Quest'anno ci saranno le elezioni amministrative per il nostro piccolo comune, Anfo, e già la gente si infervora nel trovare la soluzione migliore...
È importante ciò che dici della forma e della materia, ma se il greco filosofo non vuole essere in contraddizione, la materia si distingue dalla forma per giustificare, con quest'ultima, il movimento: la fisica. Gli atomi sono, ma le loro combinazioni divengono, si che il greco filosofo tiene insieme la differenza ontologica: l'essere che diviene; o almeno ci prova. Chi non ci prova nemmeno, perché di questo "gioco del pensiero" ne approfitta, che gioco non è affatto, almeno dal punto di vista del gioco concreto, è il cristianesimo che recita della cosa, di ogni cosa, creatio nihilo sui et subiecti, cioè è creazione sua e della sua materia della cosa, dove per suo si intende appunto la forma. Tutto viene dal nulla nella creazione.
mostra rispetto per il principio che nihilo nihil fit , cioè nulla viene dal nulla, perché questo rispetto è provocato dalla conseguente contraddizione che il venire dal nulla implichi l'esser nulla delle cose. Se il principio del processo dell'essere è nulla, allora ciò che essenzialmente è l'essere, la sua origine, è nulla. Ma dato che l'essere si oppone, come ogni positivo al proprio negativo, al nulla, il principio è che nihilo nihil fit.
Provoca questa separazione, ma ogni essere presuppone il nulla per divenire. Il greco non lo sa, questo è l'inconscio del suo essere. Inconscio che il cristiano conduce alla sua massima espressione. Dunque, è semplicistico proporre un luogo, quello greco, in cui l'essere è protetto dal nulla. In verità il greco è il primo uomo che nullifica, annichilisce ogni cosa sull'altare del divenire. La forma si trasforma, è quindi quel processo in cui il principio non è la fine del processo, si che per diventare, perché nel processo in cui ci sia un incominciamento e il suo risultato, la cosa diviene, per questo motivo (o ragione) il principio non è il principio, ma è il risultato (diviene) e il risultato non è il risultato, ma è il principio (diviene da).
delle mie parole che il seguito di quanto stabilisci del comune può prender materia, e sempre per questo puoi vedere perché della caduta dei valori vi è un origine comune, i motivi che inevitabilmente la determinano. Se il movimento, la novità, vive della morte altrui, se il vecchio invecchia della giovinezza e il giovane ringiovanisce della vecchiaia, ogni gesto, ogni parola,ogni amore è distruzione, si che ciò che conta davvero è la ginestra di Leopardi, la vera potenza che ci sostiene, anche se illusoriamente, perché questo esser sospesi nell'essere è una provvisorietà che inevitabilmente posa sul tuo letto, o morte.
Ma a=a e a=b, che nel tuo scritto compaiono esser diversi, lo sono solo sul piano del nichilismo, nel voler che lo siano. In un mondo isolato, preventivamente, dalla vera identità, a=a non riesce assolutamente ad esser lo stesso di a, e non riesce ad esser, quel primo a, lo stesso del secondo a.
Il semantico di a non è il semantico di a=a. a è a non si costituisce come vera identità in quanto il semantico non è apofantico, in quanto il significato del termine (isolato) viene prima della relazione o apofansi. La vera identità è di quell'a che è ad esser l'a dell'a o come sua forma (a=a)=(a=a), cioè l'identità della relazione con sé dell'a con a. Altrimenti a=a è identificazione, cioè azione dell'intelletto astratto che vuole (potenza, in quanto ceduta) tener uniti i sommamente differenti. Perché vi sia vera comunione o relazione fra i termini, la relazione va pensata originariamente al contenuto della relazione.
non è l'apparire dell'essere, questo è il sottofondo del pensiero Occidentale da Platone ai giorni nostri, allora la sua affermazione l'affermazione dell'essente, di qualsiasi essente, e il tuo discorso è uno specifico rilievi di questa specificità (quello che tu chiami il comune), è rimandata ad indefinitum. Non è sulla base della materia che questo, che è la follia del pensiero Occidentale, può risolversi in un sapere immutabile, nello stare, nel comune. Il comune sta davvero in quanto l'essere (essente) che appare è l'apparire dell'essere (essente).
