Quel che resta del Carnevale
di Marisa Viviani

Sappiamo come è andata a finire, il carnevale a Bagolino e Ponte Caffaro c'è stato e non c'è stato, perché l'ordinanza regionale è stata solo parzialmente rispettata...


Ma questo concerne soltanto le tre giornate conclusive della manifestazione, perché nei quaranta giorni che le hanno precedute ci sono state iniziative importanti per il contenuto spiccatamente carnevalesco e il valore culturale legato alla tradizione del Carnevale di Bagolino.

Si sono tenute infatti regolarmente le sonàde dé carnaàl nelle giornate di lunedì e giovedì, presso i locali pubblici con i sonadùr in piena forma pronti a dar sfogo all'astinenza musicale tra un carnevale e l'altro, seguite da un pubblico locale affezionatissimo alla propria tradizione. Anche i màscär hanno potuto sfogare le proprie passioni burlesche nelle giornate previste per la loro uscita, già dopo l'Epifania, in una sorta di prova generale, ripetuta, del gran finale.

Degli incontri organizzati dal gruppo “Voci del Carnevale” sul tema “Il saper fare del passato”, si è parlato a lungo su queste pagine, in relazione ai lavori di realizzazione di capi di abbigliamento dei costumi di màscär e bälärì, sgàlbär, maschere, manufatti vari.

Tale iniziativa ha rappresentato l'aspetto più significativo per la definizione culturale di questo carnevale, attorno al quale fin dal passato si sono sviluppate numerose attività artistiche, artigianali, musicali, e relazioni sociali su base comunitaria con forte connotazione identitaria.

La festa dedicata quest'anno a “Lä spùsä dé 'nä òltä”, ha riunito poi in una serata di puro divertimento le migliori attitudini alla recitazione e all'ideazione scenica del gruppo teatrale che ruota attorno a Versilla Salvadori. In una stravagante ambientazione d'antan, attori della compagnia teatrale e altri prestati per l'occasione, si sono avventurati nella rappresentazione di un verofinto matrimonio con la compiacenza dell'autorità religiosa, prestatasi con umorismo all'ironica cerimonia, che si è poi conclusa nel più classico dei modi, il banchetto di nozze, con un menù controcorrente a base di polèntä teràgnä, ben innaffiato, e ben condito con il piacere della convivialità, del canto corale del Coro Ciclamino e del gruppo mandolinistico “8 Corde”.

E ancora, il “Carnaàl déi fänzì”, che ha riassunto in un'unica festa dedicata a bambini e ragazzi i contenuti, le figure, le espressioni tipiche del carnevale, con riferimenti alle tradizioni del passato. La manifestazione ha visto mobilitarsi un gran numero di volontari impegnati in varie attività e in lavori artigianali, spiegati ai bambini per la conoscenza viva della storia della comunità e delle famiglie attraverso il tempo, mentre la partecipazione dei ragazzi, alunni in orario scolastico, si è configurata come una vera lezione sul campo, preparata dalle insegnanti della scuola primaria secondo un progetto didattico di interscambio di ospitalità con le classi dell'Istituto Comprensivo.

Preceduta da un analogo incontro tra classi parallele a Ponte Caffaro in settembre, cui seguirà l'ultimo scambio tra le classi a Idro in maggio, l'accoglienza degli alunni a Bagolino verteva sulla conoscenza della tradizione del carnevale attraverso una partecipazione consapevole, e perciò preceduta da una lezione tenuta da relatori esperti della materia, nello specifico Nerio Richiedei, Lorenzo Pelizzari, Idalgo Salvadori, che hanno presentato agli alunni il percorso storico del carnevale attraverso i documenti d'archivio, la liuteria, la musica.

E infine la consuetudine irrinunciabile della festa nelle cozìne, che ha esteso i suoi tempi della convivialità per godersi come sempre il cibo, il vino, la compagnia, la conversazione con famigliari e amici, alla faccia del virus che è riuscito a fermare, ma solo parzialmente, il carnevale, là dove, come ha sentenziato qualcuno, nemmeno i Conti di Lodron erano riusciti nell'intento!

Ciò che resta del carnevale annullato per motivi di salute pubblica non è quindi poca cosa, al contrario rappresenta una parte consistente di attività e partecipazione ad una tradizione che ha mantenuto, anche se privata del suo exploit finale, la sua presenza irrinunciabile nella vita della comunità.
                                                                        
Nella foto di Luciano Saia: Piccoli bälärì che non rinunciano a ballare
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