29 Settembre 2014, 06.51
Quaderni di Cinema

«Lucy» e il cervello utilizzato al 100%. Per cosa?

di Nicola 'nimi' Cargnoni

Viaggio nell’insondabile nulla dei 90’ dell’ultimo film di Luc Besson


Il film termina con una frase che vuole avere un sapore epico: «Miliardi di anni fa ci è stata donata la vita. Ora sapete che cosa farne».
Per esempio, evitare di andare a vedere film del genere.

Chiariamoci: siamo tutti liberi di scegliere di vederlo, del resto il giudizio nasce dalla conoscenza.
Ma il buon Luc Besson, che comunque ci aveva abituati ad alcuni film degni di nota («Nikita», «Il quinto elemento», «Giovanna d’Arco» e «Cose nostre»), è ripiombato nell’anonimato che ha caratterizzato la maggior parte della sua carriera.

«Lucy» vuole essere tutto e niente; innanzitutto è un collage di citazioni e riferimenti, partendo dallo stesso «Nikita» di Besson, con una protagonista al femminile, fuggiasca, implacabile e invincibile.
L’idea di partenza (un cervello che sviluppa le proprie capacità grazie a una droga sintetica) è largamente rubata al meno pretenzioso «Limitless», mentre lo sviluppo pseudo-filosofico e fanta-scientifico (corredato di immagini documentarie che si alternano alla storia di Lucy) deve i suoi ringraziamenti a cinematografia di ben altro spessore, da «Odissea nello spazio» fino a «Matrix».
Il problema reale è che il citazionismo di Besson è talmente fine a sé stesso da scadere nel plagio, piuttosto che nell’omaggio cinematografico.

La trama elementare
, in sé, non sarebbe nemmeno la colpa principale, dato che su questo stilema si sono sviluppati veri e propri capolavori della cinematografia.
Il limite maggiore è che, forse, dopo tanto marketing lo spettatore si aspetta un kolossal d’azione, ma che sappia esprimere anche dei concetti che vadano al di là dell’adrenalina: invece «Lucy» non riesce a essere nulla.

Non riesce a essere un film d’azione, perché dopo 40 minuti molto lenti (e su cui si poteva “sforbiciare” un po’) l’azione inizia e si sviluppa nel modo più banale possibile.
Non riesce a essere un film che  abbia dei contenuti, perché molte delle tematiche messe in campo riguardano argomenti già noti o che hanno trovato maggior fortuna altrove.

Non riesce nemmeno ad avere quel sapore meta-filosofico che pretende di assumere nella parte finale: la protagonista, infatti, sviluppa il proprio cervello passo dopo passo, fino all’incontro con un gruppo di scienziati (capeggiati da un incolpevole Morgan Freeman) trasformando quello che potrebbe essere un finale discreto in una farsa che vanta pochi precedenti.
In compenso riesce a essere gratuitamente violento, di una violenza fine a sé stessa e nemmeno funzionale al suo sviluppo, di quella violenza che fa salire il nervoso tanto che è stupida, banale e fuori luogo.

L’unica nota di rilievo (ma nemmeno troppo) è la performance di Scarlett Johansson, che ce la mette davvero tutta nel suo ruolo di “bella e implacabile”, ma che viene tragicamente assorbita nel generale magma “livellatore e nichilista”.
Non si eleva nemmeno al rango di eroina: lo sviluppo delle capacità cerebrali la portano a perdere empatia («Blade runner» ennesimo film citato?), pur con alcune tremende incongruenze.
Il “macello” messo in campo per procurarsi la sostanza dopante porta a un finale che è davvero così terribile e grottesco che lo spettatore è legittimato a concedersi un «vabbè, e mo’?».

I più curiosi non desistano dall’andare al cinema, ma è doveroso lasciare da parte le recensioni che vogliono attribuire chissà quali meriti filosofo-pedagogici a questo film: questi tentativi equivalgono a voler usare un secchio per salvare un transatlantico che sta affondando.

La morale di fondo è che questo lavoro, fatto male, malissimo, vuole affrontare il tema della relatività temporale e dell’essenza umana rapportata ad essa.
Lo sviluppo cerebrale al 100% porta la protagonista a essere “tutto e niente”, ottimo ed efficace (oltre che drammatico) sunto di un film che pretende di essere tutto (o, se non altro, troppo), ma che non vale assolutamente niente.

Valutazione in stelle: *, quella della Johansson.

Nicola ‘nimi’ Cargnoni.



Commenti:
ID50011 - 29/09/2014 08:42:40 - (Dansker) - Complimenti

Recensione sagace ed esaustiva…..

ID50579 - 11/10/2014 00:04:26 - (raiden) -

solo perché tu non hai capito il film non vuol dire che sia uno schifo, se non sei informato in campo cosa critichi ? articolo inutile a mio avviso, e guardate il film ;)

ID50653 - 13/10/2014 01:12:26 - (nimi) - forse che sì

Sì, può darsi tu abbia ragione. Però le mie non sono verità dogmatiche. Sono recensioni e quindi soggette anche a critica. L'unica cosa che ti chiedo, però, è di argomentare. Perché negli ultimi anni vedo un dilagare incredibile di tentativi di appioppare significati meta-filosofici a quelli che sono film di puro intrattenimento. Mi vengono i brividi quando sento i "significati reconditi" dei personaggi dei cine-comics o di altri film simili. Forse perchè questi "cinefili" non hanno mai visto un film di Dreyer. Aspetto le tue argomentazioni! A presto :) Nicola

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