20 Novembre 2016, 10.10
Gavardo
Maestro John

Compagno di scuola

di John Comini

Pochi momenti restano impressi come quelli vissuti a scuola. È lì che per la prima volta si provano emozioni, passioni, delusioni e rancori che durano una settimana, ma così forti da restare indelebili nella memoria


Abbiamo tutti un sogno, una fotografia
una canzone prigioniera in un juke-box
che ci ha lasciato un segno, un po’ di nostalgia
in quell’estate al mare intorno ad un falò
e c’era una chitarra che non smetteva mai
era così la nostra isola di Wight.
Abbiamo tutti dentro una periferia
una ragazza, un plaid una domenica
noi che avevamo sempre voglia di andar via
noi che eravamo pazzi dell’America…
E tutto era più bello o ci sembrava a noi
ma come passa il tempo da vent’anni in poi…
Come passa il tempo, come si butta via
io che non sono un santo e ho sbagliato tanto in vita mia…
Ci credevamo eterni, ci credevamo eroi
ma il tempo se ne frega e passa su di noi…
Come passa il tempo sulla felicità
noi non abbiamo vinto ma viviamo e il sogno va più in là…
Come passa il tempo, va dove tutto va
va e ci sembra lento ieri era tanto tempo fa, tanto tempo fa…
(Maurizio Vandelli, Dik Dik, Camaleonti, Equipe 84)
 
Pochi momenti restano impressi come quelli vissuti a scuola. È lì che per la prima volta si provano emozioni, passioni, delusioni e rancori che durano una settimana, ma così forti da restare indelebili nella memoria.
Le gioie, le ansie, le amicizie che nascono tra i banchi di scuola non si dimenticheranno mai.

Ciò che accade tra la lavagna e i banchi
è un insieme di relazioni spesso destinate a cambiare una vita: gli imbarazzi e le risate, i piccoli drammi e i grandi amori, i misteri da risolvere e gli incubi paurosi.
Abbiamo vissuto per anni e anni nei medesimi banchi, senza mai conoscerci davvero.

Ma la memoria è come un ghiacciaio
, che conserva intatta i visi, il tono delle voci, i sentimenti più profondi.
Anche se quel tempo è passato, le persone, i fatti e gli eventi che lo hanno riempito di senso sono tutti ancora presenti nel cuore di ciascuno.
Nel giardino segreto della nostra memoria si conservano mille immagini: l’aula della scuola, la voce dei maestri, l’entrata in classe dei professori amati-odiati, la gabbia dorata dell'adolescenza, le copertine dei quaderni, i libri, la luce nei corridoi…

Il compagno di banco, poi, potrebbe essere stato il migliore amico, oppure colui che soffrite al solo pensarlo. I compagni di classe non te li puoi scegliere, sono come i parenti. 
 
A scuola, noi del 1952 (classe di ferro…più o meno arrugginito) avevamo dei tavoli di legno giganteschi, dove io e i miei compagni tenevamo una fiorente fabbrica di “pellicce”.
Il metodo era artigianale ma efficace: tagliavamo in tanti quadrati la carta assorbente, e col “pinì” inventavamo vari disegni con l’inchiostro, uno diverso dall’altro: altro che Dolce & Gabbana!

Ero un bambino tranquillo, come tanti, avevo dei bei voti, eravamo tutti maschi: ecco perché ero felice (non so se capite la sottile ironia…)!
Durante le lezioni non intervenivo mai, ricordo che l’unica volta che ho alzato la mano in cinque anni di scuola, per rispondere ad una domanda di geografia sulla Sicilia – e avevo indovinato! – il maestro mi ha gratificato con un “bravo Comini!” (gli alunni erano chiamati per cognome, mai per nome).

Ho frequentato la scuola media sempre a Gavardo (vedi fotografia) e ricordo che ero bravo a disegnare e con il professor Paci, insegnante di Educazione Artistica, avevo vinto anche un concorso.
C’era un professore di musica che chiamava sempre il mio amico Paolo Goffi (ora parroco a San Vito di Bedizzole) per pulire la lavagna, ma poi lo sgridava perché faceva polvere. Una volta, chissà perché, ho tolto la spina mentre il prof suonava l’harmonium elettrico, e sono stato messo alla porta. Ma i miei non mi hanno mai sgridato, mai.

