21 Novembre 2011, 07.00
I racconti del lunedì

Albània - Quarta e ultima puntata

di Ezio Gamberini

«Fa freddo. Ci svegliamo alle sei e ci affacciamo al balcone. Alcuni operai stanno già lavorando in un cantiere, la temperatura non supera i tre gradi».

Giovedì
 
Il più coperto indossa la felpa di una tuta! Il capomastro, un “baffo†dall’aria simpatica ci chiede: “Siete italiani?â€.
Alla risposta affermativa commenta stupito, con aria interrogativa: “E cosa fanno qui tre italiani senza donne?†utilizzando per la verità un linguaggio un po’ più colorito.
Quando gli spieghiamo lo scopo della nostra visita annuncia fiero e risoluto che il palazzo in costruzione sarà alto nove piani, due in più della casa della diocesi, lì di fronte.
Dopo la colazione ci apprestiamo finalmente a visitare la casa e la chiesa, appena costruite, che saranno la prossima residenza dei due sacerdoti bresciani, a Suç di Burrel, sulla strada che porta in Macedonia, raggiungibile in un paio d’ore. 
Pierenzo è al volante e Padre Cristoforo al suo fianco, al centro si collocano i due preti e Alessandro, mentre Ezio ed io ci sistemiamo sui due sedili posteriori del Galloper.
Quando imbocchiamo la valle che porta alla parrocchia di Don Gianfranco mi si apre il cuore poiché il paesaggio è decisamente più dolce, aperto, luminoso e verdeggiante rispetto ai dirupi scoscesi ed ai monti brulli e desolanti visitati ieri.
 
Raggiungiamo il laghetto di cui aveva parlato Don Marco svelando, tra il serio e il faceto, il desiderio nascosto di voler aprire una bella spiaggetta con barettino e servizio di pedalò; “Bisogna incrementare l’industria turistica!†aveva affermato, manifestando l’esemplare saggezza camuna.
Poco distante si trova la chiesa di S.Marco a Ulez, che visiteremo al ritorno. Padre Cristoforo ha nominato Don Marco parroco di questo tempio che nel periodo del regime fu adibita a sala cinematografica. Il panorama è gradevolissimo e mi sento euforico, l’atmosfera è distesa e Piere comincia a raccontare una barzelletta. Nene al mio fianco, invece, mi pare mogio mogio.
La barzelletta di Pierenzo si sta dilungando un po’ troppo ed allora decido, facendo violenza a me stesso, di “tirare†un po’ su di umore Ezio e faccio il doppio gioco, stipulando un temporaneo patto: “Hai due panini?†gli chiedo a bassa voce, senza farmi sentire dagli altri. “Non ne ho, perché?â€. “No, niente, volevo ‘pocciarli’ nella zuppa che Piere ci sta propinando con la sua barzelletta…..â€.
Nene deve soffocare le risate, mentre io penso a come rimediare a questo tradimento nei confronti di Pierenzo. Nei prossimi giorni di occasioni ce ne saranno in abbondanza…..
Attraversiamo Burrel, una città piena di gente e bancarelle di ogni tipo e poco dopo giungiamo a destinazione.
 
La casa e la chiesa sono disposte su un piccolo promontorio che domina l’ampia valle, cinta da monti di notevole bellezza e bagnata da un fiume con un grande alveo e vasti appezzamenti di terreno circostanti. Subito sotto c’è un grande distributore di carburanti, poi la scuola e molte abitazioni, piuttosto piccole. Ad attenderci troviamo i responsabili dell’impresa che ha costruito gli edifici: direttore dei lavori, capimastri ed operai, che mostrano fieri il risultato della loro opera.
La casa è disposta su due piani: al primo la cucina e le camere dei sacerdoti, a piano terra un grande salone ed alcune stanze, tra cui una cucina, che saranno utilizzate per le attività e gli ospiti che si recheranno a Suç.
La chiesa è proprio bella, con pietre a vista, affiancata da una piccola sacrestia. A fianco della casa si trova uno scavo aperto della dimensione di circa tre metri per tre. “Si tratta di una tomba anticaâ€, riferisce il geometra dell’impresa. Don Marco, flemmatico, sentenzia:
“Bisognerà far circolare la voce che si tratta della prima tomba di Gjergj Kastrioti, detto Skenderbeu, l’eroe albanese del quindicesimo secolo che bloccò l’avanzata dei turchi, e vedrete la gente come accorrerà a frotte!â€.
 
