18 Settembre 2008, 00.00
Agnosine
Gmg in Australia - il racconto 5

Un’emblematica storia di emigrazione

Durante l’incontro la zia Francesca racconta ad Elisa la sua storia di giovane emigrata, dei sacrifici incontrati nella nuova vita in Australia, ma anche di come con l’impegno suo e del marito sia riuscita a crearsi una nuova vita.

Durante l’incontro la zia Francesca racconta ad Elisa la sua storia di giovane emigrata, dei sacrifici incontrati nella nuova vita in Australia, ma anche di come con l’impegno suo e del marito sia riuscita a crearsi una nuova vita.

Prima di partire per questo viaggio rispolverai libri di storia, atlanti geografici e testi d’inglese.
Appresi che tra il 1951 e il 1961 furono 170 mila gli italiani che lasciarono l’Italia e raggiunsero l’Australia. Alcuni emigranti partivano con tutta la famiglia, ma molto spesso gli uomini arrivavano per primi. Gli scapoli, che avevano lasciato le loro fidanzate in Italia, spesso si sposavano per procura. Fu il caso di Battista Gorizia (fratello di mio nonno Giuseppe Gorizia) che lasciò Agnosine e fu reclutato per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero nella regione australe del Queensland.
Dopo poco tempo a Francesca Comelli arrivò una lettera dalla procura che la invitava a lasciare il suo paese perché in Australia l’attendeva per sposarla Battista Gorizia.
Francesca sapeva che quest’uomo era emigrato all’estero, lo conosceva solo di vista, mai si sarebbe aspettata una richiesta di questo tipo.
Il tempo di riflettere un poco, di salutare la sua famiglia, di lasciare il suo posto di lavoro alla Rivadossi di Agnosine e decise di partire. Aveva con sé solo un baule con dentro il necessario per affrontare un lungo viaggio che la costrinse in mare per ben 30 giorni.
Lei stessa mi ha detto di essere arrivare a Sydney “sfinita”, si rendeva conto di aver perso molti chili.
Al suo arrivo ricevette da Battista un telegramma dove scriveva che per il maltempo non riusciva a raggiungerla. Il giorno seguente Francesca prese il treno e raggiunse la città di Brisbane. Qui incontrò Battista in compagnia della signora Dorina Ruffini.
Quest’ultima, anche lei originaria di Agnosine e attualmente ancora residente a Brisbane, era emigrata in Australia prima dei miei zii. Visto che anche lei si era sposata per procura, aiutò Battista e Francesca nello sbrigare le pratiche del matrimonio.
La signora Dorina accompagnò i futuri sposi dal Vescovo. Quest’ultimo capì che i due giovani erano di sani principi, si sposavano per formarsi una famiglia e per questo acconsentì alle loro nozze.

Ho avuto l’opportunità di conoscere la signora Dorina (ancor oggi amica del cuore di zia Francesca) per telefono.
Vi assicuro che a 93 anni dimostra di avere una memoria limpidissima: ricorda persone, luoghi (vicoli, strade…) e avventure che hanno caratterizzato la sua infanzia ad Agnosine.
Zia Francesca arrivò a Brisbane il 18 gennaio 1953 e quattro giorni dopo, il 22 gennaio, si sposò. Celebrò le nozze Padre Bonifacio poi c’era la signora Dorina e un altro loro amico, sempre di Agnosine, a fare da testimoni. Zia Francesca mi ha raccontato che terminata la celebrazione il marito di Dorina, per festeggiare, le offrì una birra, inoltre, ricorda che l’amica intonò la canzone “Quel mazzolin di fiori”.

Mi sono rimaste impresse nella memoria queste parole della zia: “All’inizio ci siamo adattati a vivere in una baracca e per sei anni, non avendo la luce, utilizzavamo le candele. Ricordo che in Italia alla mia partenza c’era già la corrente elettrica. Abbiamo iniziato a tagliare canna da zucchero, prima in piccoli appezzamenti poi pian piano, con tanti sacrifici, acquistammo altre terre da coltivare, che divennero di nostra proprietà. Mi sposai a gennaio del 1953 e a ottobre dello stesso anno nacque il nostro primogenito, John, poi a maggio del 1955 arrivò anche Frank. Per mio marito era una grande gioia vederli giocare e trottare nel cortile della nostra farm. Avevo 33 anni e per me era una bella soddisfazione essere riuscita a diventare madre di due bambini. Il lavoro per la coltivazione della canna era duro e impegnativo. Purtroppo rimasi vedova molto presto, con una farm da portare avanti e due figli da far diventare grandi. In quel periodo nel sud dell’Australia lavorava nelle piantagioni di banane un emigrante di Agnosine, il signor Amilcare Paterlini (attualmente deceduto). Gli chiesi aiuto e lui lasciò il suo padrone per venire a darmi una mano. Posso dire ad alta voce che è stato un uomo onesto e laborioso che mi sostenne nel lavoro e nella crescita dei miei figli. Non finirò mai di ringraziarlo”.

Ascoltavo attentamente questa storia di vita e mi accorgevo che i miei occhi e quelli della zia ogni tanto diventavano lucidi, i nostri sguardi si fondevano e le nostre mani ogni tanto si stringevano.
Nel contemplare questa donnina mi rendevo conto delle peripezie, della perseveranza, ma anche della grinta e della pazienza che avevano caratterizzato la sua vita.
Oggi i suoi figli Jokn e Frank, possiedono 150 ettari di terra dove coltivano la canna da zucchero, sono degli instancabili lavoratori e con i loro moderni macchinari continuano il lavoro ereditato dai genitori.
Francesca Comelli, nonna di quattro fantastici nipoti, Brian, Ben, Damien e Juliana, così conclude con stupenda semplicità bresciana questa vicenda di ferro e fuoco: “La mia giovinezza è stata questa ma un po’ alla volta con tanti sacrifici, buona volontà, e con l’aiuto di Dio abbiamo tentato di andare avanti”.

Elisa Gorizia

Nella foto in alto il cugino Frank nella piantagione di canna da zucchero, sotto i figli di Frank


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