Francesco De Gregori

Ci accostiamo a questo disco con religiosa (o atea) riverenza, con capo chino e mani giunte. E’ il disco più bello e riuscito del principe della canzone italiana, Francesco De Gregori. Dopo di esso (siamo nel 2001) quasi più nulla di interessante. Ad impreziosire questo capolavoro c’è l’arrangiamento impeccabile di Franco Battiato nel pezzo “Il cuoco di Salò”, la mano del Maestro Piovani in “Natale di seconda mano” e “Canzone per l’estate” scritta con Fabrizio De Andrè. Il disco si apre con “L’aggettivo mitico” e si chiude con una perla che solo De Gregori poteva regalarci che è “Sempre e per sempre” - …E con le stesse scarpe camminare per diverse strade, o con diverse scarpe su una strada sola… - e mi fermo qua per non togliervi il gusto di ascoltare questa canzone, che tocca alcune corde dell’anima che solo grandi artisti riescono a fare vibrare.

Testi e musica delle canzoni si incastrano a meraviglia, cambiano tono e sfumatura. Fatto eccezione per il brano n. 4 (Spad VII) non perfettamente riuscito, degli altri è quasi impossibile stilare una classifica. Tutti hanno qualche cosa di importante da dire, e lo dicono con bellezza ed eleganza. Poi si sa, De Gregori è sempre stato un po’ ermetico, difficile da decifrare, e lui stesso non sempre ha voluto spiegare alcune sue frasi o canzoni, per la serie “chi vuole capire capisca” o più semplicemente “ognuno gli dà il significato che ritiene opportuno, non necessariamente il mio è quello buono”.

De Gregori non spicca per simpatia sul palco, spesso schivo e di poche (o quasi nessuna) parola. Tende a cambiare gli arrangiamenti delle canzoni perché dice «non mi piace che il pubblico canti come se fossimo ad un karaoke...». Per onor di cronaca nella tournée con Dalla l'ho trovato in ottima forma e di buon umore. Ma non guardiamo il personaggio e teniamo l'attenzione sulle canzoni, che sono poi ciò che conta. “Amore nel pomeriggio” è una successione di emozioni, di luci ed ombre che disegnano e suggeriscono immagini e sensazioni. Sono canzoni belle, complete, “pratiche” concedetemi il termine, che non si perdono nello stile fine a se stesso, ma lo stile diventa strumento del contenuto per esaltarlo al massimo della forza e dell'eleganza. Come un pasticcere che prepara una torta bella da vedere e gustosa da mangiare, che non stanca mai, e più la si mangia più sono i sapori che riusciamo a scorgerne. Se al primo boccone sentivamo solo il dolce, poi scorgiamo l'amaro e il piccante, ma dosati bene, che non si coprono, mai forzati, mai a caso. Quando l'ho ascoltato la prima volta non potevo immaginare che dieci anni dopo sarebbe rimasto uno tra i miei dischi preferiti.

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