Il «Punto di vista» del nostro Vaglia, oggi, è di quelli che appassionano il web da quando ci si fa informazione. Cioè da sempre.
Permette anche degli sfoghi che la gente sopprime se dovesse essere nota. A mio parere questo tipo di blog è molto positivo, anche se a volte i commenti saltano in un altro tema, tuttavia debbo dire che mi fa piacere leggere tutti i punti di vista che i commenti fanno emergere, anche se anonimi.
Penso che la mia opinione sia già nota. Ad ogni modo, la ricordo. Io credo che firmarsi con il proprio nome sia un segno di responsabilità . Dato che in uno scenario come quello attuale in cui ognuno si sente in diritto di dire la sua (magari a sproposito), è giusto che uno si renda responsabile di ciò che ha scritto. E' vero. Ci sarebbero meno commenti. Ma la qualità aumenterebbe. Non siamo in un regime totalitario in cui il fare il proprio nome mette a rischio la nostra sicurezza. E, d'altra parte, trovo che il compito del redattore di una rivista sia quello di far sì che gli interventi si conformino a delle regole di buona educazione e di convivenza civile. In Facebook non ho esitato ad eliminare chi aveva passato il segno. Putroppo, la realtà virtuale ci rende tutto possibile e se uno volesse portarvi un po' di disciplina, subito si invocherebbe la censura.
D'altra parte anche nei forums Linux i propri messaggi vengono cancellati anche se solo out topic. Nei secoli scorsi l'anonimato ha giocato un ruolo diverso. Nel nostro, in cui la massa applaude alla cacciata della moralità , dell'etica, della saggezza, penso che sia più utile insistere sulla visibilità . E' da questi piccoli gesti di schiettezza quotidiana che possiamo cambiare i nostri rapporti. Il nostro Io non si confronta più così con una massa informe di informazioni, ma con un altro Io "vivente". Non credo sia necessario invocare Shannon per affermare che il nostro secolo è fatto di informazione.
Mi permetto una nota a margine. Esiste un imponente archivo di preprints matematici, l'arXiv. Mentre è libera la fruizione, non è libero il caricare i propri testi. Ci vuole una persona che garantisca la qualità del lavoro e, in ogni caso, il testo deve superare degli standards. Una volta ricevetti da un cinese la richiesta di postare un articolo. Ad essere sincero, non era la mia materia, ma per quanto potevo capire era scolastico. Lo invitati a modificare almeno la forma, a migliorare la bibliografia, a cambiare programma di scrittura. Lui fece queste cose, ma la bibliografia era completamente estranea all'argomento da lui trattato (citò pure dei miei lavoro!!!???). Alla fine decisi di aiutarlo, ma l'arXiv gli negò lo stesso lo spazio. Questo per dire che è importante la qualità e una selezione ci vuole. Chiedere di metterci la faccia è un modo per farlo.
Posso concordare in linea di massima con una o l'altra teoria, ma alla fine dei conti la diatriba mi sembra abbastanza improduttiva, per un motivo molto semplice: o chi si registra manda documento d'identità e codice fiscale alla redazione, cosa probabilmente illegittima, oppure non c'è verso. Io mi firmo Matteo e sarei dunque, secondo voi, uno di quelli che si firmano (almeno in parte, dato che manca il cognome). Ma chi vi garantisce che io mi chiamo Matteo? Magari mi chiamo Mario, oppure Emanuele, oppure Silvio, e voi tutti credete che mi chiami Matteo. E di cognome faccio Rossi, Vezzola o Berlusconi? Possiamo star qui mille anni a discettare sul valore filosofico dell'anonimato, ma temo proprio che in questo caso non se ne esca...
Natürlich. Nessuno può sapere se Mario Rossi sia in realtà quel Mario Rossi che tutti conosciamo. Non credo alle procedure di controllo. Deve essere un problema di coscienza (si leggano le mie note "Responsabilità " sul mio profilo di Facebook). Il fatto che si possa essere disonesti non deve impedire di ricercare l'onestà .
