30 Ottobre 2017, 06.12
RAcconti del Lunedì

Il calcio nel pallone

di Ezio Gamberini

Juventus – Spal, giocata la settimana scorsa, termina con il risultato di 4 a 1 per i campioni d’Italia. Intervistato a fine partita, l’allenatore della squadra ferrarese, Semplici, dichiara: “Però li abbiamo spaventati!”…


Allegri invece, trainer dei torinesi, piuttosto scocciato, afferma che:
“Siamo troppo altalenanti, così non si vincono gli scudetti”.

Atalanta - Verona finisce 3 a 0 per i bergamaschi.

L’allenatore del Verona Pecchia dichiara:
“Abbiamo avuto mille chance, che rabbia!”.

Quello dell’Atalanta, Gasparini, ribatte:
“Non è stata la nostra migliore serata”.

Boh!

Il massimo della schizofrenia si raggiunge in occasione di partite, specialmente in coppa Uefa, tra una squadra di primo livello, super attrezzata, e un’altra invece enormemente inferiore, con l’intera rosa che magari percepisce l’ingaggio di un solo top-player avversario; nelle interviste pre-partita gli allenatori dei “campioni” esprimono di solito questi fondamentali concetti:

“Gli avversari non sono da sottovalutare, le loro punte sono molto mobili, si scambiano continuamente i ruoli e possono far male, la partita non è da prendere sottogamba, perché loro sono estremamente pericolosi”.

Poi la partita finisce sei a zero per i favoriti, con quattro reti segnate nell’ultimo quarto d’ora, ma il mister nel dopopartita afferma che:
“Dovevamo chiuderla prima!”.

Insomma, sarebbe come se nell’antica Roma, Johannes Trapactonius, lanista della famosa squadra gladiatoria “Juvenis”, alla quale appartenevano i suoi combattenti Spartacus, Dibalus, Iguaino e Mandiuco, in occasione di un incontro al Colosseo in cui, anziché affrontare leoni ad altre bestie feroci, i suoi gladiatori si fossero ritrovati a “lottare” contro cinquanta galline, avesse rilasciato la seguente dichiarazione:

“Questi pennuti sono formidabili, col becco ti possono accecare, si muovono veramente in modo esemplare e sono imprevedibili.
I miei dovranno agire con molta astuzia per averne ragione, fare un gioco di squadra, restare concentrati e non rispondere alle provocazioni”.


Poi l’illustre personaggio era solito ricordare i bei tempi in cui si esibivano anche Tardellum, Pablitus Rubeo, Parvus Miles De Livius, e poi Baggius Codinum, Platinum Rex, Zidanum Duris Caput, De Petrus, Cannavarum e tanti altri, e alla fine concludeva con la sua celebre frase:
“Et… non dicere felinum si non habet in saccum!”.

Ci mancavano solo alcuni tifosi “irriducibili” laziali che hanno vestito Anna Frank con la maglietta della Roma.
Poveri noi!

Il presidente laziale, senza che gli fosse richiesto, ha deciso di portare una corona di fiori davanti a una sinagoga romana, salvo poi lasciarsi scappare, sicuro di non essere udito:
“…annamo a fa ‘sta sceneggiata!”.
Dopo un’ora la sua corona è stata rinvenuta sul greto del Tevere…

All’allenatore del Torino, intervistato dopo la sconfitta per tre a zero contro la Fiorentina, hanno chiesto un parere sulla triste vicenda Anna Frank.
“Chi è Anna Frank?” ha risposto.
Quando gli hanno detto che il suo è forse il diario più famoso del mondo, ha ribattuto:
“Non ho mai letto il diario di Anna Frank”.