Per mia mamma ho scritto la canzone “Il cuore di una madre”

Ha l’odore di un cucinino ingombro di pentole
ha il sapore del latte fresco e dell’uovo nel tegamino
ha il colore di mille letti da rifare tutti i mattini
ha il suono dell’acqua fresca per lavare tutti i bambini
Il cuore di una madre è grande come il mondo
è grande come il cielo racchiuso nei suoi occhi
il cuore di una madre ha mille stanze 
un milione di sorrisi che adesso sono per te.
Ha il nero della notte quando i bambini hanno paura
ha il fiochi rosa e azzurri che annunciano la vita
ha le mani per accarezzare e mani per sgridare
ma sempre per amore, solo per amore
 
Quando si è trattato di scegliere la scuola superiore, non avevo nessuna idea del mio futuro.
Memore di alcuni maestri di un tempo, così autorevoli e tutti d’un pezzo, non avrei mai pensato di fare, a mia volta, il maestro. I professori delle medie avevano dato per me l’indicazione per fare una scuola ad indirizzo artistico.

Mio zio
(e padrino) Vittorio di Salò, forse temendo che io entrassi in un ambiente troppo “aperto” (facevano anche ritratti di donne nude –sai che scandalo…), riteneva che quello dell’Istituto artistico fosse un mondo un po’ deviante. Così ha consigliato la mia famiglia di optare per le magistrali, e allora sono stato iscritto allo ‘Zammarchi’ di Brescia, l’istituto cattolico, vicino al ‘laico’ Gambara..  

Ricordo con affetto il professor Chizzolini che riponeva in  me grandi speranze.
Mi diceva sempre: “Giovanni, ho fiducia in te!” Era una persona davvero aperta al mondo, ma tra noi ragazzacci circolava l’aneddoto che il professore in bicicletta fosse stato travolto da un filobus, e lui si fosse rialzato ed avesse chiesto all’autista: “Si è fatto male, buon uomo?”

Erano i famosi anni del ‘68, fuori nelle strade e nelle piazze si alzavano barricate contro il potere, fuori si sentivano le urla dei rivoltosi, le sirene della polizia e le grida della folla, mentre nelle aule dell’Istituto cattolico ed apostolico si sentiva solo un religioso silenzio…

Cantava Venditti…
 
“Davanti alla scuola tanta gente, otto e venti, prima campana
"e spegni quella sigaretta" e migliaia di gambe e di occhiali di corsa sulle scale.
Le otto e mezza tutti in piedi, il presidente, la croce e il professore
che ti legge sempre la stessa storia sullo stesso libro, nello stesso modo,
con le stesse parole da quarant'anni di onesta professione.
Ma le domande non hanno mai avuto una risposta chiara.
E la Divina Commedia, sempre più commedia al punto che ancora oggi io non so
se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito.
Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene
perché, ditemi, chi non si è mai innamorato di quella del primo banco?...”
 
Io! Beh, a dire il vero, dopo 5 anni di scuola elementare e 3 anni di Medie “al maschile”, ho intravisto nei banchi davanti delle fanciulle…ma sembravano inarrivabili, anche se loro ti sorridevano ed erano molto gentili…
In linea con i poeti dell’Antologia io idealizzavo le donne...
I miei compagni di scuola li ricordo uno ad uno, perfettamente.
C’era un certo L., mi dava di quelle pacche sulla schiena...in fila, dietro il banco, in bagno: lo odiavo, nel senso buono del termine, poi è diventato direttore di banca...

C’era B., uno che adesso fa il commerciante, e già da ragazzo cercava di tirare sul prezzo: no profe, dai profe, ma questo non ce l’ha spiegato, dai profe, che mio padre mi picchia, inventava scuse incredibili per non essere interrogato: mi è morto il nonno, sono andato al funerale dello zio.. avrà fatto morire il nonno 6 o 7 volte, la sua bravura consisteva nel farlo morire a rotazione, in base ai professori.

