Antonio Abastanotti: storie della mia gente
di John Comini

Quando ho letto le memorie di Antonio Abastanotti (90 anni, ma è più in gamba di me!), sono rimasto colpito dalla sua vita fatta di onestà, di impegno appassionato, di valori vissuti con coerenza e con profondità umana e cristiana 


 
In quelle parole, scritte con il cuore, ci sono ricordi emozionanti, fatti simpatici o dolorosi, c’è l’amore per la “sua” Maria e per la famiglia. C’è la vita di Gavardo (simile a tutti i nostri paesi) fra negli anni ‘30 e ‘50, ci sono i rapporti tra gli abitanti della stessa comunità, che ora paiono travolti da una frenetica corsa all’individualismo.
 
Leggo: “La maggior parte dei capi famiglia erano operai o contadini, mediamente con 5 o 6 figli. Pochi i proprietari di case, le famiglie degli operai vivevano in appartamenti ristretti concessi in affitto, mentre i contadini, il maggior numero mezzadri o fittavoli, avevano anche la casa concessa dai proprietari dei terreni, con stalla per gli animali e depositi per i raccolti ed il fieno.
 
Nelle case c’era sempre un fuoco in cucina, un caminetto più o meno grande, sia per cuocere i cibi sia per il riscaldamento durante l’inverno. Anche nelle camere c’era un fuoco ma si accendeva soltanto nel caso in cui qualcuno dei famigliari fosse a letto molto ammalato, durante i mesi freddi. 
 
In cucina c’era pure un lavandino per le stoviglie, con il piano scavato nella pietra, con appesi a fianco due secchi per l’acqua. 
Non c’era l’acqua corrente in casa, si andava a prenderla alle fontane pubbliche. 
Si poteva tenere una sola lampadina accesa. Tanti uomini nel tempo libero andavano per i monti a procurarsi della legna da ardere.
 
Nelle maggiori famiglie i pasti sono frugali, non ci sono doppi piatti; a colazione del latte allungato con un caffè fatto con estratto di cicoria, con qualche pezzo di pane e poco zucchero. A mezzogiorno normalmente una pastasciutta condita con il lardo, (questo pestato e fritto formava dei piccoli ciccioli) ed una spruzzatina di formaggio grana, quando ce n’era in casa. Oppure dei fagioli in umido (abbondante), con conserva da mangiare con la polenta. 
 
Nella stagione primaverile o autunnale le mamme andavano nei campi a raccogliere le varie erbe selvatiche da mangiare lesse. Non si acquistavano verdure, raramente la frutta; mele o aranci erano passaggi rari sulle nostre mense.
Gli uomini potevano gustare il vino solo in qualche occasione a tavola con la famiglia, diversamente lo bevevano presso le osterie. 
 
I ragazzi e ragazze raramente avevano vestiti nuovi, ai piccoli venivano passati i vestiti dei più grandi, ai grandi qualche volta le mamme confezionavano vestiti con quelli lasciati da qualche parente adulto o dal papà o da qualche defunto di famiglia. Ai piedi si portavano zoccoli di legno con sopra un pezzo di cuoio ricavato da qualche vecchia scarpa o da un copertone di bicicletta o a volte acquistato. Durante l’inverno si portavano zoccoli con tomaia da scarpone. Durante la stagione più calda si andava a piedi nudi… ”. 
 
Tutti i santi giorni Antonio Abastanotti ha sempre segnato su un diario i fatti della giornata, e penso che sia un sistema eccellente sia per ricordare, sia per riflettere su quanto è avvenuto nella vita. Scrive sui temi più vari: le fabbriche, i barbieri, la scuola, le filastrocche sul carnevale, la filodrammatica, i soprannomi delle famiglie (spassosissimi!), la scelta del nuovo Ospedale (qui ha vissuto i contrasti più amari), l’oratorio e i giovani ai tempi della contestazione giovanile, l’Azione Cattolica, il canto del cigno della Ditta Manenti (dove ha lavorato), la Chiesa di Limone, 
il  bombardamento del 29 gennaio ’45, i sacerdoti con i quali ha un grande debito di riconoscenza, la splendida esperienza con gli amici volontari in Mali… 
 
