21 Febbraio 2015, 06.58
Quaderni di Cinema

«Whiplash» e la consacrazione di Damien Chazelle

di Nicola 'nimi' Cargnoni

Il film che ha riscosso un enorme successo al Sundance Festival nel febbraio 2014 arriva finalmente nelle sale italiane. A mezza via tra il melodramma, il musical e il genere sportivo


Il sergente Hartman risorge da «Full metal jacket» per dirigere la jazz band di un prestigiosissimo conservatorio americano.
Già, perché lo splendido Jonathan Kimble Simmons, dopo svariate interpretazioni in altrettanti film e serie tv, incarna in maniera superba il ruolo del direttore d’orchestra Terence Fletcher che usa metodi implacabili, intimidatori, militareschi e umilianti per ottenere il meglio dai propri musicisti.

Andrew Neiman, interpretato dal giovane Miles Teller, è un batterista iscritto al primo anno di questa importante scuola. Viene notato da Mr. Fletcher che sorprendentemente lo ammette alla sua band, la più rinomata del conservatorio e che ha in repertorio un brano che si chiama, appunto, Whiplash (di Hank Levy, jazzista morto nel 2001).
Per Andrew è solo l’inizio di una discesa nei gironi infernali, fatti di sforzi sovrumani, continuo esercizio, calli e sangue alle mani, e una dose abbondante di umiliazioni e angherie da parte del maestro.

«Whiplash» non può essere incasellato in un solo genere.

La regia vivace, frenetica e perfettamente sincronizzata in fase di montaggio può far assomigliare questo film a un musical di matrice hollywoodiana, non fosse altro che l’opera del giovane Damien Chazelle (classe 1985) incarna molti aspetti che sono piuttosto inusuali nel cinema statunitense.
Anche «Whiplash», infatti, è nel solco di quei film indipendenti che stanno facendo la fortuna del cinema americano (cfr. la mia recensione su «Birdman») ed è già abbastanza sorprendente che l’Academy lo abbia preso in considerazione per un’eventuale statuetta.

Il musical si accompagna alla performance sportiva, con il “condimento†di una giusta dose di melodramma che aiuta a definire meglio le caratteristiche dei personaggi.
Basandosi su un plot narrativo piuttosto scontato (e prevedibile) il regista riesce comunque a inserire alcuni colpi a effetto non indifferenti.
Colpi di scena, cambiamenti d’umore, personaggi che si elevano, poi vengono scaraventati a terra e poi si rielevano di nuovo. La genialità di «Whiplash» sta proprio nel rendere imprevedibile una storia di cui intuiamo già la fine.

Ma la redenzione e il frutto dell’impegno sono soltanto un aspetto della vicenda che coinvolge Andrew e Fletcher.
Alla base c’è il conflitto personale che anima il direttore Fletcher: i suoi metodi, al limite dell’umanità e privi di qualsiasi empatia con il prossimo, sono tesi a far sì che i suoi ragazzi diano il massimo.
È stimato, ma è anche odiato. È alla continua ricerca del nuovo fenomeno del jazz e il regista Chazelle sceglie il registro che Kubrick usò per il sergente Hartman. D’altra parte c’è Andrew, che raggiunge un completo stato di cinismo e di privazione del sé per mettersi a disposizione dell’obbiettivo da raggiungere.

I dubbi del batterista e i sogni di bambino che svaniscono
fanno da controcanto alla durezza del maestro Fletcher, così simile alla natura di leopardiana memoria: duro, indifferente e interessato solo a una spietata “selezione naturaleâ€.
Il dualismo che sta alla base del confronto tra i due personaggi è degno dei migliori drammi sportivi statunitensi, dove la rivincita dell’anima sui limiti del corpo è il cardine della narrazione.

Non è un film sul jazz. È un film che utilizza il jazz assumendone i ritmi sincopati e le tempistiche.
Le tematiche alla base del film sono quelle che il cinema mette in scena da sempre, ma la regia, la fotografia e il montaggio viaggiano seguendo un ritmo spezzettato, imprevedibile, divertente.
Piace anche a chi (come il sottoscritto) non capisce nulla di jazz; non ci sono i rischi che possono comportare i film di genere, perché questo non è un film di genere.

È una ventata di aria fresca nell’umido scantinato del cinema americano
.
Una regia sorprendente che ha ricevuto premi al Sundance e ha strappato applausi a Cannes e a Torino. Le interpretazioni strepitose dei due protagonisti hanno dato vita a due dei personaggi più controversi degli ultimi anni, soprattutto il monumentale lavoro di Simmons che, interpretando Fletcher, si è consacrato in maniera definitiva come grande attore contemporaneo.

Il film si apre e si chiude con due assoli di batteria
, totalmente diversi tra loro: nel mezzo c’è un romanzo di formazione che vede protagonista Andrew.
Il dilemma, per lo spettatore, è proprio quello di capire quanto merito attribuire ai drammatici metodi di Fletcher. È l’eterno incontro/scontro tra male e bene, l’eterna questione di quanto occorra dell’uno per il raggiungimento dell’altro.

Valutazione: ****

Nicola ‘nimi’ Cargnoni

In uscita giovedì 19 febbraio (da segnalare): Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza.
Già nelle sale (da segnalare): Timbuktu, Whiplash, Birdman, Biagio, Educazione affettiva, Gemma Bovery, Turner, Difret, Piccoli così, Still Alice.

Per conoscere la programmazione della provincia:
1.    Andare su http://www.mymovies.it/cinema/brescia/
2.    Appare la lista dei film presenti in città e provincia
3.    Per ogni film è segnalato il paese o il cinema in cui lo si può trovare





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