C’era il mio amico Deni, con la barba, gli occhiali e l’atteggiamento da poeta maledetto, un mito per noi della plebe, gli bastava aprire un libro, scorrere l’argomento e sapeva già tutto. 
C’era P., capelli a spazzola e faccia scavata con l’accetta, come un tedesco di Germania, studiava tutto a memoria.
Nella zona in fondo c’erano T., il lamentatore continuo: quest’anno mi baccano, ca… questa volta mi baccano, e poi passava sempre...forse era un rito scaramantico.

C’era G., pieno di bigliettini con le frasi da studiare e scritte per tutto il corpo, sembrava un aborigeno.
In fondo alla classe c’era R., il banco per lui era una Ferrari, guidava continuamente, usando un quaderno come volante...era di famiglia ricca, non aveva problemi, una volta per vendetta ha fatto l’abbonamento di Playboy alla profe di Filosofia.

Quello dell’interrogazione era un momento terribile, anche perché non mi consumavo come Leopardi nello studio matto e disperatissimo o come l’Alfieri con la celebre frase “Volli, sempre volli, fortissimamente volli”…
Io passavo i miei pomeriggi all’oratorio, con il palloncino e sane risate…

Arrivava la profe, aveva le “canele tirade”, sembrava che ti leggesse nel pensiero se avevi studiato o no…Dio ti vede e la profe pure.
Le sue frasi erano: “Parlo arabo? Da voi non si cava un ragno dal buco! State qui a scaldare i banchi? Ma parlo coi muri parlo?”
E a mia mamma diceva: “E’ intelligente ma non si applica.” Già dal primo giorno di scuola esclamava: “Siamo indietro col programma.”
“Chi interroghiamo oggi? Vediamo vediamo...”

Il Registro era il libro sacro della vita e della morte, le mani con unghie laccate di rosso della profe sembravano la mannaia della morte: andava su e giù nell’elenco adesso era sulla Z, poi va su, sarà sulla T, adesso improvvisamente va su... Facciamo l’appello...a scuola ero il 6°…mi soffiavo il naso, pensavo: non sarà così maleducata da interrompermi nell’espletamento delle mie funzioni fisiologiche....  “Comini… Vieni, Comini, non aver paura.”
Mi alzavo dal banco con un’aria di insufficienza, mentre la classe tirava un sospiro di sollievo…solo L. mi facevano il segno dell’ombrello…Tiè! 

In geografia mi salvavano i cereali…. “L’Australia è un Paese molto importante, tant’è che si studia a scuola, giustamente.
E’ un territorio che ha una particolarità: è molto ricco di cereali. I cereali sono molto importanti per l’alimentazione dell’umanità” e via dicendo…
Come dice Mafalda nel fumetto “A scuola è sempre lo stesso: quando sai già tutte le risposte ti cambiano tutte le domande.”

Sul pullman al ritorno cantavo con i miei amici: “Tutti quanti amici siam ed insieme noi cantiam questo allegro ritornello che fa umpa unmpa umpapà! …Di Gioele amici siam ed insieme a lui cantiam viva viva gli indiscussi di Perugia Bis-Colussi.” 
Sapevo a memoria le canzoni del jukebox dell’oratorio…..quando ero triste, e capitava 24 ore su 24, bastava che mi mettessi ad ascoltare le musiche cantautoriali, e subito le lacrime scendevano. 

Non andavo alle festine.

Qualcuno prendeva un capannone di qualche parente, glielo puliva e ci piazzava sul soffitto i portauova di cartone per l’insonorizzazione, con luci psichedeliche e musica di sottofondo. Si narrava che con certe  musiche si arrivava a incontri ravvicinati del 3° tipo, roba da paradiso terrestre... “Je t’aime moi non plus” non so se mi spiego... 

