Il bianco del Carfio
di val.

Tre imponenti discariche di rifiuti d’acciaieria situate nel Comune di Agnosine sono state sottoposte a sequestro dai Carabinieri Forestali di Vobarno. Nei guai quattro imprenditori


Il provvedimento su disposizione del gip del tribunale di Brescia, al termine di una lunga e complessa indagine coordinata dal Sostituto procuratore della Repubblica dott. Mauro Leo Tenaglia ed iniziata nel febbraio dello scorso anno, quando i militari si sono imbattuti in un torrente le cui acque erano diventate completamente bianche per un tratto di circa 600 metri, con alveo ricoperto da abbondanti depositi di fanghi dello stesso colore e da incrostazioni di aspetto calcareo.

Ne parla una nota diffusa in giornata dai Carabinieri forestali.
Partendo dagli indizi qui sopra esposti, i Forestali di Vobarno sono riusciti ad individuare la causa di tale fenomeno: centinaia di migliaia di tonnellate di scorie prodotte da tre acciaierie del limitrofo Comune di Odolo – di cui solo una ancora attiva, la IRO – tombate negli anni ‘80 in altrettante discariche, che insieme occupano una superficie di oltre 5 ettari e che sono ubicate a ridosso del torrente Carfio, oggi celate dalla vegetazione boschiva, senza che venisse predisposto dai rispettivi proprietari un idoneo sistema di raccolta e gestione del percolato, obbligatoriamente previsto sia dalle norme dell’epoca sia da quelle attuali.

«Ed è proprio tale omissione ad aver comportato, per quattro soggetti, l’accusa di aver commesso – con condotta permanente dal 1987 fino ad oggi – il reato di inquinamento ambientale aggravato, punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 10.000 a 100.000 euro» fanno sapere i Forestali.

La mancanza di un sistema di raccolta del percolato, caratterizzato da un pH elevatissimo in quanto contenente massicce dosi di idrossido di calcio derivante dal dilavamento delle scorie, ha fatto sì che questo andasse a finire per decenni nel torrente colorandolo appunto di bianco.

«Pur essendo questa la manifestazione più evidente dell’inquinamento, non è certo la conseguenza che desta maggior preoccupazione – affermano i militari, che insieme ai tecnici di Arpa Lombardia hanno effettuato campionamenti sui sedimenti del corso d’acqua che hanno infatti consentito di accertare «come il continuo rilascio di percolato di discarica abbia determinato l’inquinamento e la compromissione di tale ecosistema fluviale, con superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione per metalli pesanti quali Piombo, Zinco e Cadmio, nonché per inquinanti persistenti di riconosciuta cancerogenicità quali i Policlorobifenili (PCB)».

Tre degli indagati, dirigenti dell’acciaieria ancora attiva, sono inoltre accusati di aver commesso anche il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, punito con la reclusione da due a sei anni: «Evidentemente consapevoli delle caratteristiche inquinanti del percolato prodotto dalla propria discarica, a partire dal 2008, lo hanno abusivamente raccolto e miscelato con le acque di raffreddamento degli impianti aziendali mediante un sistema di vasche, pompe e tubazioni, con lo scopo di diluire le sostanze inquinanti ed abbassare il pH grazie all’aggiunta di acido solforico, per poi scaricare il tutto nel torrente e risparmiare così i costi che una corretta gestione e smaltimento di tale rifiuto avrebbero comportato» si legge nella nota.

Oggi i Forestali sono intervenuti in forze per accedere alle aree in sequestro, perchè possano essere realizzati tempestivi ed opportuni interventi di messa in sicurezza finalizzati ad impedire ulteriori sversamenti di percolato, a cui faranno seguito le necessarie attività di bonifica e di ripristino ambientale che i responsabili saranno tenuti ad eseguire a proprie spese.

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