25 Luglio 2016, 07.05
Racconti del lunedì

Biancaneve e i sette nonni

di Ezio Gamberini

Biancaneve un bel giorno si stufò del Principe Azzurro. Dopo aver sopportato anche troppo, decise di tornare dai suoi adorati sette nani, che nel frattempo però erano diventati sette nonni…


Non ne poteva proprio più!

Il Principe Azzurro, dopo i primi tempi in cui si comportò con Biancaneve da perfetto gentiluomo, con mille galanterie e gentilezze, si rivelò davvero un buzzurro: borioso e spocchioso, tronfio di se stesso, irascibile e insopportabile, specialmente quando suo padre dopo alcuni anni morì, propiziando così la sua ascesa al trono.

Bon ton, eleganza e buona educazione imporrebbero agli amanti di una raffinata scrittura di fermarsi qui.
Ma, per amore di verità, è invece doveroso affermare che il principe si comportò da vero stronzo, specialmente quando cominciò a fare lo scemo con le innumerevoli cortigiane che affollavano a tutte le ore il palazzo reale.
E tutto ciò durò per ben quindici anni, fino al giorno in cui l’infelice sposa lasciò il castello.

Biancaneve, dopo aver percorso un lungo tratto, s’incamminò sul sentiero che conduceva alla foresta, ove poté assistere alla prima grossa sorpresa: al limitare del bosco, seduti allo stesso tavolo nel piazzale di McDonald, il Lupo Cattivo e i Tre Porcellini stavano spazzolando quattro enormi Cheeseburger, montagne di patatine fritte e giganteschi bidoni di Coca Cola.

“Beh, che ci fate qui, tutti insieme?”, chiese stupefatta Biancaneve.

“Siamo in pausa pranzo, poi ricominciamo a scappare”, risposero in coro i Tre Porcellini, mentre il Lupo Cattivo continuava a masticare furiosamente.

Dal locale uscì Shrek, tirato a puntino (il mitico personaggio si era riciclato come manager di fast food, ed era il responsabile dell’esercizio), ma decisamente furibondo:

“Oh, ma che storia è questa? Che guazzabuglio, non facciamo confusione, per piacere, e non mescoliamo le fiabe!”.

Biancaneve rispose a tono, altrettanto sostenuta:

Caro il mio bel tomo, l’autore fa quel che gli pare e piace, e in questa storia ficca dentro ciò che gli aggrada, seguendo il ghiribizzo del momento: da Pelè alla rivoluzione industriale, dall’Australopitecus a Topo Gigio, dall’usucapione a Gegia, e se ne ha voglia, dalla megattera alla depilazione definitiva, dai sanculotti all’aurora boreale, da Parmenide ai film di Pierino-Alvaro Vitali… devo continuare?
Sai che, se avesse voluto, al tuo posto avrebbe potuto mettere Piero Angela, o il professor Antonino Zichichi o, che ne so, un Ubaldo Vallini qualsiasi?”,
e il verde personaggio, poveretto, ritornò al suo posto con la coda tra le gambe.

Cammina e cammina, dietro a un albero scorse un Gatto con gli Stivali, e questo ci può stare, ma ciò che la stupì fu quello che seguì a poca distanza; osservò nell’ordine: una Martora con Kimono, un’Oca col Cappello, un Maiale in Accappatoio e una Scimmia in Gilet.

A un certo punto vide anche un bambino che tracciava delle righe sulle rocce: lo riconobbe, era il piccolo Stefano, quello della “i” lunga cinquanta metri disegnata sulla strada davanti a casa. Le scuole erano appena finite, e gli chiese:

Ciao Stefano. Allora, tre mesi di vacanze, eh? Novanta giorni senza ritornare a scuola!”.

“Novantatrè!”, gli rispose il piccolo con orgogliosa compostezza.

Gesù, aveva contato i giorni sul calendario, uno a uno!

Finalmente Biancaneve giunse alla casa dei nani, che erano ormai diventati nonni.
Non decrepiti, ma sicuramente bisognosi di un aiuto che l’ormai matura ragazza, accolta con mille festeggiamenti, avrebbe offerto loro con generosità, consapevole che quel servizio l’avrebbe appagata in maniera ben più apprezzabile rispetto agli anni passati con quel pirla del Principe Azzurro.

Le piaceva immensamente ascoltare le storie dei nani, le loro avventure in miniera, l’emozione provata nel ritrovare diamanti strepitosi…
E poi una volta la settimana andava in discoteca e si divertiva un mondo, scatenandosi in balli sfrenati con Robin Hood, mentre in pista impazzavano Lady Marian con Peter Pan, Cappuccetto Rosso con l’extracomunitario Ali Babà, Pinocchio con Gretel (Hansen non c’era, perché era andato a cercar lavoro in Australia), Lancillotto con la Fata Turchina.

Raperonzolo, Pollicino e il Mago Merlino cercavano di accennare qualche passo di danza, ma erano proprio improponibili, mentre all’esterno del locale la Piccola Fiammiferaia vendeva accendini Bic a due soldi l’uno.
Una sera incontrò anche Genoveffa e Anastasia, le sorellastre di Cenerentola, la quale era scappata con Barbablù, che si era messo un po’ a posto, dopo essersi stancata pure lei dell’altro Principe Azzurro, e propose loro di condividere la casa con i nani, che era davvero enorme. Così si ritrovarono in tre ad accudire ai nani-nonni, e tutto filava liscio come l’olio.

C’era solo un piccolo inconveniente, e le signore compresero a loro spese perché Eolo portasse quel nome.
Bon ton ed eleganza nella scrittura, già evocate in precedenza, indurrebbero a narrare la spiacevole situazione con toni delicati, accennando furtivamente e con brevità a una leggera flatulenza che aveva colpito il nanetto-nonnetto; ma l’autore, che se ne fa un baffo di tutto ciò e scrive quel che gli pare, non può che rivelare la sacrosanta verità: Eolo scoreggiava tutte le notti come un caribù dopo aver mangiato un secchio di fagioli avariati…

Trascorsero gli anni, e nella foresta tutti continuarono a vivere felici e contenti.

Al Palazzo Reale, davanti a una luna piena che rischiarava tutto come se fosse giorno, il Principe Azzurro divenuto Re, ormai vecchio, se ne stava affacciato sulla torre più alta della reggia e rimirava i magnifici appezzamenti coltivati, le immense distese di alberi da frutto, le sterminate piantagioni di vigne ubertose, gli incantevoli ruscelli e le abbondanti sorgenti che bagnavano le meravigliose terre, sue proprietà fino al limite dell’orizzonte visibile; il cielo era trapunto di stelle, che sembravano vibrare nell’atmosfera assolutamente tersa, la sua pancia era piena per le prelibatezze gustate all’ennesima cena di gala, e poi si era divertito sino allo sfinimento con giochi e balli.
In una mano aveva un bicchiere di Chivas Regal e nell’altra una Marlboro; guardò la volta celeste e socchiudendo leggermente gli occhi, sospirò:

Che palle…”.



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