300 ettari in fumo fra Lumezzane e Bione

Quando c’è da intervenire su incendio in montagna, specie se è di vaste proporzioni come questo, non si risolve mai con una battaglia. Sempre di guerra si tratta. Lo sanno bene gli esperti che si prodigano per salvare i boschi ed i beni dell’uomo dalla voracità delle fiamme.
Così il venerdì pomeriggio, con il supporto determinante dei mezzi aerei, i nostri sono riusciti ad evitare che le maledette si insinuassero fra le “seconde case”, quelle che numerose si affastellano sul fianco della Val di Fles e che vengono servite dal dedalo di viuzze che salgono abbandonando la Sp 79 al Passo del Cavallo.

L’hanno fatto mantenendo l’incendio sulla destra della Valle Seprendolo, per noi che guardavamo dal basso. Ci ha provato più volte il messaggero del demonio a tornare salendo di dietro al Dosso Giallo, impennandosi su faggi e querce e serpeggiando fra i boschi di carpino nero, ma è stato prontamente bloccato. Una battaglia vinta, almeno quella.
Nel pomeriggio lungo sei, al massimo sette ore però, non si è potuto fare di più: il fumo denso e l’ampia zona interessata dalle fiamme, hanno impedito di bloccare lo scempio più su, verso il Monte Prealba, nonostante le squadre si fossero messe presto al lavoro concludendolo solo al calare delle tenebre.
Neanche a parlarne di salire da quelle parti al buio, col rischio di finire dispersi sul monte, soffocati dal fumo o colpiti da qualche pietra liberata dalla vegetazione morente.

L’appuntamento è stato così rimandato a ieri mattina e solo poche sentinelle sono rimaste a guardia delle abitazioni. Nuovo lo scenario all’alba, con il fronte delle fiamme che sospinto dal vento e dagli uomini aveva abbandonato l’area lumezzanese e stava aggredendo le montagne valsabbine di Bione.
Il “filo” dei dossi aveva smesso di essere un ostacolo: superato Carnè il fuoco aveva preso a scendere verso il Salto, più a nord aveva già annerito per intero il Prealba e la Spusa Zemela, prendendo ad avvolgere il dosso sul quale da seicento anni almeno dimora San Vigilio, salva come sempre la chiesetta.

C’è voluta tutta la mattinata del sabato per fermarlo, quel bastardo. L’ultima coda del drago si è mossa bruciando il dosso di Cè, gettandosi a capofitto negli impluvi della Regassina e degli Inferni, con tutta l’intenzione di raggiungere il Pisòt. Per fortuna gli è andata male.
Dalla parte triumplina, diretti dal dottor Temponi della Comunità montana, sono intervenuti almeno cinquanta volontari oltre ai Vigili del fuoco da Lumezzane, Brescia e Gardone. Venticinque i valsabbini coordinati dai funzionari Mozzi e Borra da Bione e da Casto.
A reggere i fili gli uomini della Forestale da Concesio, Vobarno e Vestone.

Quattro gli elicotteri “regionali” che hanno fatto la spola attingendo acqua dalle vasche piazzate nella Valle di Luina, sul Piano di Lo e al Cavallo. Due e veloci i Canadair. Preciso come un cecchino il potente Erickson, capace di vomitare in un solo colpo fino a 10mila litri di liquido estinguente.
Forze che hanno avuto ragione del fuoco che nel frattempo si era ingoiato quasi 300 ettari di vegetazione. Il pomeriggio di ieri è stato dedicato per intero alla “bonifica”, con lo spegnimento degli ultimi focolai reso più semplice dalla pioggerella che ha preso a scendere e dall’abbassarsi della temperatura.

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