21 Settembre 2014, 08.34
Quaderni di Cinema

«Frances Ha» lladay e la dolcezza del riscatto

di Nicola 'nimi' Cargnoni

Piccolo film indipendente, «Frances Ha» è il ritratto di una ragazza che si avvia a essere donna, che sa ciò che vuole, ma non ce l’ha


La scelta di una fotografia in bianco e nero ci fa dedurre che il regista Baumbach voglia calare lo spettatore in uno spazio-tempo imprecisato: siamo a New York, e la storia è quella di Frances Halladay, una ragazza di 27 anni, che si avvia a diventare donna, e che fin dai primi fotogrammi ci mostra subito la sua indole gioiosa e non priva di un grande slancio di vitalità.

Frances è una ballerina, ma è soltanto assistente in una compagnia di danza; cambia spesso appartamento e anche l’amicizia con Sophie è soggetta a mutamenti piuttosto elastici.
Tutto ciò ci pone di fronte a un personaggio consapevole, ma immerso in una situazione di forte precarietà professionale, economica ed emotiva.

I continui spostamenti di Frances non sono soltanto spaziali, ma anche sociali; a un determinato luogo, corrisponde un determinato gruppo di persone; Frances ben si adatta a ognuno di questi contesti, pur restandone romanticamente estranea, facendo emergere la sua eccentricità, intrisa di dolcezza, che non può non renderla simpatica allo spettatore.

Il bianco e nero, sfondo di una dimensione romantica e senza tempo, accompagnato a un uso quasi frenetico dei dialoghi, non può non farci ricordare il «Clerks» di Kevin Smith, vero e proprio capolavoro del cinema a bassissimo costo.
E, in effetti, pur essendo lontani dalla (voluta) scurrilità dei «commessi», i punti in comune tra i due film sono tanti: non di meno, il carattere piuttosto decadente degli amici di cui Frances si attornia, che ci rimanda a una generazione di giovani sconclusionati, “artisti”, che vivono storie sentimentali prive di contenuto e prigionieri di una New York che permette a tutti di sognare, ma lascia che siano in pochi a realizzare quei sogni.

Il disordine e la goffaggine di Frances, però, sono in antitesi con l’ordine e la grazia con cui la protagonista balla: ciò non le basta e il film è anche la storia di un fallimento, infatti è un delicatissimo ritratto di una ragazza ostinata, enfatica, vitale, ma a cui mancano “i numeri” per realizzarsi.
L’attrice protagonista, Greta Gerwig, si comporta molto bene, mostrando alla macchina da presa tutta la disarmante ingenuità e quotidianità che caratterizza Frances, aiutando il regista a realizzare un bellissimo ritratto di una ragazza con cui è impossibile non entrare in empatia.

Frances Ha è il diminutivo del nome intero della ragazza (e questo lo si capisce in una bellissima scena del film di cui sarebbe un peccato svelare le dinamiche) e proprio questo ci dà l’idea di quel “senso di incompiutezza” che sta alla base del film, proprio come un sogno che si realizza a metà.
Frances compie il suo percorso “di formazione”, prendendo delicatamente per mano lo spettatore e portandolo fino a un finale poetico.

Nel complesso il film non è originale, nel senso che la storia in sé non aggiunge nulla di nuovo al panorama cinematografico di personaggi incompiuti, di antieroi e di percorsi accidentati; ma il regista e l’attrice protagonista (entrambi autori della sceneggiatura) sono riusciti a creare un personaggio così ben riuscito, pur nella sua romantica inettitudine, da meritare una promozione a pieni voti: ***½ .





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