Atlantide
di Armando Talas

Anche se dobbiamo rimanere chiusi in casa, per la nostra e altrui sicurezza, nulla ci vieta di fantasticare, di raggiungere con la fantasia qualche terra meravigliosa e sconosciuta



Sono molte le terre perdute nella notte dei tempi, ammantate di leggenda, fuori dalla Storia e da ogni certezza.

Per esempio Avalon, l’isola leggendaria citata nel ciclo letterario legato al mito di re Artù, oppure Thule, che compare nei diari di viaggio dell’esploratore greco Pitea (380-310 a.C circa), senza contare i fantomatici continenti di Lemuria e Mu, ma la terra leggendaria più famosa è senza dubbio Atlantide.

Il primo a menzionarla è uno dei maggiori filosofi dell’antichità, Platone, in due dialoghi scritti attorno al 380 a.C., il Timeo e il Crizia.
Si legge nel Timeo: “Davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, Colonne d'Eracle, c'era un'isola. Tale isola era più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e da essa i naviganti potevano passare sulle altre isole, e da esse su tutto il continente che stava dalla parte opposta, intorno a quello che è un vero e proprio mare  [...] In tempi successivi, essendosi verificati immensi terremoti e cataclismi, nel corso di un giorno e di una notte, tutto il vostro esercito di colpo sprofondò sotto terra, e anche l’isola di Atlantide s’inabissò nel mare e sparì... ”.

Se escludiamo i due dialoghi platonici, non esiste nessun altro riferimento antico ad Atlantide, e tutte le fonti successive paiono riconducibili, in un modo o nell’altro, a Platone.

Già nell’antichità qualcuno prese l’esistenza di Atlantide come un fatto storico, ma Aristotele, il suo più grande allievo, liquidò la cosa come un’invenzione del maestro. E se fu così, fu probabilmente una delle più straordinarie della storia umana, visto che il mito di Atlantide sopravvive ancora oggi.

Sono centinaia le ipotesi avanzate nei secoli sulla presunta collocazione di Atlantide.

Si è pensato all’America, che in effetti all’epoca di Platone era un continente sconosciuto in mezzo all’oceano Atlantico, ma più recentemente anche alla Sardegna, ipotizzando che le colonne d’Ercole fossero poste non allo stretto di Gibilterra ma nel canale di Sicilia.
Secondo quest’ultima ipotesi, molto suggestiva per noi italiani, la civiltà di Atlantide sarebbe stata quella nuragica, che si sviluppò in Sardegna intorno al 1800 a.C., in piena età del bronzo.

Personalmente non sono del tutto sicuro che Atlantide non sia mai esistita.

In fin dei conti anche la città di Troia era leggendaria, finché Heinrich Schliemann non la scoprì nel 1872, basandosi sulla descrizione dei testi omerici, più antichi dei dialoghi di Platone.

Forse però il punto è un altro. Con il passare dei secoli Atlantide ha finito per rappresentare qualcosa di diverso e ulteriore.

Concludo quindi con le celebri parole dello scrittore Lyon Sprague de Camp: “La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici.”


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