Se la coscienza non è il conosciuto, se la coscienza è Isolata dal qualcosa che è sua materia, se la natura della coscienza non è la natura del contenuto di questa coscienza, è poi impossibile (contraddittorio) volerne l'identità, il comune. Allora a=a e a=b sono lo stesso infinito differenziarsi, nella logica occidentale, che infine è impossibile (contraddittorio) tener uniti. Il tuo finale lo condivido tutto, ma ha bisogno di queste premesse per esserlo, altrimenti è nulla.
Che puoi riconoscere il comune, senza questa ogni sforzo per identificare a ad a è uno sforzo inutile della parte di voler essere l'intero. a, a=a, a=a=a, a=a=a=a, ecc...
Tralascerei la ricerca di fondamento anche se in qualche modo utile. Sento l'eco aristotelico di Forma e Materia, Ousia e sinolo. Vorrei sottolineare comunque una parola molto importante in questo articolo: dialogo. Parola bistrattata e consumata da lungo e inopportuno uso di chi la confonde con un'altra parola: discussione. Dialogo significa "attraverso il discorso". Attraverso dunque il discorso dell'altro, ascoltando il discorso dell'altro, mettendosi nei suoi panni, si ottiene il modo per trovare le soluzioni. Quanti si vedono, purtroppo, far finta di dialogare, quanti nascondono nel finto ascolto la hybris, la prevaricazione. Tutti vogliono vincere, dominare e sono disposti anche all'inganno del finto dialogo pur di prevalere. Questi signori non hanno come fine il bene della comunità ma solo e unicamente il proprio. Sottoscrivo quindi l'affermazione che non conta la forma di governo di una comunità quando gli individui che lo compongono credono solo nell'egoismo
mascherato. Non vedo contraddizione in questo. Per riuscire a superare gli egoismi non basta mediare alla ricerca di un equilibrio, la funzione della politica non può essere il compromesso tra diversi egoismi, ma la sintesi, la proprietà emergente dalle relazioni sociali che è in grado, così come il laser è sintesi di numerosissime frequenze incompatibili, di produrre un unico raggio, un'unica forza. Ecco cosa c'è dietro il vero dialogo, ecco cosa veramente manca alle nostre comunità.
il rispetto di ciò che si dice è la relazione del dire e del pensare (oltre il linguaggio). Il rispetto delle parole e del linguaggio non consente, come farebbe un impossibile ubbriacone a tavola della regina, troppa libertà. Questa libertà dal fondamento riduce le parole a simulacri e a vuote rappresentazioni di se. si può tralasciare di scrivere ciò che non si conosce, non è cosa mia questa, ciò che è proibito è quello di parlare a vanvera e pretendere anche un senso di questo blaterare.
Attenzione, che questo non è un piano che nulla ha ha che fare con il pratico, il comune di Anfo. Sfido chiunque ad andare in banca senza matematica. E la matematica è i,pl cosiddetto astratto, ma solo così, con l'astratto, si può far di conto.
La mancanza di valori non è qualcosa che accade ma sarebbe potuto non accadere, caro audace Leretico. In Tautotes, pag. 98. Nel pensiero dell'Occidente il predicato è sempre altro dal soggetto. È sempre altro proprio perché, innanzitutto, non è il soggetto. E non è il soggetto, e non riesce ad evitare di essere altro dal soggetto, nemmeno quando il suo contenuto è identico al soggetto stesso, onde si afferma che A è A (a=a). L'esser A da parte di A è una dualità che differisce dal semplice esser A". Ora, questa parte, all'apparenza astratta, che sembrerebbe ai non addetti ai lavori un che di alienato dal concreto, però, in verità, fonda il concreto pensare, si che appunto gli essenti, ogni essente, in base a questo modo di pensare, perde del suo valore. È per questo modo di pensare che i valori decadono... Ecc, ecc...
può fondarsi su qualcosa di diverso da come l'occidente pensa la relazione e l'esser qualcosa da parte di qualcosa. Questo è quello che può sognare un ubriacone sotto il ponte del Tamigi, sperando in una chiamata a tavola della regina. Molto più facile che si realizzi la seconda, ma impossibile la prima. La prima sono solo parole a vanvera.
Ma corro e inciampo
Il dialogo non conviene al pensiero occidentale, come a non conviene ad a una volta isolata.
Conviene, invece, fingere di esser dialoganti.