Ma, nonostante il mal di pancia che provoca tutto ciò, questo sport lo amerò sempre.
Quando avevo un pallone tra i piedi, e ciò succedeva parecchie ore ogni giorno, ero il bambino, poi ragazzo, e in seguito adolescente più felice del mondo.
I miei idoli erano quelli appiccicati sulla sponda del mio lettino, sin da bambino: Furino e Causio, Haller e Anastasi, Castano e Spinosi, e poi Marchetti, Salvadore, Bercellino, Leoncini, Bettega… nomi che oggi dicono poco o nulla, e che per niente, credo, assomigliano alla maggior parte dei “campioni” di oggi.

Quasi quarant’anni fa, quando in Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno, in una serata di libera uscita durante il servizio militare, incontrai Pietro Anastasi che a fine carriera giocò in quella città, quasi svenni per l’emozione.

Ma non vorrei apparire troppo nostalgico, anche se fare raffronti col passato, è pericoloso.
Alcuni affermano che il grande Real Madrid, che negli anni ‘50/60 vinse cinque Coppe dei Campioni a fila, sarebbe imbattibile anche oggi.
Non sono d’accordo, e sono certo, non senza qualche punta di rammarico, che se si giocasse una partita fra il Real Madrid di allora con Di Stefano, Puskas e Gento, Del Sol, Marquitos e Santamaria contro il Real Madrid di oggi con Cristiano Ronaldo, Bale e Benzema, Ramos, Marcelo e Modric, credo cha già alla fine del primo tempo il risultato sarebbe di otto a zero per questi ultimi, grazie a una tecnica associata a una forza e forma fisica, ma soprattutto a una velocità di esecuzione, che nel corso degli anni, soprattutto gli ultimi otto-dieci, si sono sviluppate e accresciute in misura esponenziale…

A metà degli anni ’70 restai folgorato dal gioco scintillante degli olandesi capitanati da Johan Cruijff; in quel periodo, le maglie che indossavamo al CSI, con il quale vincemmo il campionato provinciale e in seguito anche quello regionale, erano dello stesso colore arancione, e a noi pareva di essere la nazionale olandese!
Un paio di anni più tardi, con la maglia verde della mitica Falck, provai l’emozione più grande della mia carriera di calciatore: giocai una finale allo stadio Rigamonti di Brescia, su un terreno di gioco liscio come un tavolo di biliardo, foderato di morbido muschio.

E’ però necessario distinguere nettamente tra il calcio giocato e quello parlato, con tutto ciò che gli gira attorno.
So di essere un po’ troppo pretenzioso, ma non sarebbe possibile, non so come, dare più spazio al gioco e meno alle assurde chiacchiere di allenatori, giocatori, procuratori, presidenti, commentatori, arruffoni, veline e saltimbanchi vari?

Quando ho voglia di divertirmi e di “lustrarmi” gli occhi, vado su Youtube e digito: “Messi gol”, “Ronaldihno gol”, “Neymar gol”, oppure, “Gol più belli”; azzero audio e musica e mi gusto unicamente il gesto sportivo, lo spettacolo dell’atleta che parte dalla sua metà campo e salta come birilli gli avversari per depositare la palla in rete, la rovesciata al volo che finisce alle spalle del portiere, il dribbling insistito che si conclude con il gol, la bordata che da trenta metri s’infila all’incrocio dei pali, la punizione calciata a effetto, ripresa da ogni angolazione, con la sfera che si sposta di un paio di metri per aggirare la barriera e improvvisamente cambia traiettoria per gonfiare la rete dopo aver sfiorato il palo, lasciando allibito il portiere. Che spettacolo!

Per concludere, e tornare a casa nostra, come non provare simpatia quest’anno per il Napoli e augurargli di vincere il campionato?
E l’Inter di questo torneo, che sembra tornato ai fasti del “triplete”, e la Roma che da parecchio occupa i piani altissimi della classifica?
E la Lazio, la Sampdoria, la conferma dell’Atalanta?
Insomma, con la massima sobrietà, per lo scudetto mi auguro che alla fine vinca il migliore.

Cioè la Juve.

Ezio Gamberini




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