Gesti dimenticati, luoghi perduti

Allora, il bucato grosso, quello cioè che comprendeva lenzuola, federe, tovaglie e asciugamani, lo si faceva una volta al mese.
Le donne di casa andavano al lavatoio, cercando di arrivare prima delle cinque del mattino, per accaparrarsi il posto migliore: ciò significava, generalmente, ai bordi superiori della vasca, vicino al rubinetto, per risciacquare velocemente.

Una volta lì, i panni venivano insaponati e strofinati con le mani o con qualche leggera spazzolata, in modo che non si rovinassero.
Poi, si risciacquavano e venivano portati a casa, per la lisciva: una volta bollita la cenere con l'acqua, si versava la soluzione nel mastello di legno, pieno di biancheria.

Dopo che i panni erano inzuppati, si svuotava il mastello dal foro in basso e si ribolliva l'acqua per ripetere l'operazione più volte. Infine, dopo una notte in ammollo, si risciacquava la biancheria e si riutilizzava l'acqua per i panni colorati.
La biancheria veniva così pulita, igienizzata e rinfrescata, facendole mantenere un colore bianco luminoso.

Oggi si ottiene lo stesso risultato premendo il bottone di una lavatrice, che tuttavia utilizza detergenti tossici e scarica molti fosfati.
Inoltre, chissà cosa ci si perde del lavatoio: lo scambio di notizie, di consigli domestici, di aggiornamenti, di canzoni. Sì, in molti casi, si cantava seguendo il ritmo dello strofinio.

Sarà proprio per questa antica energia che, tutt'oggi, i lavatoi conservano un'aurea del tutto magica, che sembra far parlare le pietre, far vibrare l'acqua di ricordi.
Rinfreschiamoci la memoria con questi meravigliosi scatti del lavatoio di Bione del 1400 restaurato di recente, effettuati da Pier Scuri.