Infatti, il nostro buon Davide, dice: "Ovvero, è un'identità non tra uguali, come sarebbe "a=a" (scarsamente informativo; ogni cosa è uguale a sé stessa), ma tra diversi, a e b. Io riconosco nell'altro qualcosa che c'è anche in me.". Nascondendo a sé ciò che è per forza portato a pensare di quell'a=a se è inscritto anch'egli, come è anch'egli, nel pensiero occidentale.
Un qualsiasi essente è la negazione di un qualsiasi altro essente. La casa non è l'albero ( il bianco non è il nero, la legna non è la cenere)... In quanto negato, l'albero è in relazione alla casa (ndr. Relazione o dialogo); e un qualsiasi essente, in quanto negato, è in relazione a qualsiasi altro essente, secondo quel significato più ampio e fondamentale della relazione, per cui essa è l'esser qualcosa da parte di qualcosa. Quindi l'esser qualcosa da parte di qualcosa non è soltanto l'esser-qualcosa-come-negato, da parte di qualcosa, ma anche l'esser qualcosa-come-affermato: la casa è soleggiata, la legna è verde, la legna è la legna.
Ciò che appare non è il semplice, ma la differenza -la molteplicità degli essenti-; e la differenza è relazione, l'esser qualcosa (come affermato o come negato) da parte di qualcosa. In quanto espressa dal linguaggio, o in quanto contenuto della coscienza, la relazione è, per il pensiero dell'occidente, relazione di "soggetto" e "predicato".
Ma nel pensiero dell'Occidente il predicato è sempre altro dal soggetto. È sempre altro proprio perché, innanzitutto, non è il soggetto. E non è il soggetto, e non riesce ad evitare di esser altro dal soggetto, nemmeno quando il suo contenuto è identico al al soggetto stesso - onde si afferma che A è A. L'esser A da parte di A è una "dualità" che differisce dal semplice esser A.
Per poter affermare l'esser sé, l'identità a sé di qualcosa, è necessario affermare la differenza dei termini della relazione in cui l'identità consiste ( e cioè dei termini della identità in cui la relazione, in quanto esser qualcosa da parte di qualcosa, consiste). Ogni cosa è diversa da sé proprio perché è identica a sé. Dicendo e pensando che qualcosa è qualcosa, si dice e si pensa un'identita; ma ciò che è posto come identico è un non identico (ndr.fondamentalissimo per concepire il fondamento della contraddizione del pensiero Occidentale).
È manifesto che l'identità è una certa unità , o dell'essere di più cose, o quando è assunta come più cose, ad esmpio come quando si dice che una cosa è identica a se stessa; [in questo caso] la stessa cosa viene infatti considerata come due cose.
Innanzitutto, dicendo che l'identità è "l'unità dell'essere di più cose" (dialogo Leretico, dialogo), il testo dice che ogni esser qualcosa da parte di qualcosa è un'identità. Infatti, l'identità, come "unità dell'essere di più cose" -cioè come unità dell'essere di diversi- significa l'essere alro da parte di qualcosa: dicendo che A è B si dice l'unità dell'essere di A e di B, e cioè l'identità di A e B - giacché l'identità, come l'unità dell'essere di più cose, non può significare che l'esser B da parte di A. Ma -dice il testo Aristotelico- anche l'essere identico a se stesso .. Omissis.. si presenta come l'unità dell'essere di più cose, cioè di cose diverse.
Una cosa, per Aristotele (ndr. E quindi per il pensiero Occidentale), non è diversa da sé, ma quando viene detta o pensata come identica a sé, essa viene assunta (inevitabilmente) come una dualità: nella coscienza della sua identità essa è una dualità, è diversa da sé.
Ma se Aristotele vede che l'identita -cioè l'esser qualcosa da parte di qualcosa- è sempre identità dei non identici, egli non avverte (come non lo avverte chi non pensa davvero all'identità e dice che a=a è ogni cosa che è uguale a se stessa, Davide) che l'identità dei non identici è la contraddizione impossibile e necessariamente inesistente.
