Oltre il sipario, le meraviglie del circo «El Grito»
di Armando Talas

Lonato in Festival 2020, importante vetrina italiana di circo contemporaneo, ha proposto come secondo appuntamento dell’anno “Malamat”, il nuovo spettacolo della prestigiosa compagnia “El Grito”


Per comprendere questo spettacolo, fluido e cangiante insieme di meraviglie, occorre fare un balzo indietro nel tempo, fino agli anni Venti del secolo scorso, e incontrare un sorridente signore dai lunghi baffi di nome Georges Ivanovič Gurdjieff, mistico, filosofo e maestro spirituale originario dell’allora Impero Russo.

Guardando la foto in bianco e nero di Gurdjieff su Wikipedia si nota stranamente una certa somiglianza con uno dei protagonisti dello spettacolo, la figura che definirei “l’uomo dei bicchieri”.

Malamat è infatti la storia di alcuni personaggi in stretto rapporto, uniti dalla medesima ricerca: la scoperta di sé stessi, di un “io” autentico e libero, della propria personalità e autonomia nel mondo.

Si potrebbe dire che lo spettacolo parla di un lento e graduale risveglio.
Infatti, secondo il pensiero di Gurdjieff, gli uomini trascorrono la vita in uno stato di veglia solo apparente, mentre in realtà è come dormissero, e vivono come degli automi, mossi come burattini da influenze esterne.

L’uomo con i bicchieri, la donna misteriosa, l’uomo musicale, l’uomo con la scimmia sono tutti personaggi che lo spettatore impara a conoscere e che vivono un graduale cambiamento, un risveglio.

L’uomo con i bicchieri, all’inizio piagnone e insicuro, trova una sicurezza insospettabile, eseguendo nel finale un numero di equilibrismo di grande difficoltà e bellezza. Aiuta anche la donna misteriosa a scoprire una nuova realtà, portandola con i denti (letteralmente) al di là del sipario, fuori dalla scena.

La donna misteriosa, interpretata da Fabiana Ruiz Diaz, regista dello spettacolo con Giacomo Costantini, all’inizio dello spettacolo sembra inanimata, ha il volto inespressivo e si muove su un hoverboard come fosse un robot. Solo dopo una serie di peripezie, dopo essersi affidata del tutto e ciecamente ai suoi compagni di avventura, il personaggio cambia radicalmente. Nel finale entra ed esce dal sipario in un particolarissimo numero di tessuti aerei (una volta tanto senza i soliti rimandi sessuali), muovendosi dentro e fuori la scena, come entrando e uscendo da due diversi mondi, da due diversi stati di coscienza, uno dei quali è il sonno.

Ogni personaggio, tranne forse l’uomo con la scimmia, è come avesse il suo risveglio, più o meno evidente, ritrova sé stesso e la sua libertà.

Lo spettatore può anche non comprendere del tutto, ma resta comunque incantato da questo divenire dei personaggi, dalle musiche e dalla spettacolarità dei numeri.
Malamat rappresenta un fulgido esempio di come il circo contemporaneo possa raccontare l’esistenza umana e i suoi cambiamenti. Chapeau!
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