Si avvicina il Natale...
di Giuseppe Biati

Si avvicina il Natale e sicuramente il popolo italico inizierà a porre il problema “esistenziale” della presenza a scuola del Presepio o del canto “Tu scendi dalle stelle” e, più avanti, verso Pasqua, del Crocifisso!



L’avvallo verrà anche dato da alcuni politici, avvezzi a brandire crocifissi e rosari per procacciarsi qualche voto dalle platee più sprovvedute.
Io, da ex Preside, posso esporre il mio pensiero e la mia riflessione  in questo senso.

Presepio, canto “Tu scendi dalle stelle”, Crocifisso, ancorché nelle aule scolastiche, sono da portare nel cuore, nella fatica di ogni giorno, nel tentativo difficile di instaurare rapporti di pace, di giustizia e di solidarietà.
L’averli in scuola come segno può essere importante o meno, a seconda che si possa o si riesca a vivere sotto i loro sguardi la compassione e la speranza in reciproco, dialogico e fecondo rapporto tra le persone.

Anche nella Repubblica laica e non confessionale, il Presepio, il Crocifisso e anche il canto “Tu scendi dalle stelle” (così impudentemente evocato e cantato negli anni addietro da politici da strapazzo) diventano un invito alla memoria, a considerare la nostra storia segnata da sempre dalla loro presenza.

I Benedettini, e anche gli Umiliati (nel Bresciano), hanno costruito intorno alla Croce, al Presepio (nel senso della natalità di un Dio fattosi uomo) l’ethos e l’economia dei paesi nei quali viviamo e nel passare dei secoli tutto ciò si è consolidato diventando memoria, tempio e custodia di ciò che è più sacro nella modernità.

Questo diciamo volendo tracciare in “quei segni”
i confini di una “patria” che da oriente si apre incommensurabilmente all’infinito, fino ad abbracciare ogni uomo, in ogni tempo,  in ogni luogo, in ogni circostanza.
Questo il significato di quel “Puer natus in Betlehem” che lascia insieme attoniti e aperti alla speranza, alla speranza umana e cristiana insieme.

Ma se è così, allora non proclamiamo parole che suonano paura e minaccia, davanti al moderno presepio di Pastori profughi (come il Bimbo – profugo - che vanno ad adorare), poichè di paura trasuda, dietro la tronfia baldanza, chi si crede “padrone a casa propria” ed è soltanto “fittavolo”.

Perché qui sta il problema: l’illusione di essere signori della terra e per dirlo a se stessi, per farsi coraggio, ci si appella al Cielo, senza sapere che “stolto, questa notte stessa ti sarà chiesta la resa della tua anima!”

Quanta acqua dovrà ancora passare sotto i ponti dei fiumi “padani”, per capire che il Presepio o la Croce non sono tracotanza, non sono imposizione, non sono paura?
Quanta ne dovrà ricevere quel Mediterraneo, tragico scenario del moderno e attuale presepio, dove per capanna vi è un barcone?

E se Papa Francesco (forte è il collegamento al Presepio) ci ha chiamati e ci chiama ad un incontro di fede nell’unico Dio Altissimo anche con i fratelli dell’Islam, perché lasciarci invischiare in trappole di curtensi ed esclusivi confini?

Forse è necessario purificare il cuore e rendere trasparente il nostro occhio: sentiremmo e vedremmo allora quanto sono banali e inutili tante questioni di principio che sono soltanto miserevoli difese di un egoismo di etnia o, peggio ancora, il penoso tentativo di procacciare voti a qualche sprovveduto!

Questo vuol essere il mio Augurio natalizio, a tutti!

Giuseppe Biati


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