Bosco ridotto a discarica, sequestrato il poligono
di Salvo Mabini

I carabinieri forestali della strazione di Vobarno hanno sequestrato un'attività di tiro al piattello non autorizzata e 11.425 metri quadrati di bosco trasformato in "discarica abusiva"


I carabinieri forestali della stazione di Vobarno, a seguito di un controllo eseguito congiuntamente ai tecnici di ARPA Lombardia, hanno sequestrato un’attività di tiro a volo ubicata nella zona della Fratta, nel comune di Sabbio Chiese, e oltre un ettaro di bosco antistante alle postazioni dalle quali veniva praticato lo sport del tiro al piattello.

Secondo quanto hanno accertato gli esperti, l’attività era del tutto irregolare in quanto esercitata da numerosi anni in assenza delle necessarie autorizzazioni e veniva svolta nella più totale inosservanza delle normative ambientali, “provocando la formazione di una vera e propria discarica abusiva a cielo aperto di rifiuti speciali pericolosi prodotti dallo sparo, tra i rifiuti rinvenuti frammenti di piattelli, borre in plastica e pallini in piombo, il tutto in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico ed a vincolo idrogeologico”.

“Il campo di tiro risultava infatti essere privo di qualsivoglia tipologia di sistema di raccolta o barriera per intercettare i predetti materiali, che venivano proiettati nell’aria in occasione di ciascuno sparo raggiungendo distanze di oltre 130 metri”.

I Carabinieri hanno calcolato che ormai da molto tempo tali rifiuti si disperdevano nei boschi circostanti “formando consistenti accumuli di centinaia di tonnellate di detriti sparsi direttamente sul suolo e perfino nell’alveo del torrente che scorre nelle vicinanze, comportando uno stato di evidente degrado ambientale e paesaggistico”.

Dopo aver apposto i sigilli sull’area, i Forestali vobarnesi hanno deferito all’Autorità giudiziaria i tre gestori del tiro a volo per il reato di gestione di discarica non autorizzata per il quale, oltre all’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, rischiano la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e dell’ammenda da 2.600 a 26.000 euro, nonché la confisca dei terreni.

Particolarmente rilevanti saranno le successive fasi di campionamento del suolo.
Gli esperti hanno stimato che la mancata raccolta da parte dei gestori dei pallini in piombo, corrispondere a circa 1 tonnellata all’anno, possa aver provocato la contaminazione della matrice naturale (terreno e fondo del corso d’acqua).

In tal caso potrebbe essere contestato ai tre soggetti anche l’ulteriore e più grave reato di inquinamento ambientale, per il quale è prevista la pena della reclusione da due a sei anni e la multa da 10.000 a 100.000 euro.

190825Sabbio1.jpg 190825Sabbio1.jpg