Amo la libertà e di conseguenza non amo le censure! Come ho detto più volte, anche gli scontri più duri con commenti acidi, caustici e fortemente ironici sono benvenuti. L'unico distinguo si può fare per chi abusa di "posizione dominante" perché, siamo sinceri è questa la condizione di cui godono gli anonimi. Dice bene Aldo, non c'è reciprocità , chi offende nascondendosi è come colui che lancia il sasso e poi ritira la mano. Vuole procurare danno a qualcuno, ma nello stesso tempo si smarca e scappa da ogni responsabilità . Certo in ogni epoca chi ha combattuto poteri dittatoriali lo ha fatto anche in clandestinità , ma rischiando sempre la vita. Questo è un blog fra uguali, non c'è dittatura, non c'è alcun impedimento ad esprimere le proprie opinioni, ognuno lo faccia consapevole delle proprie responsabilità verso se stesso e verso gli altri.
il sapere l'identità delle persone cambi di molto le cose, se siamo imbecilli non è che miglioriamo o peggioriamo con l'anonimato. Ma un post anonimo mi consente di concentrarmi di più sul commento, senza essere influenzato dalla vaga conoscenza personale. Mi permette anche di giocare a "costruirmi" la persona. Ho cercato stasera Davide su fb, è uguale sputato a quanto mi ero immaginato :-). Sbagliavo (o forse no) ad abbinare al prof. Vaglia Aldo il nick Valdo, Ricard53 potrebbe essere il fratello del fotografo, Dru un frullatore, Denis66 uno delle Pertiche, Granma... ecco, sarà un uomo o una donna? Sonia.c so chi è senza conoscerla, enzino.b un amico (ma lui non sa chi sono). In fondo ci conosciamo senza conoscerci, ci troviamo più o meno simpatici, se sorvoliamo su poche offese gratuite, potremmo pensare di essere amici. Tutto questo per dire: "Lasciatemi giocare... e sorridere". Ciaociao
non sono SORRISOOO
Condivido totalmente quanto tu scrivi per chi normalmente commenta. Interventi che si possono condividere o no, ma che danno sicuramente un contributo alla discussione. Quelli che mi infastidiscono sono i "Portoghesi" che non pagano il biglietto e soltano nel blog come sul tram. Generalmente insultano, difendono posizioni di parte , controparte, superparte ( ogni riferimento e' voluto). Non comunque il solo e nemmeno il peggiore. Evito l'elenco per carita' di patria. Con questi servirebbe il bigliettaio, o il buttafuori.
Caro Panta Rei, hai certamente ragione nel senso che esiste anche un'altra dimensione o chiave di lettura per l'anonimato. Ho citato spesso i forums Linux. Lì, francamente, non ha molta importanza dichiarare o no chi si è. E' vero, si invoca la sicurezza, ma si tratta di un atteggiamento ludico, goliardico. Infatti, ci si sforza di inventare il nickname più caratteristico o funny (nel vero senso della parola). Però ci sono casi e casi. C'è il momento del gioco e c'è il momento della serietà. Io ho insistito sulla serietà perché mi sembra che la nostra società sia priva di spessore. Del resto, ho notato che si ama il divertimento e anche la serietà, ma con moderazione. Il fatto che io facessi il girotondo con bambini piccoli viene considerato come un segno di deficienza. E d'altra parte, nessuno vuol sapere, a quali condizioni una sucessione di funzioni a valori complessi che non converge à la
