anche non miei, che ricordano lo spettacolo di fine anno! Le altre maestre e le collaboratrici  scolastiche mi hanno sempre aiutato con gioia, per realizzare scene e costumi anche con l’aiuto dei genitori. Una volta per andare a prendere le sedie per uno spettacolo sono salito con i bambini su un carro: adesso, facessi una cosa del genere, sarei denunciato! In questo, mi rivedo come un ragazzo dell’oratorio, che crede in valori che a me sembrano “eterni” ma che spesso fatico a ritrovare nella nostra società così complessa.

E’ bello, quando sono in giro con gli spettacoli che scrivo per  Paola Rizzi (la mitica Signora Maria) o per l’amico Deni (come "Dov’è Nicolajewka?" che andrà in scena sabato 17 giugno a Vallio Terme, insieme agli amici del Coro “La Faita”).

Ricordo perfettamente come fosse ieri i primi eventi con il Teatro Poetico Gavardo.
Era nato nel 1976 creando azioni di strada e spettacoli comico-popolari (come quello in  Piazza Loggia in occasione della Coppa Davis in Cile, davanti al dittatore Pinochet).  Il primo spazio preso fu un quadrato di piazza su cui si stese un lenzuolo. Il nostro teatro di strada nacque così. Dal lenzuolo steso per terra le parole e i gesti raggiungevano lo spettatore occasionale, il passante, la gente alle finestre. Si trattava di far ritornare i cantastorie, o la carretta dei comici, di trovare nella memoria popolare riferimenti e proposte, di recuperare un linguaggio immediato, mandato al macero dalla cultura “televisiva”. Utilizzando forme tipiche del teatro comico popolare, ecco “Don Chisciotte”, che interpretava liberamente alcuni nuclei del capolavoro di Cervantes, evidenziando il viaggio del cavaliere errante e del suo scudiero alla ricerca di un mondo diverso.  Noi teatranti ci “innamorammo” di Don Chisciotte, della sua pazzia propria dei sognatori, dei santi, di coloro che vedono le cose con gli occhi dell’anima, e che trasfigurano e idealizzano la vita. Lo spettacolo intrecciava una serie di nuclei tematici: la bellezza della parola nonostante la sua inutilità, l’ironia e il disgusto verso il potere, che allunga attorno all’eroe le sue spire avvolgenti che dapprima lo beffano e alla fine lo stritolano. E c’erano i prestiti spettacolari che andavano dalla filastrocca alla ballata popolare, dai pupi all’avanspettacolo.
Il TPG, come nella Commedia dell’Arte, reinventava temi e spunti dell’immaginario antico adattandoli alle caratteristiche espressive degli interpreti. Andrea Giustacchini era il padrone, l’avaro, il soldato spaccone, il bugiardo. Paola Rizzi e Renato Meloni interpretavano i servi finti-sciocchi e comicissimi, Henry Giustacchini e Rosamaria Micheli erano gli innamorati, Peppino Coscarelli ed il sottoscritto eravamo i jolly pronti per ogni evenienza.

Quando Renato Meloni è “andato avanti”, abbiamo letto queste parole durante la Messa.
“Caro Renato, eccoci qui, noi attori del Teatro Poetico, a darti un saluto inaspettato. Siamo vicini a Francesca, Minhilik e Quarit… Lasciamo sempre qualcosa di noi, quando ce ne andiamo da un posto. Restiamo lì anche quando siamo andati via. Caro Renato,  abbiamo vissuto insieme per quasi trent’anni, per centinaia e centinaia di serate, tra prove degli spettacoli e repliche in giro per l’Italia. Tu come noi avevi una gran voglia di metterti in gioco sul palcoscenico, di indossare la maschera del servo o del buffone per poter far ridere la gente. Sei stato un bravissimo Sancio Pancia nel nostro cavallo di battaglia, il Don Chisciotte, poi hai recitato nel Malato Immaginario, nell’Avaro, nella Corte di Comici e in tanti altri spettacoli. Hai avuto il grande dono di far sorridere la gente, di trasmettere la tua voglia in improvvisare, di inventare sul palco le battute più sorprendenti.  Un proverbio dice che chi fa sorridere qualcuno, accende una stella. Siamo certi che nell’infinito Paradiso troverai una tela colorata ed un piccolo palco, dove potrai far sorridere anche i beati, nel grande cielo illuminato di stelle.
Don Chisciotte.- Perdonami, amico mio, di averti messo nella condizione di sembrar pazzo come me, facendoti cadere nell’errore in cui ero caduto io, che si possa cambiare il mondo.
Sancio.- Non muoia la signoria  vostra, perché la pazzia più grande che può fare un uomo è quella di lasciarsi morire di malinconia. Si alzi, andiamocene di qui, e riprendiamo il nostro viaggio.”

Nel Teatro Poetico Gavardo hanno recitato anche mia sorella Valentina, Marina Remi (ora è attrice di professione), Elisa Danieli (mia ex alunna di Mocasina), Enrica Bertini, Valentina Avanzi, e qualche volta il compianto Gaetano Mora. Di lui e del mitico Gruppo Teatrale Gavardese ho scritto alcuni mesi fa. Quando faceva una parte nel teatro Poetico, Tano esclamava sorridendo: “Grasie che te m’et fat recità con chei brai!”.  E allora mi cade addosso una nostalgia infinita anche pensando al primo Sancio, interpretato da Cesare Mazzocchi, incontrato nella Comunità di Bogliaco gestita da don Angelo Chiappa. Era un mimo irresistibile, con due lazzi coinvolgeva il pubblico, improvvisava smorfie e sapeva salire in pochi secondi sopra i pali della luce, meravigliando grandi e piccini. Ora fa le capriole nelle nuvole di un Dio sorridente. E insieme a lui ci sarà l’amico Piero Morari, una delle migliori persone che ho conosciuto, buono e cordiale, impegnato nel sociale e sempre positivo, che insegnava a Paitone ed aveva una macchina con i disegni dell’allegria. Ciao Piero, sono certo che san Pietro ti lascerà fumare con calma la tua pipa nell’azzurro del cielo!

“Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle
un giorno giuro che lo farò
e oltre l’azzurro della tenda nell'azzurro io volerò
quando la donna cannone d'oro e d'argento diventerà
senza passare per la stazione l'ultimo treno prenderà.
E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà,
dalle porte della notte il giorno si bloccherà,
un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà
e dalla bocca del cannone una canzone suonerà…
E con le mani amore, per le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò bella come dici tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa, non torneremo più…
E senza fame e senza sete e senza aria e senza rete voleremo via.”
(De Gregori, La donna cannone)

Dal 2001 ho fatto il regista de “L’Illustre Teatro di Vestone” con spettacoli che variavano da “La vedova in giallo” a “Cielo, mia moglie!” fino a “Per chi suona il campanone?”. Approfitto per abbracciare tutti (e mi scuso se dimentico qualcuno, ma la vecchiaia incalza…): Guido Assoni, Roberto Rizza, Antonella Pialorsi (la mitica Teresa), Stefania Zanetti, Enrica Bertini, Lucia Pappalardo, Maurizio Bettinzoli, Manuela Bonacina (che nostalgia per i suoi spiedi!), Paola Bettini, Ivan Soardi, Silva Pollini, Marta Modica, Gianluigi Bonassi, Luisa Togni, Giacomini Roberto, Marianna Folli (ora nel clan del comico televisivo Maurizio Crozza), Ilaria Gabrieli, Andrea Bertini, Michele Conti, Valeria Paterlini, Cristina Stefani, Lalla Filisina, Elisabetta Carè, Carla Vedovelli, Maria Melzani, Diego Gasparini, Beatrice Ebenestelli, Luciana Guerra, Donata Ghidinelli, Luciana De Carlo, Grazioli Federica, Gnecchi Francesca, Dolcetti Veronica, Dolcetti Irene, Antonella Cabitza, Federica Grazioli, Vedovelli Bruna, José Nemesio, Ieva Drungilaité, Zhao Yue, Mirko Corda, Alessandra Mora, Barbara Marino, Thomas Ghidetti, Eleonora Bacchetti, Roberta Mora, Elise Pasquier, Silvia Prandini, Kendy Zambelli, Diana Napoli, Francesca Gitti, Davide Lana, Augusto Locci, i ragazzi Fedro Soardi e Simone Vittici… con le musiche al pianoforte del simpatico Francesco Ferremi.  

“Ma che aspettate a batterci le mani
a metter le bandiere sul balcone?
Sono arrivati i re dei ciarlatani
i veri guitti sopra il carrozzone.
Venite tutti in piazza fra due ore
vi riempirete gli occhi di parole
la gola di sospiri per amore
e il cuor farà tremila capriole.
Napoleone Primo andava matto per 'sto dramma
ed ogni sera con la sua mamma ci veniva ad ascoltar.
Napoleon di Francia piange ancora e si dispera
da quel dì che verso sera ce ne andammo senza recitar.
E pure voi ragazze piangerete
se il dramma non vedrete fino in fine
dove se state attente imparerete
a far l'amore come le regine
e non temete se la notte è scura
abbiamo trenta lune di cartone
con dentro le lanterne col carburo
da far sembrar la luna un solleone.”  (Dario Fo)

Ma non sapete quante valenze possiede una serata di teatro? L’emozione, il panico, la memoria, il rapporto con gli altri attori, il travestimento, la modulazione della voce, il saper porsi in scena… e il tutto davanti ad un pubblico che non sempre è accogliente, e che ti può amare o disapprovare in poco tempo…Il teatro è un bellissimo gioco, ma a volte si può perdere (e qui è meglio dimenticare Cardiff…).
Quando mi chiedono consigli per chi vuol fare teatro, dico: non ho consigli! Conta mettersi in gioco, non affidarsi alle tecniche (quelle verranno dopo, se occorre), guardarsi in giro, annusare l’aria e raccogliere storie, espressioni, frasi… e raccontarle a qualcuno, senza paura di sbagliare…e se c’è poca gente a vederti non fa niente, una storia ha valore anche per un solo spettatore, e quello spettatore un giorno potevi essere tu.
Quest’estate scriverò 3 spettacoli: uno nuovo della Signora Maria, uno su Don Milani e uno con gli amici Deni e Luca (accompagnato sempre dalle sue donne, Sara e la piccola, bellissima Cloe).
E come mi dice sempre l’amico Alex Savoldi (con il quale ho fatto molti spettacoli per bambini): “John, anche quando sarai in pensione e ti ritirerai da eremita su qualche monte, farai teatro anche con le lumache!” Teatro Lumaca…può essere un’idea…

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo

maestro John Comini

Nelle foto:
1)    la locandina dello spettacolo di Prevalle
2)    Cesare Mazzocchi
3)    Piero Morari
4)    Il Teatro Poetico Gavardo (a sinistra Renato Meloni)




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