L’impegnativo compito di educare

«Occuparsi dei ragazzi e dei giovani, oggi, significa offrire loro strutture di qualità dove operano persone competenti e motivate».
Esordisce così don Gino Rigoldi all’inizio della sua relazione, che si è tenuta a Gavardo il 16 aprile scorso presso l’auditorium “Cecilia Zane” di Gavardo, ultimo appuntamento del percorso “Genitori in cammino” organizzati dall’A.Ge. e dal Comitato Genitori di Gavardo con la collaborazione della Direzione Scolastica dell’Istituto Comprensivo e il patrocinio dell’Amministrazione gavardese.
Ha presentato un’analisi cruda e realistica della nostra società con le sue debolezze e contraddizioni, le opportunità sprecate, le politiche sbagliate.
Poi ha offerto alcune riflessioni sui luoghi di frequentazione dei ragazzi.

La scuola – secondo il sacerdote – deve essere in grado di formare insegnanti capaci di relazione oltre che di insegnamento, capaci di far apprendere agli alunni come superare le difficoltà, capaci di creare un clima di cooperazione: la scuola deve essere “in primis” luogo dove si insegna la relazione ed il dialogo.

Nelle società sportive si deve privilegiare la competizione sana, non esasperata, la disciplina in vista della vittoria nel segno della lealtà e del rispetto degli avversari. Questo fa del campo di gioco “luogo di qualità”. Anche in questo ambiente la promozione di persone con caratteristiche e contenuti validi è d’obbligo.

I centri di aggregazione giovanile e gli oratori non possono essere gestiti solo dal prete, vanno sostenuti con investimenti e persone idonee in quanto luoghi di prevenzione e recupero.

Soffermandosi poi sulla famiglia e sul ruolo dell’adulto don Rigoldi afferma: «Gli adulti sono educatori quando sono in mutande», intendendo quando sono informali, nelle relazioni con i figli, alla prese con i vicini, impegnati nella vita quotidiana. Ciò significa che l’adulto deve avere ben chiara la propria identità: chi è e in che cosa crede veramente. L’educazione non si esaurisce insegnando le buone maniere, l’educazione comporta l’insegnamento di valori più profondi come imparare a stare con gli altri e a migliorare la qualità dei rapporti. Nella relazione con il prossimo è bandito sia il calcolo egoistico del tanto do e tanto ricevo, sia l’atteggiamento guardingo o diffidente. Va promosso l’ascolto, abilità oggigiorno in disuso: bisogna imparare a ascoltare con la mente oltre che con l’udito per capire la parte buona della persona, per infondere fiducia.

I giovani vivono in un mondo senza una chiara idea del domani, dove l’onestà soccombe alla furbizia. Bombardati da mode effimere e passeggere, sono confusi e depressi: utilizzano il sesso come bene di consumo, le sostanze con leggerezza, per sentirsi bene, alzare il tono dell’umore. Di fronte a questo dilagare di comportamenti giovanili poco consapevoli nulla possono le prediche o le sfuriate dei genitori, meglio offrire l’esempio e il modello positivi, il rapporto personale e il dialogo.

Operare nel proprio piccolo con serietà e cognizione di causa, solidarizzare nel bene con altre famiglie, con la costanza di chi crede nei piccoli passi e non si aspetta risultati eclatanti immediati, con la certezza, infine, di apportare il proprio contributo al bene collettivo. È questo l’augurio che don Rigoldi rivolge ai genitori prima di accomiatarsi.

Gli organizzatori, nel ringraziare i numerosi partecipanti che hanno frequentato la terza edizione di “Genitori in cammino”, hanno annunciato che a settembre riprenderanno gli incontri della nuova serie.

In foto don Gino Rigoldi

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