Cauchy sul disco unitario, converge però sul bordo; e cosa significhi questo nell'ambito della risoluzione di PDEs. Nessuno vuol giocare, nel senso fantastico del termine, e nessuno vuole essere veramente serio. E' sufficiente quel po' di cultura che sia comprensibile e spacciabile a buon mercato. Non nego che l'anonimato possa aiutare a superare la paura del confronto; ma in certi casi, dobbiamo avere la responsabilità di uscire dal nostro nascondiglio. Oltre tutto, io pavento il pericolo di essere fagocitati dal virtuale. In internet esiste un progetto chiamato "Second Life" dove ci si costruisce la propria persona (si crea il proprio avatar), si può acquistare e vendere proprietà (con soldi veri, attenzione!). Io stesso, mi ero acquistato un po' di terreno in montagna e mi ero comprato alcune cose. Alcune persone, non sono però in grado di sfuggire alla finzione. Alcuni mariti sono gelosi perché la moglie di notte frequenta Second
Life. Ho conosciuto delle persone di cui non so assolutamente il nome reale. Ma non per ragioni di sicurezza. Queste persone volevano tenere distinti i due piani. Questo mi sembra schizofrenico. La realtà virtuale è parte di una realtà più grande. Per questo motivo non mi trovo d'accordo sul fatto che sul web si voglia sperimentare una libertà negata nella vita di tutti i giorni. Non dev'essere una fuga dal reale. Ritornando all'anonimato, ammetto che esista una componente ludica nel creare dei nicknames, ma questi non devono esimerci dallo uscire allo scoperto in questioni moralmente importanti. Ripeto: c'è spazio sia per il gioco (di cui, però, non bisogna divenire schiavi) che per la serietà. Dato che per ragioni strutturali è impossibile un controllo ben fatto dell'utilizzo della rete (e sarà peggio in futuro con i computer quantici), spetta al singolo utente un comportamento adeguato. Non è che
certe cose vanno evitate, per paura di finire in galera. Dobbiamo sentire nel nostro intimo i limiti delle nostre azioni. Inoltre, ripeto, non sono in pericolo di vita per aver manifestato apertamente un'opinione. Non dobbiamo chiedere controlli dal di fuori. Siamo noi a doverci assumere la responsabilità di noi stessi.
Per panta_rei, non era colpa di Hegel se il suo servitore non lo capiva e nemmeno di Talete se la sua serva lo prendeva per i fondelli, questo per il frullatore: io mi chiamo Vaglia Alessandro e vivo a Caffaro in via Maria Gabos 12 con due stupendi figli e una moglie disponibile e affettuosa, posso togliere la maschera durante il ballo per mostrare il mio viso a quelli che prima facevo ballare, ma adesso consentitemi di rimetterla e che il ballo continui.
dimentico che non mi si vede e si potrebbe travisare il tono della mia che è comunque sempre improntato alla speculazione e mai alla polemica. :-)
non è possibile altra azione per chi la compie nel ballo da attore di quella di far ballare gli altri..... anche questo insegna la filosofia a chi specula invece di lavorare sempre sul sesso degli angeli. C'era intenzione di intervenire su questo da parte di qualcuno ? goloso. :-) cosa è la serietà caro Davide, il momento in cui ho levato la maschera o quello subito dopo ?
La serietà e la responsabilità io non la misuro in relazione ma come valore assoluto, sia che porti sia che levi la maschera, per me non cambia, e credo che così valga per tutti tranne che per chi ha dei secondi fini.(vedi rapine ecc....)Non mi imbroglio solo perchè ne porto una, sarebbe ignobile, non nei vostri, ma nei miei confronti, nei confronti della mia persona. Quando sono in casa solo non sputo e non impreco solo perchè sono solo e allora ho licenza, solo o in compagnia il mio comportamento non cambia di un acca, questo significa forse maturare, certo significa autocoscienza.
