L’attesa di Santa Lucia

Fra le tante tradizioni valligiane del periodo invernale la festa di S. Lucia assume un significato del tutto speciale, per la capacità di stimolare la fantasia dei bambini ma anche di chi bambino non è più da un pezzo.
È la maniera per noi adulti di rievocare il periodo della nostra infanzia che ci aiuta a trasmettere le stesse emozioni ai nostri figli. I nonni, poi, ricordano i tempi in cui la Santa portava dolci caserecci, frutta e bambole di pezza.

Il 12 dicembre, giorno della vigilia, il tintinnio dei campanelli segnalava il passaggio della santa portatrice di doni. Era d’obbligo porre sul davanzale il piatto con la farina per l’asinello in modo che si fermasse il giusto tempo affinché la santa potesse scaricare tutti i regali. Vietatissimo e pericoloso guardare la santa: non era escluso si diventasse ciechi. Tutti a dormire presto, quindi, e poi tanti tanti sogni, nella speranza che i desideri si potessero esaudire.

Al mattino, il più delle volte, i doni si trovavano nei posti più disparati: sui davanzali, sulle scale o sui camini, oppure semplicemente sul cassettone dove spesso c’era la campana di vetro contenente l’immagine di Maria Bambina.
È un giorno idilliaco il 13 dicembre: festa per i bambini, ma anche di felicità per i genitori che vedono i propri figli contenti e molto occupati coi giocattoli appena ricevuti.

A Santa Lucia è dedicata una chiesa-santuario in via Terni a Sopraponte di Gavardo. La chiesa è veramente degna di una visita per gli ottimi affreschi e la calda accoglienza. Numerosi gli ex-voto per grazia ricevuta posti dai devoti della santa protettrice degli occhi. Tuttora il 13 dicembre si tengono le funzioni liturgiche; una volta c’era pure qualche bancarella per la vendite dei dolci.
Io come genitore mi auguro che questa tradizione continui con la genuinità e la semplicità di un tempo. Complici gli adulti, i piccoli sogni dei bambini si realizzano. Un momento di vera famiglia di cui ogni giorno abbiamo bisogno.

Nerino Mora     

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