15 Settembre 2009, 11.00
Gavardo
Personaggi

Eugenio, barbiere ambulante

Da ragazzo lo conoscevo bene il barbiere ambulante che era un amico per tutti. Eugenio Bresciani bussava sempre con discrezione. Di Nerino Mora.

E’ stata sufficiente una telefonata per accordare con lui un appuntamento e per sentirlo raccontare del bel tempo che fu. 
Il suo aspetto non è cambiato, identica la voce. Sembra che gli anni per lui non passino mai: a 77 anni è ancora giovane dentro, una figura aristocratica dal fisico asciutto.
Eugenio mi aspetta con la sua borsa di cuoio fra le mani, all’interno gli strumenti semplici: pennello, barattolo del sapone, il cuoio affila lame, gli inseparabili rasoi e le macchinette manuali taglia capelli, la pompetta del borotalco, la spazzola di setole.
I segni del tempo lambiscono gli oggetti, ma l’ottone è sempre lucido.
 
Si accomoda sulla sedia, mentre la borsa è sempre sul tavolo. Ne ha da raccontare questa borsa! Se potesse parlare: quanta strada in bicicletta su e giu per le frazioni nei dintorni di Gavardo, sempre inforcata al manubrio.
La voce decisa di Eugenio lascia trasparire un poco di malinconia: quelli si che erano bei tempi.
Negli occhi le immagini scorrono, poi la fronte si distende al pensiero rilassante delle estati nei cortili dei contadini: era sì lavorare, ma era anche un piacere farlo.
 
A cavalcioni della sedia un bavero di tessuto. Poi le domande di rito: corti? lunghi? barba?
Le forbici affondavano con forza, certe volte ci scappava anche il taglio di qualche filo di fieno, che era l’intruso.
In cortile si respirava l’aroma dell’erba, il profumo di mosto d’uva in bollore e quello del salame appeso in cantina che non mancava mai. Ad osservare quel personaggio sferruzzare c'erano, incuriositi, tutti gli animali del cortile. 
 
I discorsi si affaccendavano aggiornando sulle novità in paese: lo stato dell’uva a Rampeniga, il raccolto del grano a Bolina, dove la pianura fiancheggia la nuova superstrada, le notizie di fidanzamenti o di ragazze ancora libere.
Sia l’estate che inverno, tutto l’anno insomma, vedevano Eugenio e la sua borsa, la sua bicicletta azzurra, andare di casa in casa dai suoi clienti.
D’inverno col freddo era dura e il lavoro veniva più facile in cucina: c'erano più luce, l’acqua calda raccolta dalla vasca della stufa a legna, il caffè che non mancava mai.
“Ah quanto caffè ho bevuto, sia buono sia fatto con i fondi riciclati”.
 
Le feste di Pasqua e Natale portavano molto lavoro e tutti volevano il taglio perfetto per la messa.
C’erano poi i casi eccezionali, quando c’era il tocco della mano della futura nuora. Era il rito per chi aveva figli maschi e in quei casi c’era doppia attenzione, nessun particolare era da lasciare al caso: taglio moderno, basette, barba e contro barba, dovevano essere unici.
Per chi non lo sapesse al tempo la famiglia si recava alla casa della promessa per gli accordi familiari di eredità e festa di matrimonio.
La radio accesa accompagnava il lavoro, le notizie del  giornale innescavano argomenti di discussioni, sport o le solite critiche ai governanti che allora come ora non mancano mai.
 
Poi gli occhi di Eugenio si illuminano.
“Lavora e lavora mi sono comperato la macchina, la A112. Una favola. Viaggi più rapidi che con la bici, niente pioggia… Ma fu un grosso danno per me, perchè ad avere l’auto non ero il solo! Anche i clienti si automunivano e diminuivano i servizi a domicilio. Volevano provare l’altro. I più fedeli non lasciavano la strada vecchia per la nuova, a volte solo per il rispetto di tanti anni di servizio.
 
Intanto la signora Rosa ci ha preparato una bibita fresca, da sorseggiare con calma.
Alla fine arriva il colpo di cipria sul collo e la famosa frase “ecco fatto!”.
Dopo qualche istante la domanda: “Quanto ti devo?”.
Allora l’amico di casa ripiega il panno, ripone gli attrezzi in borsa, accenna un saluto e nel frattempo lancia uno guardo al lunario: il prossimo appuntamento sarà più lontano, se il taglio è di luna vecchia.
 
Grazie Eugenio è stato bello rincontrarti respirare assieme il tempo che fu, l’invito è rivederci ancora, senza troppo intervallo.
 
Nerino Mora

 



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