Caro Dru, anzitutto, non era mia intenzione obbligare nessuno a levare la maschera. In secondo luogo, la serietà ha un,intersezione con la responsabilità e con il problema di metterci la faccia, ma non coincide con essi. Perel'man era serissimo quando rifiutò la Fields Medal. Ma questo non c'entra con il nostro discorso. In terzo luogo, la responsabilità è un problema di coscienza come ho scritto e non coincide neppure lei con il togliersi la maschera. Si può e si deve essere responsabili anche da soli.
non l'ho fatto perchè indotto da te l'ho fatto perchè mi andava di farlo per spiegare meglio il principio morale che dovrebbe governare l'uomo che prende coscienza di se. Non è una maschera quella che può salvarci da noi stessi e dalle nostre responsabilità e per me vale che sto parlando con persone comunque responsabili a prescindere dal vestito che indossano(la maschera appunto):Le parole che seguono il nostro pensiero sono il nostro vestito e non il nostro nome che vale per i documenti anagrafici. Se le parole sono sbagliate, e capita non per la singola parla (esempio Dio e merda hanno la stessa dignità) ma perchè il legarsi di una con l'altra fa a pugni, (esempio: Dio è merda) la persona che le pronuncia è quello che ha pronunciato.
"non per la singola parla" è in realtà "non per la singola parola"scusatemi ma io scrivo di getto e non mi rileggo mai, troppo breve è la strada che abbiamo ancora da percorrere per avere il tempo di rileggersi.
comunque quello che dici è giusto nel senso che è equilibrato, poichè non va nè nel senso del girotondo nè in quello della sucessione di funzioni a valori complessi, ma non è proprio lì che vorremmo di più sondare e ricercare il senso della nostra esistenza ?
Per il resto sai benissimo chi sono visto che ho firmato articoli e lettere su questo blog. A Davide e Alessandro dico che può essere fuorviante perdersi nel labirinto della mente, gli intrecci meditativi rischiano di ripiegarsi in un cerchio senza uscita, bloccando la spirale della consapevolezza. Il Grande Gioco è aperto non chiuso.
Io mi sono permesso solo un commento all'articolo del Vaglia, offrendo la mia interpretazione: ci sono casi in cui si può giocare, altri no. Tutto qui. Rispetto le opinioni diverse in merito. L'unica cosa: non ho capito bene cosa non dovremmo fare io e Alessandro. Che poi il cerchio sia senza uscita... Beh, questa è una cosa che spesso i topologi richiedono, aggiungendo al disco unitario anche il bordo (pun intended). Perché mai la meditazione dovrebbe bloccare la consapevolezza? Non capisco.
Tu e Alessandro fate quello che volete, non sono certo io a obbligarvi verso una qualche direzione. Intendevo dire che il votarsi alle elaborazioni dell'intelletto rischia di bloccare la personalità (intesa come essere terreno) sulla reminiscenze (o anamnesi), chiudendola appunto in un cerchio figurato senza uscita (so che sembra un'affermazione in controtendenza rispetto al pensiero socratico, ma lo è solo in parte). A mio avviso la strada della consapevolezza è come una spirale aperta verso il non conosciuto e pertanto non compreso nell'intelletto (e dall'intelletto). "Intrecci meditativi" era un gioco di parole riferito all'intelletto, appunto. La meditazione come sappiamo è un'altra cosa e non ha bisogno di elaborazioni, ma di attesa e concentrazione (lo svuotare la mente è una favoletta che molti raccontano, mentre la realtà corrisponde a una direzione del pensiero).
Caro RIccardo, chiamala come vuoi ma penso dunque sono e l'esercizio del pensare è faticoso e per poterlo fare bisogna essere allenati , per allenarsi bisogna impegnarsi in questo. Le puttanate che molte volte si leggono o si sentono derivano dal poco pensare e non dal contrario, le persone non sono allenate a pensare e questo fa di loro delle grandi masse umane con poco intelletto. La tua esortazione, hai ragione , e asocratica nel senso che inviteresti me e Davide a non pensare o a farlo in modo meno pernicioso, forse lo fai per gentilezza, come quel mio amico che a volte mi dice, riposati, non esagerare con gli allenamenti in bici; però se voglio pedalare in scioltezza vi è un unico sistema: pedalare, pedalare,pedalare.Poi, quando sono in gruppo vedo che a me, che ho allenamento, certe salite mi sembran piane. :-) la mia è sempre e deve essere intesa come speculazione e non polemica.....
