Sullo sgombero del «Zanzanù»

...tuttavia, pur non condividendo alcune proteste e battaglie cardine, le ho sempre osservate con curiosità, mai con diffidenza; la mia scarsa conoscenza non è mai scaduta nel pregiudizio, o ancor peggio sfociata nei sempre più collaudati luoghi comuni.

Questa piccola parentesi personale si collega alla notizia riguardante lo sgombero del Centro sociale “Zanzanù” di Desenzano, avvenuto all’alba di ieri da parte della polizia.

La legge parla chiaro: l’occupazione è prevista e punita dal codice penale, anche se questo locale di proprietà del comune risulta inutilizzato da qualche anno e lasciato in uno stato di degrado, in preda a vandali e abusivi. “In attesa di rilancio” dicono le fonti di palazzo.
Vero o no, le leggi si rispettano.

L’ex ristorante Spiaggia d’Oro era stato occupato il 21 dicembre e, dopo lavori di pulizia e piccole ristrutturazioni, è diventato uno “spazio sociale”, luogo di ritrovo per militanti aperto anche alla cittadinanza, grazie a un programma ricco d’iniziative per tutti i gusti.

In poco più di un mese allo “Zanzanù” si sono esibiti gruppi protagonisti della scena rap nazionale, concerti che hanno fatto il pieno, richiamando giovani anche da fuori provincia.

Inutile negare che attorno ai centri sociali gravitino anche teste calde, tuttavia gli imbrattatori di vetrine, i lanciatori di sampietrini, gli agitatori violenti sono in netta minoranza.

La maggioranza è composta da ragazzi comuni, liberi sognatori politicamente impegnati che hanno pensato di creare un piccolo spazio in cui proporre iniziative di vario genere: musicali, cinematografiche, oltre a convegni, dibattiti, giochi e attività post-scolastiche.

Una sfida con se stessi e con la comunità desenzanese, nel tentativo di offrire qualcosa di diverso, provando a riempire un vuoto politico e culturale da qualche anno a questa parte è sempre più protagonista nei nostri comuni.

Questi giovani propongono, non costringono.
“Le porte sono aperte a tutti” scrivono, auguriamoci che non resti solo un vano proposito.
Perché certamente c’è bisogno di dibattiti interni ma anche di confronti con l’esterno, soprattutto con chi la pensa diversamente.

La speranza è che si trovi una maniera diversa per raggiungere lo stesso scopo: creare nuovi spazi.
Di visioni differenti, di stimoli al pensiero, di dibattiti su argomenti attutali, di luoghi d’incontro e svago c’è sempre bisogno. D’altronde in democrazia la partecipazione, intesa come associazionismo civile e politico, è strumento di libertà e linfa vitale contro la tirannia della maggioranza e l’individualismo imperante.
A dirlo non fu certo un padre dell'anarco - insurrezionalismo ma un liberale come Alexis de Tocqueville.

Per questo lo sgombero non è l’ultima spiaggia per creare qualcosa di nuovo.