Vedevo qualcuno che il sabato arrivava con  una 500 Abarth
viola con tettuccio nero con pomo per il cambio a forma di teschio, una coda di volpe portafortuna attaccata allo specchietto retrovisore, copri-volante in pelle, stop posteriore interno, casse dell’autoradio modello concerto dei Rolling Stones, coprisedili leopardati, ventilatore fissato nel cruscotto, adesivi attaccati sul lunotto posteriore del tipo “nucleare, no grazie”, antenna nera flessibile che dal cofano anteriore si agganciava a quello posteriore, tendina con Marilyn Monroe, tubo di scappamento doppio, con cane di pezza che faceva sì...sìììì, 2 cuscini ricamati sul sedile posteriore. 
Ma io e i miei amici non avevamo nemmeno la patente!

Eravamo soli e leggermente disperati... Al sabato sera, in pizzeria annegavamo il nostro esistenzialismo con pizza, triple cipolle e birra media.
Ci chiedevamo: “Le statistiche le diss che ghé 2 fomne per ogni om: endoe èle töte?” 

Poi a seguire cantavamo la nostra hit parade dell’allegria: Dio è morto, dormi sepolto in un campo di grano...Lunga e diritta correva la strada... Ad Auschwiz c’era la neve... Cielo grigio su foglie gialle giù...tutti morimmo a stento, ingoiando l’ultima voce, tirando calci al vento...Uno dalla finestra ha gridato: “L’è mia ura de piantala, drogacc!”

Un mio amico si mise ad intavolare un discorso dialettico: “Servo dei padroni!” E quello: “Che disel chesto ché? Varda che vegne zò e te desvide el servel!
E il mio amico, da vero sessantottino: “Fuori la CIA dall’Italia!”Che ghet contra la me zia Cia?”  
Siamo scappati e abbiamo aspettato l’alba sulle colline, come Pavese…Ad essere sincero io mi sono addormentato prima. Mio papà a casa mi ha accolto in mutande dicendo: “Me dise niet...me dise nient...
 
Con te amico non mi stanco mai di parlare
e se la voce sta zitta il mio cuore continua a dire
ma non è vero che in questo mondo di squali noi non siamo soli
ed è bello stare insieme io e te.
Con te amico io non mi stanco di camminare
e se ci fermiamo il mio cuore continua a viaggiare
verso uno spazio piccolo e in disparte, niente di fulminante
dove stare un po’ tranquilli io e te.
Vedi che passano gli anni cambia la vita degli amici di noi
alcuni sono partiti ma li rivedremo prima o poi
tutti ad un tavolino davanti a un buon vino ci si fa compagnia
ci ritroveremo per non andare più via.
Per te amico io non mi stanco mai di soffrire
che un tuo silenzio, un dubbio tuo mi fa morire
e cosa importa tristi o felici tanto siamo amici
c’è una vita da discutere con te.
Vedi che cambiano gli anni e siamo cambiati così anche noi
gira il mondo, il lavoro, vanno le donne ed un po’ anche i guai
vedrai noi saremo contenti come ai vecchi tempi e forse anche di più
e brinderemo alla nostra gioventù.
Quando saremo un po’ più grandi, un po’ più sereni 
pieni di cose da raccontare ai nipotini
in una casa grande come il mare, così a chiacchierare
sarà bello stare insieme io e te.”  (Toquinho)
 