... e se voglio proprio essere super competitivo nella stagione di allenamento debbo mettere molte salite che tradotto significa il pensare a cose più complesse come le funzioni appunto.
“O giovane, tu che, compagno di immortali guidatrici, con le cavalle che ti portano giungi alla nostra dimora, rallegrati, poiché non un’infausta sorte ti ha condotto a percorrere questo cammino – infatti esso è fuori dalla via battuta dagli uomini –,ma legge divina e giustizia. Bisogna che tu tutto apprenda:e il solido cuore della Verità ben rotondae le opinioni dei mortali, nelle quali non c’è una vera certezza....dal proemio di "sulla natura" di Parmenide da Sesto Empirico.
la divinità dice a Parmenide di essere felice, gli ordina di esserlo come se stesse dandogli una pacca sulla spalla, come se ancora lui il filosofo non sapesse di esserlo ma dovesse sentirselo dire da qualche forza superiore a lui esterna, in questo caso la dea: ovvio che questa esortazione è un grido al futuro dell'occidente che deve impegnarsi nella speculazione per la ricerca della verità/felicità proprio il contrario di quanto tu indichi nella tua con quel "Può essere fuorviante" riferito alla speculazione mia e del buon Davide.La conoscenza è felicità e la felicità è conoscenza e per essere raggiunta bisogna speculare, essere filosofi.Ma dice anche ...fuori dalla via battuta dagli uomini... e allora se devi esortare qualcuno, fallo con gli uomini che stanno fuori dalla via della speculazione... parole di Parmenide.
Non sono molto d'accordo con te Richard sul fatto che la speculazione porti ad un ripiego mnestico. Ovviamente, il pericolo di sganciarsi dal reale c'è (almeno a certi livelli). Di persone che corrono seriamente questo rischio pur di contribuire alla storia del pensiero ne vedo veramente poche nella nostra società che è tutta buttata all'esterno. Inoltre, la speculazione richiede anche dedizione, cultura, esercizio. Non ci si può improvvisare come molti pseudo-intellettuali mediatici. In questo sono perfettamente d'accordo con Alessandro. Anche se, devo ammettere che lui è riuscito in un buon compromesso tra ideale e reale, io invece mi sto sganciando dalla realtà. D'altronde ognuno ha la sua indole. La società ha bisogno di muratori che costruiscono concretamente le nostre case, ma ha anche bisogno di qualcosa di più profondo. Inoltre, essendo la realtà una costruzione culturale, per dominarla, bisogna dominare la
cultura che la produce. E' vero che posso stufare ad insistere sul valore del pensiero, della cultura, della comprensione, dell'etica. Ma è anche vero che oggi la gente non fa la fila per conoscere. Ho già sottolineato il degrado culturare a cui stiamo assistendo. I genitori sono contenti se la propria figlia riesce a fare la velina, così fa una barca di soldi, e non pensano alla sua identità, non pensano a lei come essere pensante dotato di una dignità.
L'intelletto elabora con logica umana, il pensiero viene dallo spirito (dall'Iperuranio, dall'akasha, dal campo quantistico, chiamalo come vuoi). L'intelletto è soffocato da questa logica e in quest'ottica la reminiscenza è bloccata in un circolo chiuso, vizioso, senza direzione. Il pensiero non è l'intelletto, lo sai bene, non esorto chi non ha cura di questo, perché ogni azione ha i suoi momenti e il viandante che conosce la meta non ha ragione di aspettare chi si attarda. Come la divinità sembra ordinare o suggerire a Parmenide un idea non manifesta, nello stesso modo ci arrivano segnali per quello che non abbiamo colto. Possiamo riflettere, elaborare, leggere e studiare i messaggi più profondi della filosofia, ma l'intuizione, quella che ci muove verso la consapevolezza, arriva quando meno ce l'aspettiamo, magari mentre ci si inerpica lungo una salita in bicicletta. Vero Dru?
mi sembra una buona sintesi da parte di entrambi, nel solco dell'autocoscienza.