Prendiamo la strada del ritorno e sostiamo in un ristorante dove gli impresari ci offriranno il pranzo.
Ogni commensale si ritroverà davanti un piatto pieno a dismisura di carne tenera e gustosa: non ne ho mai mangiata a tal punto in un colpo solo!
Un buon Cabernet Sauvignon macedone accompagna i piatti e facilita la digestione, mentre il bicchierino finale di rakì suggella la bontà dell’asse italo-albanese.
Padre Cristoforo nel ritorno racconta alcuni aneddoti curiosi che si riferiscono a settanta, ottant’anni fa quando nel sud d’Italia, per la scarsità di preti, erano consacrati sacerdoti senza troppo cavillare sulla preparazione culturale o lo stato civile: bravi cristiani, insomma, e anche buoni padri di famiglia erano nominati ministri di Dio da vescovi preoccupati di fornire comunque una guida alle comunità.
Succedeva spesso che questi officianti redarguissero i fedeli, quasi tutti contadini, in questo modo: “Venite poco in chiesa…. Lo so che avete i campi e le bestie da “curareâ€, ma dovete sapere che la prima bestia di cui vi dovete occupare è il Signore!â€, oppure, smoccolando a bassa voce mentre giravano la chiave del tabernacolo senza riuscire ad aprirlo, perdevano il controllo ed esclamavano ad alta voce : “Ma che diavolo ci sta qua dentro?â€.
Dopo mezz’ora sostiamo a Ulez per visitare la chiesa di S. Marco che solo nei muri esterni rivela la natura di edificio sacro: all’interno tutto è distrutto, ma don Marco non si perde d’animo: “Qui l’altare, di là S.Antonio da Padova, tanto caro anche ai musulmani……†pronuncia con fare vescovile.
 
Forse qualcuno si chiederà come mai non ci si affanna maggiormente a procurare cibo e benessere a chi ne ha bisogno, anziché edificare templi e cattedrali.
Gli albanesi stessi chiedono ai preti cattolici di ricostruire le chiese e recintare i cimiteri, quale riscatto verso cinquant’anni di regime spietato in cui il semplice segno di croce era fonte di autentiche persecuzioni.
Ieri sera, mentre eravamo seduti in un bar a Rreshen, si è avvicinato un anziano del posto e riconosciuti i due sacerdoti ha espresso tutta la sua felicità per l’inaugurazione della cattedrale: “Siamo orgogliosi di avere una chiesa così bella, tutta nostra, grazie!†ha detto commosso.
Nei pressi di un grande ponte sul fiume Fan, che ha un alveo impressionante, ci aspetta Luigi, l’autista di Padre Cristoforo. Don Gianfranco ed Alessandro proseguiranno in direzione di Tirana per accogliere all’aeroporto don Gigi, monsignore rettore del seminario di Brescia, don Raffaele, direttore diocesano delle missioni, ed il sindaco di P., un  paesone della bassa bresciana, invitati per l’inaugurazione della cattedrale che sarà presieduta dal cardinal Crescenzio Sepe (futuro Arcivescovo di Napoli) insieme ad altri vescovi e concelebrata da numerosissimi sacerdoti.
 
