Cooperative sociali, con l'emergenza stipendi a rischio
di Federica Ciampone

Con le scuole chiuse da fine febbraio per l’emergenza coronavirus più di 300 educatori e operatori sociali dipendenti delle cooperative si trovano in uno stato di “fermo salariale” fino a data da destinarsi


Della difficile situazione in cui versano i tanti educatori e operatori, anche valsabbini, dipendenti dalle cooperative sociali in questo momento di emergenza avevamo già scritto all’inizio del mese.

Di fatto, con le scuole chiuse, dal 26 febbraio scorso questi educatori di bambini e ragazzi disabili non percepiscono alcuno stipendio, stipendio che tra l’altro è di norma già “decurtato” di suo, dal momento che si tratta di contratti ciclici da settembre a giugno, seguiti dai tre mesi estivi di aspettativa non retribuita e priva del versamento dei contributi ai fini pensionistici.

Lo stato di emergenza coronavirus ha peggiorato ulteriormente la situazione e in provincia e in Valle Sabbia sono ancora in moltissimi a non avere la certezza dello stipendio a fine mese.

Le cooperative hanno ora accesso al FIS (Fondo d’Integrazione Salariale), è vero, ma non possono anticipare ai propri dipendenti la retribuzione perché a loro volta in attesa del tempo previsto dall’INPS, quantificato in tre mesi.

Nonostante l’entrata in vigore del decreto dello scorso 17 marzo, che ha previsto per le Pubbliche Amministrazioni la possibilità di procedere comunque con le erogazioni a fronte dell’emergenza in corso, sembra che alcuni Comuni scelgano di interpretare il contenuto del decreto a proprio favore, mandando di conseguenza in crisi le cooperative.

La soluzione della didattica a distanza, proposta da diversi Comuni, non è una via praticabile per gli educatori, il cui lavoro sulla persona si basa sull’affiancamento, l’integrazione e l’autonomia, impossibili da replicare attraverso uno schermo.

“Noi siamo come figli di nessuno – ci scrivono in una nota - lavoriamo nel pubblico e dobbiamo stare alle regole del pubblico, ma al contempo siamo appaltati, quindi con contratti del privato, e ci troviamo sempre penalizzati: basti pensare che se i nostri utenti (persone fragili e spesso con patologie gravi che richiedono lunghi tempi di guarigione, anche a fronte di una semplice influenza) sono assenti noi rimaniamo a casa, non pagate e senza la possibilità di recuperare le ore in altro modo”.

A Brescia sono più di 300, complessivamente, i dipendenti delle cooperative che si trovano in questa complicata condizione.



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