Questa è un'altra faccenda. Secondo me c'è sinergia tra l'intelletto che divide e la ragione che unifica; non opposizione. L'intelletto viene prima. Riguardo a quella che tu chiami "intuizione", io preferisco chiamarla "insight" per evitare equivoci. E' vero che l'insight si può avere anche salendo un gradino del treno (Poincaré) e per definizione è "un'improvvisa istrutturazione del campo percettivo". Tuttavia, l'insight ha bisogno di materia da ristrutturare. Non solo, in un certo senso va disciplinato, in modo da vagliare ciò che in effetti è cruciale per la ristrutturazione e ciò che non serve. Questo presuppone, in ogni caso un lavoro sporco che bisogna fare. L'insight, se c'è, viene da solo poi. Nell'attesa, mi preparo. Che poi l'insight sia sinonimo di consapevolezza. Questa è una cosa che non riesco a capire. L'insight può intervenire nel processo conoscitivo e di auto-coscienza, ma
non è necessario che intervenga. Mi riallaccio al travaglio negativo di hegeliana memoria. Hegel accusò giustamente Schelling di essere arrivato troppo in fretta alle sue conclusioni, senza aver dimostrato la loro articolazione interna. Schelling cambiò continuamente espressione per denotare la facoltà di percepire il per-sé hegeliano; ad ogni modo, tutte le sue espressioni ruotano attorno a "intuizione intellettuale". Io ho usato "insight" proprio per riferirmi alla psicologia della Gestalt e non confondermi con le discussioni sull'intuizione nell'eredità post-kantiana. Per questo motivo, da hegeliano, ho cercato di aprire il ragionamento del Vaglia e vedere come era composto. Il mio è stato un lavoro di analisi che non ha negato valore né al gioco, né all'intuizione. Se può essere stato utile, questo mi basta.
Ne l'uno ne l'altra sono di per se consapevolezza. Potremmo anche dire che sono facoltà, l'una (l'intelletto) sempre a disposizione, l'altra (l'intuizione) catturata dal non manifesto in un modo che non conosciamo. La differenza fondamentale è che l'intelletto soggiace alle condizioni del nostro vissuto, l'intuizione è precipitazione della sapienza dal campo delle idee. Non nego assolutamente la funzione dell'intelletto di elaborare idee e anche della nostra necessità di arricchirlo con l'esperienza, invito semplicemente a guardare (parafrasando Hawking) verso l'orizzonte degli eventi e oltre. In che modo? Cercando di non restare agganciati alle esperienze altrui, ma usare quelle parti che sentiamo nostre per aprirci nuove prospettive. Ecco! L'apertura è quell'atteggiamento che ci può consentire di catturare l'intuizione.
Mi sembra che stiamo trattando argomenti decisivi, ma hanno bisogno di essere analizzati nel tempo , la storia ne ha fatto la vivisezione di questi concetti, e la speculazione è aperta a tutto sul senso del''intelletto e della ragione : pensiamo solo al significato che davano delle due parole gli antichi da Anassagora ad Aristotele che vengono ribaltate dal pensiero moderno con Kant ed Hegel, ribaltate le parole ma non i significati insiti tranne che per un impoverimento del potenziale delle stesse tipico del nostro tempo che abbandona gli assoluti per penetrare sempre più nell'ipotetico diveniente. Difficile definire l'intelleggibile, davvero difficile, altrimenti che intuizione sarebbe ?