Noialtri saliamo sul Pajero e proseguiamo verso casa.
Appena arrivati cominciamo a scaricare il furgone: valigie e scatoloni dovranno essere portati al settimo piano (ovviamente non esiste ascensore), dove per qualche giorno saranno ospitati i due missionari bresciani.
Nei dintorni circola un meraviglioso bimbo biondo, con due occhi vispi, che continua a sorridere. Avrà al massimo quattro anni. Si vede che vuole giocare, ci prende quasi in giro. La mamma, che sta facendo le pulizie nell’asilo attiguo al palazzo diocesano, controlla di sfuggita e sorride.
Lo assecondo, mi nascondo dietro il furgone e poi esco allo scoperto: “Bam!†gli sparo col dito. Lui risponde al fuoco ed ingaggia un duello che si conclude soltanto quando alzo le braccia. Gli indico Nene che sta tornando per un nuovo carico e bisbiglio: “Lui Ezio ‘bluto’, io Ezio ‘bèlo’ â€, ripetendoglielo più volte.
 
Quando Nene scende per la terza volta, con tutta la voce che ha in corpo il piccolino lo apostrofa: “Ezio bluto, Ezio bluto!†mentre Piere ed io ci pieghiamo in due dalle risate.
Nel frattempo sono giunti a Rreshen alcuni amici pugliesi di Padre Cristoforo che si occuperanno del rinfresco di sabato. I ragazzi del seminario aiutano a scaricare il furgone pieno di ogni ben di Dio. Domani, venerdì, sarà dedicato alla preparazione dei manicaretti, mentre noi saremo in viaggio per visitare Tirana e poi raggiungere il porto di Durazzo, dove la sera c’imbarcheremo per tornare in Italia, stavolta ad Ancona.
L’aereo ha avuto un ritardo di circa due ore, così i nostri tornano dalla capitale albanese verso le nove di sera. I nuovi arrivati ceneranno con padre Cristoforo mentre noi al ristorante mangeremo un altro piatto di carne colossale. Ci raggiunge anche Don Giovanni e nel raccontargli la “telefonata†tra Don Marco e Piere ed il mio inseguimento del Pajero sbagliato, ridiamo sguaiatamente per tutta la sera.
Rientriamo in albergo e questa volta, per dormire al caldo, sul mio letto aggiungo un’altra coperta, e fanno tre.
 
Venerdì
 
Il conto può essere pagato anche in euro: cinquanta in tutto! Per dormire abbiamo speso sei euro e venticinque a testa per notte, dodicimila delle vecchie lire.
Le valigie sono pronte e vengono caricate sul furgone. Si parte! Ci accompagneranno tutti a Durazzo, ma prima visiteremo Tirana e Kruje, dove Don Gianfranco deve consegnare un computer, portato dall’Italia, alle suore canossiane residenti nell’ex capitale albanese.
Lasciamo una Rreshen euforica e caotica, che si dà gli ultimi ritocchi per l’inaugurazione di domani. Salutiamo Padre Cristoforo ed i suoi preti e a Padre Lino, forza Lazio!
Sul furgone salgono Don Marco, Ezio, Piere ed Alessandro, con me al volante, mentre sul Galloper, condotto da Don Gianfranco, si accomodano Don Gigi, Don Raffaele ed il sindaco.
Sul nostro automezzo si tiene un’accesa riunione politico-economica sul futuro dell’Albania e si parla di speranze dei giovani e possibilità lavorative, di corruzione e fonti energetiche (quelle idriche in Albania sono davvero abbondantissime), di investimenti produttivi e crescita culturale. Alla fine decretiamo che Alessandro si candidi fra qualche anno a sindaco di Tirana per poi diventare presidente dell’Albania. “Tu sarai ministro dell’economia – dichiara Alessandro a Nene – e tu ministro dell’agricoltura†dice rivolto a Piere. “E io?†gli chiedo speranzoso. “Tu mi farai l’autistaâ€, diavolo di un tiranese….
 