Giacché pensando e dicendo che qualcosa è qualcosa ("A è B", "A è A") - e il pensiero e il linguaggio non possono pensare e dire altro che qualcosa è qualcosa- il pensiero e il linguaggio dell'Occidente identificano i diversi- identificano i non identici, affermano la non identità dell'identità; pensano e dicono dunque l'impossibile, ciò che è nulla.
sono impossibilitati ad essere, proprio in conformità a questo modo di pensare le cose. Un dialogo, internamente al pensiero occidentale, quello esortato da Leretico, è lo stesso di quel tale che negava la necessità della propria circolazione sanguigna per la propria esistenza:in "actu exercito" ( a parole) lui la negava, in "actu signatu" (nei fatti) essa la confermava. E lo stesso di quanto il Davide, in libertà, a negato dell'identità. Certo che le parole possono essere dette in libertà. Diverso è il pensiero, certo che in actu exercito le parole negano il pensiero, ma in actu signato il pensiero si afferma.
Un dialogo che è fondato su quanto pensa e dice l'occidente del dialogo (della relazione) è un dialogo destinato a fallire. Capito adesso Leretico?
Un dialogo è e non è un dialogo, una relazione è e non è una relazione, un'identità è e non è un'identità, e infine ciò che è e non è è contraddizione, cioè errore e il suo contenuto è nulla. Ma una contraddizione non è nulla è un affrontarsi dell'affermazione e della negazione è guerra e giustizia nell'Occidente, è nulla nella verità in quanto a suo contenuto, è appunto contraddizione.
Un dialogo è volontà, nel quadro isolante del pensiero Occidentale, che un dialogo sia, quindi non è un dialogo ma è un isolarsi da sé, oltre naturalmente che da altro.
Forza, che ce la possiamo fare... ;-)
Invito il signor Dumbo a informarsi.E' stata tolta la parola alla Minoranza? Non mi sembra.Anzi un consigliere di Minoranza e' stato nominato Assessore all'urbanistica e di conseguenza anche Vice Sindaco. La nomina non e' stata accettata in Consiglio Comunale. Se questo significa togliere la parola.........Informiamoci prima di parlare.
Se poi parliamo della Rocca si informi chi e' stato a "farla" chiudere. Le lettere sono firmate per cui non ci sono dubbi. Poi possiamo discuterne. Il sottoscritto in barba ai GUFI nostrani e' riuscito a farla riaprire.
Non è proibito blaterare, anche perché ciò che è blaterare per uno potrebbe essere interessante per molti. Certo la dote della sintesi è di pochi, ma sforzandosi...
Il dialogo è possibile nella fede che il dialogo sia possibile.
Il mio articoletto non aveva nessuna ambizione politica. Anzi, voleva mettere l'accento sulla materialità, cioè sul ruolo responsabile del cittadino. Basta demandare ad altri ciò che possiamo e dobbiamo fare noi. Penso alla conferenza di Monaco del settembre 1938. È lecito chiedere perché Dio non è intervenuto? Perché Daladier, Chamberlain o altri non sono intervenuti, ponendo uno stop? Churchill scrisse, che in quel momento l'Inghilterra poteva scegliere tra la guerra e la vergogna, scelse la vergogna e avrà la guerra. Così, è stato. Chamberlain si chiuse in quello che definiva "appeasement". È morale? Un modo diverso di dire "vivi e lascia vivere". No. Noi cittadini ci dobbiamo impegnare. La materia del paese, della nazione o del mondo, siamo noi. All'Eretico rispondo in base a quello a cui si prefiggeva l'articolo. Io non credo nella fede nel dialogo, in quanto è il dialogo a fondare gli
interlocutori. Il tutto anticipa ontologicamente e fonda i partecipanti al dialogo. È per questo che io metto l'accento sulla totalità, sulla vita comune, e non sulla sommatoria di tanti in-dividui come la scuola liberale insegna. Chi ha letto e meditato sul concetto di entanglement a cui accennavo, capirà facilmente cosa intendo dire. So che qualcuno si è fatto una grassa risata per il mio post scriptum. Posso rispondere con Falstaff che "l'arguzia mia fà l'arguzia degli altri". Ribadisco che il mio articolo non mirava a colpire questa o quella amministrazione o ai rapporti tra amministrazione o minoranza. Di fatto, prescindeva da questi casi particolari. Altrimenti, avrei fatto nomi e cognomi. Il mio pensiero è banale: non spetta tutto agli altri; non dobbiamo essere solo spettatori e cercare un capro espiatorio per tutto. Abbiamo, sì diritti, ma anche doveri. Mi dispiace che il mio articoletto nella sua crassa trivialità sia
stato fraintesto. Non volevo far campagna elettorale, né parteggiare per una squadra piuttosto che un'altra. È appunto sollevandomi da tale particolarità che ho potuto scrivere quello che ho scritto. Quello che mi dispiace è che nel mio paese sono tutti genii, tutti capiscono, tutti sanno, sono io lo scemo del villagio e di fronte ad un articoletto da quattro soldi scivolano su una buccia di banana. Che l'articolo fosse scivoloso o, almeno, in pendenza l'avevo sottolineato all'inizio, osservando che era skew, parola di geometrica rilevanza. Infine, se qualcuno non ha capito perché non chiede, piuttosto di tirare per conto proprio le conclusioni? Avevo anche inserito un collegamento. Chiedo scusa del mio tono polemico; non ho risposto prima, già a Dumbo, in quanto pensavo non valesse la pena, ma visto che la questione continua, ho ritenuto doveroso mettere in chiaro il mio pensiero. Di più non posso fare.
