Quandoque bonus dormitat Homerus
di Guido Assoni

Una locuzione latina riconducibile ad Orazio per giustificare momenti di distrazione in cui possono incorrere anche gli storici più apprezzati


Lo spunto di riflessione ce lo fornisce Leretico nel suo post “Paralipomeni di ‘Quando il pesce andava a fondo’”, in riferimento al libro del dott. Dario Collio presentato un po’ ovunque, in Valle Sabbia ma non solo.
Raramente mi è capitato di leggere un’analisi così precisa, circostanziata, pertinente ed imparziale.

Leretico avanza alcune perplessità in merito alla “recensione positiva” del Prof. Alfredo Bonomi resa pubblica dal Dott. Collio sui social e nelle ultime presentazioni del volume.

Oltre all’apprezzamento per “l’equilibrio dei giudizi e la mancanza di ricostruzioni oleografiche” all’autore del post è andata di traverso anche la seconda parte del giudizio del prof. Bonomi laddove viene rimarcata la ricostruzione degli avvenimenti “con una rigorosità di documenti che concorre a fare del libro uno strumento agile per la lettura, ma ancora più una piattaforma storica che rilegge con competenza un periodo difficile della storia valligiana”.

Ebbene anch'io non me la sento di condividere appieno il giudizio storico del Prof. Bonomi se non fosse per un suo ravvedimento durante la presentazione del libro avvenuta il 22 novembre scorso presso la Biblioteca civica di Vestone.
   
In tale consesso, pur tessendone le lodi per la “prosa accattivante” e la ricostruzione di contesti sociali, modi di concepire la vita e contrastanti atmosfere che si respiravano a due passi dal cuore della Repubblica Sociale Italiana, lo storico valligiano ha invitato i convenuti a leggere il “romanzo di personaggi” senza soffermarsi nell’analisi delle note bibliografiche.
   
Una chiara presa di posizione suffragata da condivisibili giudizi non certo lusinghieri nei confronti del Comandante del 40° Battaglione M della Guardia Nazionale Repubblicana di stanza all’Albergo Milano di Idro, Magg. Ciro di Carlo e del cappellano padre Ermenegildo Covili, nonostante il conferimento a quest’ultimo del Cavalierato della Repubblica e di altre onorificenze.

Ricordo che sono ben quattro le note bibliografiche, presenti nel libro del Dott. Collio, tutte tratte dalla medesima fonte ovvero dal libro “La guerra civile nel bresciano” del ricercatore revisionista Lodovico Galli, con l’intento di rivalutare la figura incolore del fanatico cappellano.
   
Nell’analisi de Leretico, ho apprezzato il riferimento a Don Lorenzo Salice, alias padre Bonifacio dell’Ordine Benedettino, il quale parlava dei partigiani come di ribelli per amore, sempre coerenti ai loro principi di vero patriottismo, al contrario di padre Covili che li etichettava quali delinquenti comuni, nuovi Giuda, banditi nascosti tra i monti e via discorrendo.
   
Anche la figura del Magg. Ciro di Carlo
viene nelle note del volume rappresentato quasi che fosse “un benefattore dell’umanità”, colui che sottoscrisse il farneticante rapporto delle operazioni relative al massacro dei nove patrioti a Provaglio Val Sabbia contenente tre falsi storici ripugnanti:

• la data del documento e dell’uccisione dei patrioti: 04 marzo 1945 anziché 05 marzo 1945;
• la modalità dell’uccisione: in combattimento anziché una fucilazione senza processo;
• la località dell’esecuzione: Livrio anziché Cesane distante due km dal nucleo abitato di Livrio.
   
Questa sarebbe “la realtà” che ci sarebbe stata propinata se i vincitori fossero stati gli altri.
   
Scrive ancora Leretico nella sua profonda disamina: “Alla fine non ci saremmo meravigliati se il Collio avesse tentato la riabilitazione anche di Don Damiani, parroco di Provaglio Val Sabbia. Sarebbe stato coerente con il resto del romanzo”.
Ha colto un’altra volta nel segno tant’è vero che nella conferenza di presentazione di Vestone lo stesso Collio ha affermato che stava approfondendo una nuova testimonianza che scagionerebbe il parroco di Provaglio dalle gravi responsabilità cui venne accusato.
Si badi bene una testimonianza a cavallo del 2020 contro le centinaia, a dir poco, di segno diametralmente opposto raccolte e vagliate in tempi non sospetti.
E’ risaputo che la storia la si fa con documenti scritti.
   
Come ribadito dal Prof. Bonomi nella più volte citata presentazione del libro, lo storico o il ricercatore annette importanza basilare allo studio ovvero alla verifica dell’attendibilità delle fonti scritte per la loro capacità di divulgare, non soltanto il ricordo di un avvenimento, ma anche il contesto sociale e culturale e i riferimenti ad altre fonti scritte in un reticolo di richiami, mentre lo studio delle fonti orali risulta oltremodo complesso in quanto il materiale è facilmente soggetto, nei vari passaggi di ascolto a manipolazioni, dimenticanze e falsificazioni.
   
Ho ammirato ancora la volontà de Leretico di uscire dallo schema stereotipato della stucchevole retorica resistenziale e della contro-storia rappresentata dal revisionismo programmatico teso a voler delegittimare la Resistenza degradandola ad una sorta di epifenomeno della guerra degli alleati contro i nazifascisti.

L’omissione più evidente che si nota nella lettura del libro è il riferimento al dato inconfutabile che contraddistinse il periodo storico successivo alla firma dell’armistizio con gli alleati ed alla successiva invasione nazista ovvero alla libertà di scelta.

Giorgio Bocca chiamavariappropriazione del proprio destino”, quell’alone di libertà che aleggiava nel cuore dei giovani allorquando abbandonarono le grandi città per salire in montagna, pur consci dei disagi cui sarebbero andati incontro per il reperimento dei mezzi di sostentamento e sul come affrontare le rigide temperature invernali.
Tutto ciò in contrapposizione agli impieghi ben retribuiti dei legionari della Tagliamento di stanza sul lago d’Iseo.

Sintomatiche le lagnanze da parte del parroco di Pisogne nei confronti del Vescovo Mons. Tredici in merito al libertinaggio dei legionari a tre ore del loro insediamento sul Sebino.
Lo scorso mese di ottobre su invito del mio carissimo amico nonché presidente della Pro Loco di Anfo, Dott. Giancarlo Melzani, ho elaborato alcune mie considerazioni sul tema per la testata “Anfo-racconta”.

Confesso di essermi trovato in seria difficoltà a commentare il libro dovendo separare il “romanzo di personaggi” che ritengo di buona fattura non solo per la “prosa accattivante” ma anche perché ha fatto chiarezza su alcuni episodi sottaciuti avvenuti nell’entroterra dell’Eridio, dal “romanzo storico” per il quale le mie perplessità accrescono ogniqualvolta prendo in mano il testo.

Come vedete il senso delle mie conclusioni di allora collimano con quelle attuali de Leretico: concludendo, non vorremmo che passasse il messaggio che in fin dei conti all’Albergo Milano ci fossero ufficiali ed attendenti buoni, che ci fosse un irreprensibile comandante (il magg. Ciro di Carlo) già direttore didattico, che dopo la guerra continuava ad insegnare, ci auguriamo non materie tipo storia od educazione civica, e un cappellano repubblichino, entrambi impegnati a tessere il dialogo con i ribelli.

Sarebbe come riscrivere un’altra storia.

Guido Assoni


200215Cimeli.jpg