Kruje, a lungo capitale dell’Albania, è proprio bella, incantevole gioiello medievale incastonato tra una corona di monti. Il magnifico castello che la sovrasta dalla collina vide i natali dell’unico e vero eroe nazionale albanese: Giorgio Castrota, detto Scanderbeg, che però suona molto meglio in albanese: Gjergj Kastrioti, detto Skenderbeu. Per decenni fu l’unico baluardo contro l’avanzata dei turchi, riuscendo nella straordinaria impresa, mai più ripetuta nei seguenti cinquecento anni, di riunire i principi albanesi in un fronte comune contro gli ottomani.
Girò l’Europa in lungo ed in largo intessendo rapporti politici, ma fu sempre al comando delle sue armate durante le innumerevoli battaglie. Fu ferito e rischiò più volte la vita, ma nel 1468 fu la malaria a causare la sua morte. Si chiuse un ciclo, e l’Albania fino al 1912 resterà sotto il dominio turco.
Prima di visitare lo splendido museo all’interno del castello, dove pagheremo in nove la somma di milleottocento lek, un euro e mezzo a testa, accompagnati da una guida che in italiano ci illustrerà perfettamente i reperti e la loro storia, ci rechiamo dalle suore che abitano un appartamento in centro. Siamo accolti da quattro canossiane, felici di vederci e soprattutto stupite di incontrare quattro preti in un sol colpo. Kruje conta circa sedicimila abitanti, ma le famiglie cattoliche sono una cinquantina. Il sacerdote celebra la messa ogni quindici giorni nella “cattedrale†di Kruje: una stanzetta dell’appartamento che le suore ci mostrano come il tesoro più bello. Quando giunsero in questa città, qualche anno fa, visitarono le famiglie portando in dono un piccolo crocifisso. Un anziano signore abitava ad un’ora di strada dalla città, in montagna, e quando si vide recapitare il piccolo crocifisso esclamò: “Bentornato Dio!†e si mise a piangere. 
Una suora giovanissima, da un mese soltanto in Albania, è alle prese con un vocabolario e confida la difficoltà nell’imparare la nuova lingua. Ezio vuol fare il bullo ed afferma: “Ma no, non mi pare difficile, io ho già imparato: Midrita!†sbagliando clamorosamente il nome della regione Mirdita e tra le nostre grasse risate passa vicino alla cartina geografica ed afferma: “Toh, l’hanno scritta in modo sbagliato: Mir-di-taâ€. Ripartiamo.
Bisognerebbe avere il cuore di un quintale per poterne lasciare un pezzettino ad ogni saluto. Credo che non dimenticherò mai queste persone che spendono la loro vita in Albania.
 
Don Giovanni ci ha consigliato di pranzare in un ristorante poco fuori Tirana. Il locale è nuovo ed elegante. Per il terzo giorno a fila mangio un piatto di carne gigantesco, preceduto da ottime bruschette come antipasto ed accompagnato da una birra enorme.
Proseguiamo verso Tirana tra bancarelle improvvisate e macellerie “volantiâ€, approntate ai bordi delle strade con pezzi di carne sanguinolente che penzolano da appendiabiti di fortuna. Parcheggiamo in centro e ci dirigiamo verso la cattedrale di forma circolare, nuovissima e splendente. All’interno stanno montando le telecamere per la trasmissione televisiva della messa che alle diciassette sarà presieduta dal cardinal Sepe, mentre domani mattina sarà a Rreshen.  Passeggiamo una mezz’oretta per la città tra larghi viali e bei palazzi. Nel mausoleo in cui fu ospitata la salma di Hoxha, in vetro a forma piramidale, oggi sono collocate alcune sedi televisive. Si fa tardi e siamo presi come da una sorta di frenesia. Durazzo dista soltanto una trentina di chilometri, ma è necessario trovarsi al porto con largo anticipo per espletare le pratiche burocratiche per l’imbarco. Filippo è già stato avvisato e ci vedremo verso le diciotto.
Quando arriviamo al parcheggio vediamo parecchia gente e numerosi automezzi in coda, pronti per salire a bordo del traghetto che ci condurrà ad Ancona. Consigliamo ai nostri amici di prendere la strada del ritorno, noi aspetteremo sul furgone l’arrivo del rappresentante della Caritas.
Soltanto quando sono ripartiti ci siamo accorti di aver salutato Don Gigi e Don Raffaele, Alessandro, Don Marco e Don Gianfranco: nessuno ha articolato una parola, solo un bacio ed un abbraccio, e nei dieci minuti che hanno seguito la loro partenza, Nene, Piere ed io, sul nostro mezzo, non abbiamo il coraggio di guardarci negli occhi. 
 
