Villa Santa Lucia

Appare ancora come Eugenio Bertuetti la lasciò nel 1964, anno della sua scomparsa, villa S.Lucia.
L’amata dimora del letterato gavardese non ha mutato d’aspetto, a cambiare piuttosto è stato l’ambiente circostante.

Laddove un tempo si estendeva l’ampia area verde della proprietà, sorgono ora abitazioni e una strada.
Anni fa appariva isolata e immersa fra boschi e vigne, ora risulta circondata da case costruite successivamente.

Bertuetti, anche se impegnato lavorativamente alla redazione della “Gazzetta del Popolo” di Torino, amava tornare alla residenza di Sopraponte per riposare, immerso in quella quiete bucolica a cui era affezionato e di cui sentiva la mancanza.
Qui passò gli ultimi anni della sua vita in compagnia della moglie Julie, sposata nel 1954.

Sono gli anni della collaborazione con il Corriere della Sera, del premio “Saint Vincent” ottenuto e spartito con Dino Buzzati e Italo Calvino, della direzione del settimanale “Radiocorriere TV”.
Durante il periodo più fecondo della sua produzione soleva perdersi nel verde del suo eremo concedendosi momenti di riflessione utili per l’elaborazione delle sue commedie, mentre durante la pensione accoglieva amici e colleghi che giungevano alla villa per fargli visita da tutta la penisola.

Oggi la proprietà appartiene alla famiglia Minervini di Brescia.
La filosofia dei nuovi possidenti è racchiusa in un semplice aforisma: vivere la casa conservando il suo stato originario.
L’impronta ottocentesca della villa permane in ogni stanza, nella ringhiera del ballatoio esterno al primo piano, nel camino del salotto, nella scala in legno che dallo studiolo conduce alla libreria del piano superiore, nelle travi a vista del soffitto che percorrono il salone da pranzo.

Proprio dalla lunga finestra di questo ambiente si può ammirare il paese di Sopraponte, il ponte sul Chiese e la valletta creata dal canale Vrenda, la cui corrente fluviale un tempo alimentava il mulino della proprietà.
Ancora oggi permane su un muro, allora facente parte dell’abitazione, la scritta “mulino”, quasi a voler riportare alla memoria dei presenti un mestiere antico ormai in disuso.

Oltrepassato il portone di legno che dà accesso al portico, ci si immette tramite una scalinata al giardino interno della villa, dove si manifesta in tutto il suo splendore il cedro coetaneo di Eugenio Bertuetti.
Piantato dal padre alla nascita dell’unico figlio, anche se ridimensionato nel 2001, appare tuttora robusto e maestoso.
I massicci pilastri di pietra ai lati del cancello e il viale ghiaioso sono quelli di un tempo, così come le palme del giardino e l'androne.

C’è anche la rimessa in cui veniva allevato il baco da seta.
Questo locale, utilizzato ora come deposito, era originariamente adibito alla bachicoltura per via delle ampie finestre che garantivano luce e le aperture che consentivano l'aerazione.
Luoghi, cimeli e profumi protagonisti della vita di Eugenio Bertuetti che permangono tuttora, come se il tempo non fosse mai trascorso.