«Non vi fu traffico di rifiuti»
di red.

Ridimensionate in aula, per volere del pubblico ministero che ha ereditato l'inchiesta, le accuse che quasi tre anni fa avevano portato agli arresti domiciliari anche alcuni imprenditori di Sabbio Chiese



Già il tribunale del Riesame si era espresso sostenendo che mancassero i gravi indizi di colpevolezza.
Tanto con riferimento all’associazione per delinquere, quanto all’ipotesi di traffico illecito di rifiuti.

Ora anche il pubblico ministero che ha ereditato l’inchiesta punta ad aggiustare il tiro e ha chiesto al giudice di derubricare il reato iniziale, traffico di rifiuti appunto, in gestione non autorizzata.
Va così incontro ad un cambio di valutazione, e quindi di eventuali pene, il processo scaturito dall’inchiesta che portò a cinque arresti tra Valsabbia e Vallecamonica.

In manette finirono Roberto Montini, imprenditore di Sabbio Chiese dipendente della Nicho srl, il figlio Nicholas Montini, Rudi Tonni, Floriano Borra, Angelo Carugati e Maurizio Visinoni.
Tutti poi rimessi in libertà.

Secondo la ricostruzione dell’accusa
, accreditata dal giudice che aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare, i sei arrestati e altri sei indagati a piede libero, avevano dato vita ad un’associazione per delinquere finalizzata alla cessione a diverse acciaierie bresciane di rifiuti pericolosi, dissimulati fraudolentemente e venduti come rottame di ferro.

«Il rifiuto meno lo tratti e più guadagni» era una delle tante frasi intercettate durante le telefonate tra alcuni degli indagati e finita agli atti dell’inchiesta.
Un quadro che non coincide con quello tracciato dal pm che rappresenta oggi l’accusa in aula e che a distanza di quasi tre anni, era novembre 2016, ridimensiona il caso.

Ora l’ultima parola sulla richiesta di modificare il capo di imputazione spetterà al giudice dell’udienza preliminare Luca Tringali.
In aula nei giorni scorsi hanno discusso i difensori dei sei principali coinvolti che hanno sposato la linea dell’accusa, sostenendo però, a differenza del sostituto procuratore Mauro Leo Tenaglia, che il reato possa al massimo essere punito con un’ammenda.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 27 giugno.

Fonte: Citta - dal Giornale di Brescia

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