Cominciano ad avvicinarsi ragazzi, bambini e signore: praticamente l’automezzo è circondato da una miriade di persone che, notato il veicolo con targa italiana, vogliono venderci sigarette e chiedono soldi. Finalmente arriva Filippo e con un urlaccio allontana tutti. Espletiamo le pratiche doganali e alle diciotto e trenta ci imbarchiamo sulla motonave Palladio, in sostanza identica alla Sansovino. La partenza avviene alle venti precise e l’arrivo ad Ancona è previsto per le quattordici di domani pomeriggio. Al self-service mangiamo una buona pastasciutta e alle ventuno e trenta ci rechiamo nelle cabine. Parliamo dei giorni appena trascorsi, ma poco dopo mi accorgo che dialoghiamo solo in due: Ezio è già “partitoâ€. Non abbiamo neppure la forza di dargli una ‘pappina’ sulla zucca, andiamo sotto le coperte e ci addormentiamo mentre il mare è liscio come l’olio. Mi sveglio nel cuore della notte, verso le tre, e in un paio d’ore termino  il “Don Camilloâ€, poi mi riassopisco.
 
Sabato
 
Dopo colazione bighelloniamo sui ponti della nave ed in mattinata ci sediamo su una panchina gustando la vista del mare sotto i caldi raggi di un solettino invitante.
 
Poco dopo si cominciano a vedere le coste italiane. Liberiamo le cabine e ci portiamo sul ponte più alto, dal quale seguiremo le operazioni di sbarco. Ormeggiamo alle quattordici e trenta, ma lasceremo Ancona soltanto verso le sedici, dopo aver fatto un po’ di coda alla dogana.
 
Imbocchiamo l’autostrada per volare dai nostri cari. Alle venti ci fermiamo da Mario e gli consegniamo la bandiera albanese, con l’aquila a due teste, poi ci dirigiamo verso casa mia dove Grazia ci ha fatto una sorpresa, invitando Cristina, Sandra e tutti i figli per cenare insieme attorno ad una lunga tavolata. Che festa!
Telefoniamo a Don Gianfranco e lo informiamo del nostro arrivo. Ci parla velocemente dell’inaugurazione e riferisce i particolari di una giornata che resterà memorabile sia per i celebranti sia per la popolazione. Dopo la cerimonia, seguita da una folla strabocchevole che per la maggior parte non ha trovato posto nel tempio, intere famiglie si facevano fotografare davanti alla cattedrale, sentendosela come propria.
 
Ho scritto queste righe soprattutto per me stesso, oltre che per i miei amici. Era necessario impedire che solo la memoria, così labile e fuggevole, fosse depositaria dei ricordi accumulati in questa settimana preziosa ed indimenticabile, ed io non voglio scordare l’esperienza vissuta con Ezio e Pierenzo nell’accompagnare il nostro Don Gianfranco, la simpatia di Don Marco, le splendide suore di Fan e di Kruje, l’amicizia di Alessandro, gli occhi di quei meravigliosi bambini, la tenacia ed il coraggio dell’albanese Don Giovanni, che ha lasciato la comoda Italia per tornare a servire la sua Albania, viaggiando avanti e indietro su strade che fiaccano il corpo e forse lo spirito, padre Luigi e la sua giovialità, padre Lino e la sua Lazio ed infine l’abnegazione di Padre Cristoforo, al quale un giorno vorrò baciare l’anello episcopale.
 
