05 Settembre 2020, 06.45
Blog - Circolo Scrittori Instabili

Il Professor Moreau

di Rossana Mazza

Il Professor Moreau uscì dal laboratorio di chimica e si chiuse la porta alle spalle. Lo sguardo corse come una biglia lungo il corridoio, fino al piccolo gruppo di persone che si trovava all’altra estremità...


... “Strike!”, pensò contenendo un sorriso.

L’abito a righe fucsia e viola, leggermente bombato sul fondo ed il collo lungo e sinuoso, della Prof.ssa Dubois dava alla collega l’aspetto di una clava, mentre il trucco artistico degli occhi ben si sposava con la sua professione. Lei, gli era sempre piaciuta, la erre rotolava nei suoi discorsi dando loro un non-so-che di raffinata gentilezza che spesso virava in un tono canzonatorio e scherzoso.

Il Professore di italiano, alto e smilzo, indossava una giacca dalle maniche troppo corte mentre mani scarne sbucavano dai polsini della camicia, un tutt’uno con la borsa consunta come i libri che leggeva. Questi, assieme al Professore di matematica, un tipetto tutto baffi e occhiali, completavano il gruppo che stava confabulando sul portone:

“Hai sentito? Insiste con i suoi assurdi esperimenti. Non si capisce dove voglia arrivare, non dice niente a nessuno. La settimana scorsa sembra abbia ricoperto le mura del laboratorio con una sostanza strana e appiccicosa. Una persona così schiva e musona non l’ho mai conosciuta!”, esclamò facendo inarcare le sopracciglia fino ad uscire dalla montatura degli occhiali.

“Di sicuro non ama stare con la gente, non so come riesca a entrare in sintonia con la classe. Un vero orso, piatto e per niente poetico!”, disse il Professore di italiano agitando la borsa che teneva in mano.

“Orrrsù Signorrri! Diamogli fiducia. Dovremmo cercare di conoscerrrlo di più. Non sappiamo niente di lui… Ssssst! Eccolo che arrriva… buongiorrrno Professor Moreau!”

“Gruf… ehm… buongiorno a voi, esimi colleghi!”, farfugliò passando loro davanti in tutta fretta. Il sorriso trattenuto si palesò uscendo all’aria aperta e l’anima si fece leggera: “Non vedo l’ora di vedere i loro visi quando sapranno, ci sono quasi, oggi l’esperimento è andato bene. Ancora qualche prova e poi sono pronto”, pensò allungando il passo. Nonostante la sua corporatura importante, sembrava saltellare, mentre il torace si alzava e abbassava con possenti respiri; una bolla sospinta da un alito di fiato.

Per raggiungere l’Istituto, quella mattina, decise di prendere la strada che attraversava il parco cittadino. Amava il verde degli alberi e dei prati, per lui fonte di ispirazione. Il popolo del parco poi, variegato e ricco di profumi, gli ricordava la sua passione per…

“Ops scusi, ero distratto!”, esclamò urtando la persona che procedeva davanti a lui.

“Moreau! Che sorprrresa incontrrrarla qui… ”

“Professoressa Dubois! Un fiore tra i fiori… ”, disse quasi sussurrando.

Un sorriso compiaciuto si dipinse sul viso della donna:

“Chiamami Sara”, disse prendendolo sottobraccio.

Camminando chiacchierarono come mai avevano fatto, sorpresi di quante cose avessero in comune. Lui si dimostrò divertente, intuitivo e con uno spiccato senso creativo, mentre le risate di lei, rivoli d’acqua cristallina, arrivavano dirette alla sua anima. Quel percorso che li aveva trovati colleghi li restituì amici, fu così che arrivati all’entrata, lui prese coraggio e la invitò allo spettacolo che si sarebbe tenuto al teatro cittadino.

“Questo è il biglietto d’entrata: poltrona centrale n. 22, io ti raggiungerò un po’ più tardi, ma poi potremo finire la serata insieme, se ti va naturalmente.

In quel mentre arrivarono anche il Professore di matematica e di italiano:

“Buongiorno? O no?”, dissero rotolando lo sguardo da uno all’altra.

“Stavo giusto dando alla Professoressa Dubois i biglietti per uno spettacolo a teatro… ecco ne ho uno anche per voi. Buongiorno.”

Catturò lo sguardo di Sara, mille parole in un battito di ciglia, si girò e raggiunse la sua classe.

Quella sera i tre amici si sedettero sulle poltrone assegnate, vicino a Sara una poltrona libera. Le luci si abbassarono e un blu fiordaliso illuminò il palco davanti a loro. Le voci si spensero e l’attenzione fu immediatamente catturata. Alla musica il compito di creare l’atmosfera.

Al centro del palco, un uomo, dal viso dipinto di bianco e un improbabile copricapo nero, camminava poggiandosi a un bastone nerboruto, un teschio come impugnatura. L’andatura dinoccolata e una leggera gobba sulla schiena lo rendevano inquietante. L’enigmatico personaggio si fermò di fronte a un grande contenitore fumante. Con movimenti lenti del braccio iniziò a scrivere nell’aria misteriose formule magiche e quando il bastone tuonò sul pavimento immerse la mano nel contenitore per estrarla grondante di un liquido traslucido. Unì quindi pollice e indice, vi soffiò attraverso e una sfera comparve. Leggera poggiava sul palmo della sua mano, e lo sguardo del Mago la scrutava cercando di carpirne la storia. Un gesto repentino e la bolla volò al soffitto, portando con sé gli sguardi ammirati del pubblico. Sulle loro teste un trapezio ondeggiava sostenendo una ragazza filiforme, lunghe strisce di candido tulle come abito, sulla schiena due ali di brina dipinte. Volteggiava danzando come se ci fosse nata sopra quell’attrezzo. L’incarnato roseo, espressione di vita, si irradiava nel vento dondolante.

Il bastone vibrò due colpi sul legno polveroso e una nebbia lattiginosa salì fino a raggiungerla. Lento oscillava il trapezio, e la nuvola di tulle cadde nel vuoto!

Il pubblico sussultò trattenendo il respiro, il Mago fece roteare nell’aria il bastone e più forte fu il suo soffio. Un’enorme bolla, tonda e trasparente salì accogliendo l’Acrobata come un morbido giaciglio. Piano piano, la creatura fu inglobata, il viso sbiancò, la bolla divenne prigione. Ciondolava leggera mentre scendevano a incontrare il palco accompagnate da una musica struggente. Le piccole mani toccavano le pareti trovando resistenza. La magica bolla atterrò sul pavimento, la ragazza intrappolata, seduta con la testa tra le braccia, attendeva il suo destino.

Il Mago l’osservava curioso, il teschio reclamava quella vita senza più via di fuga, girò e rigirò intorno alla gabbia sferica poi – all’improvviso – vi posò sopra le labbra, un lieve bacio e… pufff! La sfera sparì riempiendo il teatro di mille piccole bolle umide, appiccicose e gioiose. Una storia a lieto fine: l’amore ancora una volta trionfava. Per un attimo il silenzio riempì lo spazio dell’intero teatro, poi un applauso liberatorio diede di nuovo vita agli Artisti sul palcoscenico e al pubblico incollato alle poltroncine.

L’Acrobata e il Mago si inchinarono, il cappello volò via mentre il corpo si ergeva a raccogliere il caloroso successo. Un sorriso radioso e carico di mille promesse raggiunse Sara e la sorpresa colorì le sue gote mentre sussurrava:

“Professor Moreau… ”

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.




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