Concordo con te, Dru e concordo anche con l'ultimo messaggio di Richard. Io, anzitutto, devo riconoscere la mia scarsa dimestichezza con la speculazione pura; inoltre, mi sembrava corretto rimanere nel solco indicato dal Vaglia. Problemi come questi hanno affaticato l'uomo fino dal settimo secolo avanti Cristo e mi sembra che non siano del tutto decisivi nel rispondere alla questione sollevata dal Vaglia. Infine, io preferisco fermarmi qui. So di essere verboso e un'eccessiva quantità di messaggi non favorisce la fruzione dell'argomento.
Concordo
Provinciale e provincialismo Coltivare il culto delle celebrità, pensare che tutto ciò che viene da fuori è bello, stigmatizzare come poveracci quelli che fanno cultura locale, è provincialismo
Un Valsabbino Doc Chi è il dott. Alberto Vaglia, scrittore, medico, prima a Brescia poi a Vicenza, che conclude la sua carriera professionale come Primario della Divisione di Malattie Infettive a Treviso Veneto?
Anonimato dei politici o politica anonima? Snobbano e spiano il giornale fingendo disinteresse, pronti a far intervenire, protetti dall’anonimato, servizievoli supporter se qualche cosa urta la loro suscettibilità.
Punti di vista, il libro Vestone. Esattamente un anno fa, il 20 gennaio 2015, ci lasciava Aldo Vaglia, collaboratore tra i più apprezzati del nostro giornale telematico
La politica tra rottamazione e restauro Non è una questione di destra o sinistra e nemmeno di antichità e modernità, un buon restauro è a volte migliore della sostituzione con prodotti di bassa qualità
La famiglia di Aldo Vaglia ringrazia tutte le persone che hanno voluto testimoniare il loro affetto e vicinanza con i loro interventi e commenti su Vallesabbianews
(2)Da alcuni anni Aldo Vaglia curava una sua seguitissima rubrica con la quale si era ritagliato uno spazio di opinionista. Ma il gusto per il confronto serrato delle diverse idee erano nel suo Dna
(9)Negli anni tra le due guerre un astronomo dilettante Bresciano, Giovanni Paneroni nato a Rudiano, percorreva la città e la provincia, con il suo carretto da gelataio, al grido: “la terra non gira o bestie!â€
(11)Può definirsi storico e il preludio di altri trattati sulle emissioni di gas serra quanto è accaduto a Pechino in questi giorni tra Obama e Xi Jinping
(3)Tre casi esemplari quelli che in nome della difesa dell’ambiente e del territorio hanno visto trionfare l’immobilismo e condannare la ricerca di fonti energetiche alternative e rinnovabili..
(55)Vanta titoli che non possiede, spaccia Master per Dottorati, è laureata in filosofia e non in fisica; è il duro attacco del giornale americano “New Yorker†alla passionaria indiana della lotta agli OGM. Dipinta come una ciarlatana non scientifica
(10)Su serie questioni di risparmi e di produzione di energie alternative, che non dovrebbero vedere fronti contrapposti, si innescano polemiche strumentali sull’uso disinvolto di due parole: biologico ed ecologico
(10)Entrambi i termini dovrebbero avere connotazioni negative, tanto da essere il più delle volte assimilati, ma Claudio Magris sul “Corriere della Sera†salva gli egoisti e condanna gli egocentrici
(20)Fare bene le cose senza pretendere l’ottimo e la perfezione è la morale di questo aforisma di Voltaire. Perché e’ impossibile vivere nel migliore dei mondi, si può solo “coltivare il nostro giardinoâ€
(9)«… Il 22 Giugno 1974, al settantottesimo minuto di una partita di calcio, sono diventato comunista…il risultato non contava, la questione di principio era battere quegli altri per dimostrare una volta per tutte chi fosse il più forte…»
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ID9206 - 02/05/2011 11:29:00 - (Dru) - ah questa filosofia.....
Io posso parlare per me, ho scelto l'anonimato per gioco, ma sempre nel solco del pensiero mi vien da riflettere anche su questo: la contraddizione insita nella privacy che cerca un pubblico non è più imbecille dell'essere che non è.