E chi altri vorrà leggerle, queste righe, le consideri pure come un regalo, o un fiore: un bel fiore d’Albània.
 
 
Tratto dal volume “Tapascio Bombatus e altre storie†- Ed. Liberedizioni
 


Aggiungi commento:

Vedi anche
07/11/2011 07:24

Albània – Terza Puntata «Mercoledì - Alle sei la temperatura è di due gradi. Ci laviamo (per quanto ci si possa lavare con tanto freddo) e c’incamminiamo sulla via principale...»

15/12/2018 08:35

Pigiama «frozen» Sedici gradi in aula, diciassette gradi al massimo in corridoio, queste le temperature registrate nei giorni scorsi all’Istituto Perlasca di Idro. E gli studenti hanno scelto lo sciopero

10/12/2012 08:47

Una cosa che comincia per i - Quarta e ultima puntata Sono in attesa che vengano a prendermi per la terza coronarografia, passano le ore e verso le dieci capitano in reparto Grazia e Paolo, poi mia sorella Emma...

28/01/2013 07:00

Dieci giorni nella terra delle aquile - quattro Quarta puntata - sabato 15 agosto. Il matrimonio. Oggi è il grande giorno: alle 16 saranno celebrate le nozze di Alessandro ed Elsa!

22/08/2011 08:24

Tapascio Bombatus - Quarta puntata "Non rimandare a domani ciò che puoi fare dopodomani". E così la prima corsa al mare la faccio non domenica, ma lunedì mattina alle cinque: direzione Milano Marittima...




Altre da Racconti del Lunedì
16/11/2020

L'ultimo giorno

“Oggi è l’ultimo giornoâ€, mi dico un lunedì mattina, al momento del risveglio…

19/10/2020

Cinque chili di Morositas

Non è difficile farsi spedire a casa cinque chili di Morositas. E’ sufficiente scrivere un racconto su Vallesabbianews…

03/08/2020

Un vasetto in affitto

Usciamo dal lavoro e raggiungiamo il centro salodiano per acquistare l’ultimo romanzo di Camilleri: “Riccardinoâ€â€¦

06/07/2020

Una confessione imbarazzante

È dura dover confessare al proprio coniuge un’azione indegna, alla soglia dei sessant’anni: non mi era mai accaduto fino ad ora un evento così spregevole...

08/06/2020

Il tubetto del dentifricio

Non riesci mai a capire quando è finito il dentifricio, con questi tubetti di plastica che riprendono sempre la loro forma iniziale, anche se li spremi...
AUDIO

18/05/2020

Si riparte

Oggi comincia una nuova fase, in cui la maggior parte di aziende e negozi riprenderà la propria attività, rispettando le dovute prescrizioni...

04/05/2020

A modo mio

Non si tratta della famosa macchinetta del caffè, bensì della maniera in cui trascorro l’ultimo fine settimana, prima di riprendere il lavoro a tempo pieno, lunedì 4 maggio…
AUDIO

28/04/2020

Nei giardini che nessuno sa

Coronavirus, bufale o realtà? “Inutile salvare obesi e fumatori…â€, e ancora: “Gli ottantenni esclusi dalla terapia intensivaâ€...

20/04/2020

Una Pasqua sorprendente

E’ il giorno di Pasqua. Grazia ed io siamo a casa da soli. A mezzogiorno esatto, con una giornata meravigliosa, cielo azzurrissimo e sole splendente, apro tutte le porte e le finestre e “sparo†al massimo volume l’Hallelujah di Händel…

13/04/2020

Mamma

In occasione della scomparsa della loro mamma, dedico questo ricordo, pubblicato sette anni fa, al nostro direttore Ubaldo Vallini e alle sue sorelle Eliana e Nunzia. AUDIO