31 Ottobre 2016, 07.32
Racconti del lunedì

Fà mia el Mulino Bianco, va là!

di Ezio Gamberini

Venerdì mattina, non sono ancora scoccate le sette, esco dal bagno e la raggiungo mentre sta bevendo succo di limone mescolato con acqua tiepida, che fa scorrere dal lavello in cucina sul quale è appoggiata...


... Non si accorge del mio arrivo; voglio fare lo splendido, da dietro le cingo le spalle e le do un bacione sulla guancia:
“Fà mia el Mulino Bianco, va là!”, mi risponde la gentile signora con la quale condivido da trentacinque anni (“scaduti” proprio a fine settembre scorso) gioie e dolori, figli, conto corrente, oltre a debiti e mutui in gran quantità…

Ecco come annientare i buoni propositi di un marito che vuole condividere con la propria consorte (mai sostantivo fu più azzeccato: cum sortis!) le meravigliose opportunità che si prospettano per i giorni a venire: cena dei “coscritti” il sabato e a seguire, nel giorno dei Santi, grande pranzo in famiglia con i figlioli, morosi e morose e relative famiglie, dopo aver trascorso la domenica a preparare i tortelli di zucca.

Tirare la sfoglia per qualche ora in cucina
e assistere alla magia di Grazia che la riempie, mi rilassa enormemente, oltre a farmi tornare bambino, quando i ravioli li faceva la mia mamma ed io, sedutole accanto (finalmente immobile per qualche istante, invece degli usuali danni che provocavo in cortile nel rompere vasi di fiori dei vicini, col fido pallone), “piluccavo” sempre un po’ di ripieno, con lei che fingeva di non accorgersene. Che felicità!

Vabbè, ha ragione Grazia
: non è francamente possibile essere costantemente allegri come i membri della famiglia rappresentata nelle celeberrime, stucchevoli e inverosimili pubblicità del Mulino Bianco, che di primo mattino, quando normalmente uno è incagnato come una biscia, (o inviperito come un cane, fate voi…), in un luminosissimo soggiorno di una splendida villa in mezzo al verde, davanti ad una tavola riccamente apparecchiata, si scambia sorrisi a più non posso.
E poi, tutti vestiti benissimo, belli come dei modelli; non uno che abbia i denti storti o un foruncolo sul naso, che so, una qualche cicatrice, con indosso una tuta da lavoro unta e macchiata… bah!

Quando Grazia, io e i nostri tre figli
dovevamo essere tutti e cinque a scuola e al lavoro entro le otto, dovevamo osservare rigidi turni per l’occupazione del bagno… lavarsi, vestirsi, fare colazione alla svelta e via! Però sono convinto che sia anche in quei momenti che si è rafforzata l’idea di “famiglia”, e sono anzi contento che i nostri figli li abbiano vissuti in quel modo.

Mi tornano alla mente le parole di don Antonio Mazzi, che a dei genitori increduli ripeteva:
“Abituate i vostri figli alle precarietà!”.
Accidenti se eravamo precari a quei tempi!

Ora che anche la terza figlia si è laureata (e i figli li abbiamo esauriti…), credo che se Grazia ed io tirassimo una riga qua, potremmo essere fieri di noi stessi (e se qualche amico mi facesse notare che “No ghè vantadur che se vanta de per lur”, risponderei che lodarsi nei figli non solo è lecito, ma assolutamente doveroso). 

Ma la strada è ancora lunga e tante prove saranno ancora da sostenere.
E poi, spero appassionatamente che possiamo diventare nonni: non vedo l’ora di andare in giro a combinare qualche guaio con i miei futuri nipotini!
 


Commenti:
ID69103 - 31/10/2016 09:33:46 - (Iva) - bellissimo

bellissimo questo racconto dal quale emerge la vita vera

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