Sai che di te non sopporto solo l'umiltà, anche se la sai presentare con la piacevole sagacia dell'arrogante. Dice Spinoza di questa, che non è una virtù perché non è prodotto della ragione, ma piuttosto un sentimento, in quanto la forza della ragione, ogni forza, è dovuta alla consapevolezza della propria potenza e l'umiltà non ne fa parte."..Se l'uomo, dunque, mentre considera se stesso, percepisce qualche sua impotenza, questo non avviene perché egli si conosca, ma perché la sua potenza d'agire è ostacolata" questo dice Spinoza. Comunque... Ti rispondo con un passo di Tautotes, che spero, un giorno, considererai di leggere: La teoria idealistica, come quella presente in Hegel, sa che l'essente, isolato dal pensiero, "si contraddice" e diviene un non essente (nulla)
-sa che l'essente, così isolato, è un noema (ndr: termine, dialogo) isolato dalla dimensione dianoetica (ndr: tutto, relazione, comunione, entanglement)- ma concepisce la dimensione dianoetica come risultato del divenire, come risultato in cui il contraddirsi del noema è tolto; e non vede che se il cominciamento del divenire è il noema isolato, il risultato del divenire non può essere il toglimento della contraddizione, ma è la contraddizione nella quale si afferma che il contenuto del cominciamento è altro da sé. Tale contenuto è altro da sé, sia perché di esso, isolato, si afferma qualcosa che è necessariamente altro da esso, sia perché l'affermare che esso è qualcosa è il risultato di un divenire che, come divenire, è sempre un divenire altro da sé...
La contraddizione non è tolta nel divenire di un noema isolato? Perché se un qualcosa di isolato vuol divenire, essendo esso, il qualcosa, isolato dall'altro, non può divenire con l'altro, ma solo dall'altro, si che a divenire è il qualcosa, ma il qualcosa se diviene diviene l'altro, ma l'altro agbiamo appena detto che non è in divenire con il wualcosa, in quantocil wualcosa lo abbiamo originaria,ente fatto isolato dall'altro, allora il divenire non è divenire altro ma divenire se stesso. Ma se qualcosa diviene se stesso, significa che non è se stesso, contro il principio di non contraddizione, se qualcosa diviene se stesso allora prima di divenirlo significa che è altro... Ecc, ecc..
Anch'io credo che la realtà sia entangled, e che questa sia condizione originaria. Ma so anche che viaviamo nella fede che gli enti siano isolati per cui il dialogo è strumento fideistico di relazione.
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ID63312 - 04/01/2016 22:32:24 - (dumbo) - Grazie
Grazie delle tue riflessioni Davide, molto belle e "centrate". Non sono di anfo ma qualche tempo fa, prima che l'opposizione dasse le dimissioni In blocco,, ricordo che uno dei motivi principali fu l'impossibilità di alcuni amministratori di poter parlare in consiglio comunale ! Sig ! Pazzesco. Come possiamo pensare che ci siano miglioramenti, che ci possa essere una crescita per il nostro territorio se questi sono gli atteggiamenti dei governanti attuali del tuo piccolo gioiello di paese ? Non sono sicuro che con le prossime amministrative le cose cambino, spero solo che certi "politici" vengano allontanati dall'attuale compagine amministrativa. L'ignoranza bieca e vendicativa di alcuni soggetti ha contribuito ad affondare un paese ricco di risorse e potenzialita'. W la Rocca !