Sandro Onofri aveva scritto una specie di elenco dei professori delle superiori:
Quelli che di questi tempi, con gli scrutini, non fanno che interrogare e interrogare.
Quelli che per quello che ci danno…
Quelli che ancora riunioni!
Quelli che io al massimo do 9, nessuno può raggiungere il 10
Quelli che la scuola sarebbe così bella se solo non ci fossero i ragazzi
Quelli che non siamo missionari
Quelli che nessuno lo capisce
Quelli che è bello stare in mezzo ai giovani
Quelli che ehi sbrighiamoci, a me alle 18 se ne va via la baby-sitter
Quelli che senta Preside, lei deve prendere provvedimenti con questa classe qui
Quelli che a me mi mancano solo due anni per la pensione
Quelli che a me me ne mancano tre, ma mi hanno fregato (per un giorno)
Quelli che io sono un professore serio, i miei voti vanno dal 2 al 5
Quelli che ma com’è, com’è che le colleghe so’ diventate tutte racchie?
Quelli che c’è qualcuno che mi dà un passaggio?
Quelli che ma in gita chi ci va quest’anno?
Quelli che abbiamo studiato tanto, e guarda come ci ritroviamo
Quelli che tanto puoi insegnargli quello che ti pare, questi quando escono da qui che ti credi che gli resta?
Quelli che l’hai vista la supplente di ginnastica quant’è bòna?
Quelli che ma quanto ci danno per la maturità?
Quelli che basta, basta fare gli psicologi, qui chi non fa non merita
Quelli che tanto lo so, vi lamentate e poi a fine anno li promuovete tutti
Quelli che io alla loro età non ero così
Quelli che invece no, questo ragazzo è proprio educato, buono, non disturba mai, sta zitto zitto: sette!
Quelli che è tutta fatica sprecata
Quelle che ma dove l’hai comprato ‘sto cappottino?
Quelle che se rinasco voglio fa la bidella.
Quelli che queste giovani generazioni, senza valori, senza più padri
Quelli che a noi ci dovrebbero dare l’indennità per i rischi che ci accolliamo
Quelli che ma tu non sei un po’ troppo largo di maniche?
Quelli che chi fa il verbale? Io l’ho già fatto la volta scorsa!
 
E’ facile sentirsi pieni di speranza in una bella giornata come oggi. Ma davanti a noi ci saranno anche giorni bui. Giorni in cui ci sentiremo soli, è allora che serve la speranza, non importa quanto in fondo sarà seppellita o quanto perduti vi sentirete dovete promettermi che mai rinuncerete alla speranza.
Mantenetela viva, dobbiamo essere più forti nelle nostre sofferenze: l’augurio che vi faccio è di diventare voi stessi speranza. La gente ha bisogno di questo e anche se falliamo non c’è modo migliore di vivere.
Guardando oggi intorno a noi tutte le persone qui che ci hanno aiutato a diventare ciò che siamo, so che apparentemente ci stiamo dicendo addio ma porteremo un pezzo di tutti in ogni cosa che faremo in futuro per ricordarci sempre chi siamo e cosa vogliamo davvero.

(The Amazin Spidermen 2)
 
Proprio in questi giorni i miei ex compagni delle magistrali mi hanno invitato a mangiare lo spiedo…
Sono stato costretto a declinare l’invito perché sono impegnato a scuola (quasi tutti loro sono in pensione…ah Fornero Fornero!).  
Ho scritto che mi spiace molto, non per loro, ma per lo spiedo! Eh eh eh!  Ricordo la bella battuta di uno di noi quando ci siamo visti la volta precedente: la prossima volta che ci vedremo saremo il doppio...perché avremo le badanti! 
 
“Io, la parabola che preferisco è la fine del mondo, perché non ho paura, in quanto che sarò già morto da un secolo. Dio separerà le capre dai pastori, una a destra e una a sinistra.
Al centro quelli che andranno in purgatorio, saranno più di mille miliardi! Più dei cinesi!
E Dio avrà tre porte: una grandissima, che è l'inferno; una media, che è il purgatorio; e una strettissima, che è il paradiso.
Poi Dio dirà: "Fate silenzio tutti quanti!". E poi li dividerà. A uno qua e a un altro là. Qualcuno vuole fare il furbone e vuole mettersi di qua, ma Dio lo vede e gli dice: "Uhè, addò vai?!".
Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà, Corzano si farà in mille pezzi, i buoni rideranno e i cattivi piangeranno.
Quelli del purgatorio un po' ridono e un po' piangono, i bambini del limbo diventeranno farfalle. Io... speriamo che me la cavo.”

(dal libro di Marcello D’Orta, insegnante di scuola elementare)
 
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.
 
 maestro John Comini
 


Commenti:
ID69686 - 20/11/2016 20:16:22 - (sissy) - ahahahah

La parte delle medie la riconosco benissimo! Anch'io ho avuto quel professore, un certo professor C. e la storia della polvere del cancellino succedeva anche a noi.... otto anni dopo di te!

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