21 Agosto 2009, 10.13
Gavardo
Con l'Avis

Arriva sorella pioggia

di John Comini

Ancora un giorno per Santiago. Tappa pesante causa forti dislivelli. La fatica mitigata, ma nemmeno tanto, da una pioggerella sottile

Giovedì 20 agosto 2009
 
“Pioggia e sole cambiano la faccia alle persone…Ho visto gente andare, perdersi e tornare…E con le stesse scarpe camminare per diverse strade o con diverse scarpe su una strada sola…” (De Gregori) 
Già, poggia e sole…  Per l’invidia dei gavardesi che sono a casa sotto la cappa dell’umidità, dopo 700 km sotto un sole caliente, siamo stati raggiunti da sorella pioggia…
Già stamattina, al risveglio nell’Hotel di Portelas da Valcarge, tra le stridenti frenate e il rombo di lunghissimi Tir, ci ha accolti un cielo plumbeo, che sembrava un campo di battaglia tra nuvole di ogni grandezza e di ogni specie, che -come cantava De André “Vanno, vengono, ogni tanto si fermano e quando si fermano sono nere  come il corvo… e si mettono lì tra noi e il cielo, per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.”
 
Ma poiché la voglia di pioggia rischiava di diventare un terribile temporale, i magnifici 10 ciclisti dell’Avis sono partiti a razzo, pungolati dall’aria frizzante e con le fedeli mantelline anti-diluvio.
Da subito si  è presentato un dislivello piuttosto impegnativo, considerato che è da una settimana che stanno pedalando: da 580 m s.l.m. si è arrivati ai 1.330 di Fonfria, vicino all’Alto de San Roque, per poi scendere in picchiata nello splendido e verdissimo paesaggio della Galizia.
A Tricastela i “furgonauti” scattano foto digitali ai piedi della statua del Pellegrino, rivolta verso la città dell’Apostolo Giacomo, poi –su consiglio di Sergio, avido lettore di guide turistiche- visitano il celebre monastero benedettino di Samos (sembra un nome greco), risalente al VI secolo.
 
Con 3 euro si è accompagnati da una guida che spiega in spagnolo (ma ormai riusciamo a “masticarlo”meglio) le bellezze dell’opera, bruciata da un incendio nel 1951 e ora frequentata da 15 frati e da 3 novizi.
Alcuni restauratori erano all’opera tra le volte e le colonne, fischiettando sereni, e Simo ha confessato l’antico desiderio di fare quel bellissimo lavoro (fischietta assai bene, del resto).
Domenica è stata colpita dalla maestosità dell’architettura e dai volti severi dei frati in alcune vecchie fotografie… I chiostri erano davvero grandissimi, le mura altissime e spesse un metro, l’ambiente era suggestivo ma conferiva uno strano senso di suggestione.
 
Carla ha acquistato alcune conchiglie, simbolo del Cammino: ormai le strade sono sempre più disseminate da questa bellissima immagine, che si può ammirare sui marciapiedi e nelle inferriate.
Pare proprio che tutta la gente viva sul passaggio dei pellegrini, che in effetti sono sempre più numerosi. Nonostante la “divisa” simile per tutti (scarponcini, magliette leggere, braghe corte, zaino con materassino arrotolato, cappello e bastone ), ognuno ha dei tratti affascinanti, ognuno con i propri amori da conservare o incominciare, ognuno con le proprie speranze, la propria fede, ognuno con il proprio filo del destino, da intrecciare con il filo di altre persone.
E ora cominciamo a conoscerli, qualcun l’abbiamo incrociato ieri sera, bevendo una birra mescolata alla gazzosa, qualcuno è stato salutato dai ciclisti mentre arrancava con i propri sandali impolverati…
 
“Quanta strada nei miei sandali/ quanta ne avrà fatta Bartali/ quel naso triste come una salita/ quegli occhi allegri da italiano in gita…”(Jannacci su parole di Paolo Conte)
Già, la fede… Ieri sera, dopo cena, ci chiedevamo quale fosse la molla che faceva percorrere centinaia e centinaia di chilometri a ciascun pellegrino, a ciascuno di noi. Qualcuno sosteneva fosse la fede in Dio, qualcuno diceva che magari qualcuno non credeva in nulla, o che forse era lì per cercare qualcosa…
Ciba, con sincerità, diceva che avrebbe voluto più tempo per apprezzare quello che stavamo vivendo, che forse stava perdendo un’occasione irripetibile. Forse avevano tutti ragione, chissà quale Dio ha nel cuore ogni pellegrino…
Ieri Sergio, sulla Cruz de Hierro, a 1.540 metri, aveva letto uno struggente foglio di un pellegrino italiano, che scriveva di tornare a casa con un spirito rinnovato, con la voglia di ricominciare con occhi e cuore nuovi…
 
Chi ha scritto che gli amori devono nascere come strade ancora da costruire e i passi di chi le deve percorrere sono appena immaginati? Chi ha scritto che il destino del mondo è fatto di amori da cominciare o da conservare nella semplicità?
A volte ci si sente soli perché quello che si ha dentro non lo si vede in nessuno: il Cammino, se possibile, può regalare nulla o il dono di non sentirsi soli…
“Nessuno è solo al mondo, nemmeno un passerotto…” cantava Carla sul furgone…
I “furgonati” sono giunti presso l’alloggio di legno in stile trentino a Palas de Rei, e son rimasti in trepida attesa dei ciclisti… Infine eccoli spuntare in lontananza, piuttosto provati da una tappa che si è rivelata forse la più dura, con continui saliscendi (più di 2.000 metri di dislivello), sullo sterrato e anche sull’asfalto insidioso per il bagnato.
Fortunatamente hanno incontrato una pioggerella continua ma mai ostica e sono stati risparmiati da Giove pluvio…
 
Hanno mangiato pizza e panini in un locale tipico di Sarria, a metà strada circa… In Spagna i prezzi sono davvero contenuti: se non fosse per la strana consuetudine di lasciare briciole e quant’altro sotto i tavolini, i locali spagnoli sarebbero davvero “el maximo”…
Lavate le mountain-bike, i nostri eroi si sono fatti una bella doccia (qualcuno non proprio caldissima). Ora tutti, coperti da maglioni per un freddo serale simil-Bagolino (a proposito, auguri alla dolce Franci, figlia del presidente!), siamo attesi al rancio delle ore 20. Forse ci sarà la paella, in ogni caso ci sarà una bella compagnia…
Domani, con il sole o con la pioggia, arriviamo a Santiago di Compostela, se Dio vuole…
 
“Ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano/ cosa importa se sono caduto se sono lontano / perché domani sarà un giorno lungo e senza parole / perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole / ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore. (Fabrizio De Andrè)

 



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