I miti greci
di Ezio Gamberini

Grazia ed io torniamo dalla camminata serale e giunti davanti al cancello incontriamo una nostra vicina che arriva in macchina; si ferma, abbassa il finestrino ed esclama: “Ecco i miei miti, altro che quelli greci!”…



“Ah… quando vi vedo… una volta avevo i miti greci, adesso invece… voglio diventare come voi!”, prosegue la bellissima ragazza, che ha una stupenda famiglia (quando li incontri, ti luccicano gli occhi!), e splendidi figli, tra i quali l’autore di quell’autentica genialata che ho descritto nel racconto “Una ‘i’ di cinquanta metri” . 
 
Il suo ingegnoso figliolo, che allora aveva nove anni, con un gessetto disegnò sul viale una “i” lunga cinquanta metri e larga quattro; quest’impresa resterà per sempre indelebile nella mia memoria.
 
“Ah, ah, ah, - le rispondiamo, spanciandoci dal ridere – per diventare come noi devi diminuire venti centimetri in altezza e aumentare un numero considerevole di chilogrammi (questi ultimi soprattutto nei miei confronti)”.
 
Recentemente, e in controtendenza con il mondo in cui viviamo che appare sempre più arrabbiato e deluso, con Grazia c’è capitato di sbellicarci dalle risate in più occasioni: l’ultima volta è successo quando siamo andati a mangiare una quintalata di sushi (dai, in fondo è riso… ); dopo aver consegnato il cartoncino del tavolo al signore seduto dietro la cassa, gli ho chiesto:
 
“Quant’è?”.

“Mhh…mhh… tlentatle e tlenta!”.

“Come?”.

“TLENTATLE E TLENTA!”.
Grazia ed io ci siamo guardati negli occhi, abbiamo resistito, ma non appena saliti in macchina, siamo esplosi e per infilare la chiave nel cruscotto ci sono voluti dieci minuti.
 
Sembrava di essere in un film di Stanlio e Ollio, oppure in un cartone animato di Gatto Silvestro, quando Titti, dalla sua gabbietta, vedendo che si avvicinava con passo felpato, esclamava preoccupato:
 
“Oh, oh, mi è semblato di vedele un gatto!”.
 
Qualche tempo fa invece, in occasione di una “scappata” alle terme (entrambi amiamo sguazzare nell’acqua calda, soprattutto quando fuori fa freddo), c’è capitato di nuotare sott’acqua e risalire nello stesso istante con le nostre fronti che si sono toccate appena, sfiorando per un soffio la “capocciata”.
 
Grazia ha esclamato, appoggiando la sua fronte alla mia:
 
“Facciamo i mufloni?”.
 
I maschi di questa specie, nella stagione degli amori, per la conquista delle femmine si danno sonore capocciate che risuonano a chilometri di distanza. A questa sua affermazione ho cominciato a sganasciarmi dalle risate, e ridendo anche sott’acqua, nella convulsione beffeggiatoria, ne ho bevuto almeno mezzo litro. Ma è salso-bromo-iodica, fa bene…
 
Ah, che ci sia concesso di poter godere ancora di questi momenti, con i propri cari, i figli, i famigliari, gli amici, i vicini del mio villaggio: cinque minuti di relazioni umane valgono più di una giornata davanti alla tv, sui social o nelle chat. 
 
E la speranza di poterne vivere in futuro anche uno soltanto, seppur breve e piccolo, come diceva Charlie Brown, lo straordinario personaggio creato da Charles M.Schulz, non sarà mai eguagliata da una montagna di ricordi.
 
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