Antonio racconta della sua famiglia, del matrimonio con Maria (cuoca eccellente, da cui il figlio Aldo ha ereditato l’arte), tratteggia alcuni personaggi: Renato Paganelli, Giuseppe Lani, Gabriele e Orsola Avanzi (Orsolina), Nestore Baronchelli, Doriddo Bertuetti, Guido Franchi, Angelo Bonomi, Rita Ferretti Zane, Paolo Bresciani (Paulì de la Pace), Ugo Chiodi, Famiglia Dusi, Pietro Gazzorelli, Italo e Gino Tedoldi, Andrea Codurri, Gian Carlo Gelmetti, Cesare e Francesco Massolini, Natale Mora, Francesco Ortolani, Giacomo Poletti, Angelo Susio, Luigi Zanetti, Angela Tebaldini, il maestro Baronchelli, Carlo Peduzzi, Enrico Devotie molti altri ancora.
 
Come scrive Baricco, “è come se ci portassimo dentro un vecchio narratore che per tutto il tempo continua a raccontarci una storia mai finita e ricca di mille particolari. Lui racconta, non smette mai, e questa è la vita.”
 
Dai ricordi di Antonio ho tratto le cose che meglio possono sintetizzare una vita (ammesso che si possa farlo). Sabato 11 maggio verranno rappresentate al Teatro Salone di Gavardo, alle ore 20.30 con ingresso libero. Ci sarà un cast d’eccezione: Andrea Giustacchini, Paola Rizzi, Luca Lombardi, Rosa Micheli, Antonella Pialorsi, Lucia Pappalardo, Enrica Bertini, Daniela Salvi, con la collaborazione tecnica di Peppino Coscarelli e i video di Sara Ragnoli. 
 
Prima dello spettacolo, Marco Piccoli e Marcello Zane presenteranno il libro “Il ciliegio proibito (storie, personaggi e retroscena del novecento gavardese)” Liberedizioni, con la copertina disegnata dall’amata nipote Chiara. Grazie agli amici Mauro e Beatrice, al loro nipote Jacopo, grazie alla Parrocchia di Gavardo e alle persone che hanno collaborato. 
 
Che dire? Antonio Abastanotti per me è un mito, talis e qualis a Francesco Guccini!
 
“La casa sul confine della sera oscura e silenziosa se ne sta,
respiri un'aria limpida e leggera e senti voci forse di altra età…

La casa sul confine dei ricordi, la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire l’anima che hai…

Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
come il fiume che ti passa attorno…

La casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta 
e provi un grande senso di dolcezza...”
 
Antonio per gli impegni nel sociale spesso era via di casa, e sono commoventi le parole dedicate alla moglie: “Purtroppo portai via molto tempo libero alla mia famiglia. Sarò sempre grato alla mia cara moglie Maria, per l’impegno che si dovette sobbarcare nel seguire i ragazzi, allora molto giovani… e per avermi sempre compreso e consigliato, nonostante le facessi poca compagnia.”
 
E alla fine del libro scrive: “Le mie memorie si fermano qui, per ora, ma la storia continua e continuerà anche quando io stesso sarò passato a miglior vita. Sono immensamente grato al Signore perché mi ha fin qui aiutato, con la salute e con la famiglia, anche se ho tante volte forzato la mano alla Divina Provvidenza nella quale ho sempre creduto e crederò sempre.”
 
Grazie, caro Antonio, grazie per quello che hai fatto per il bene del paese, sei un esempio per tutti noi! Ti auguriamo molti anni di vita, di salute e di amore. E continua a scrivere, mi raccomando!
 
maestro John
 
Nelle foto:
- Il matrimonio di Antonio e Maria Poli, 6 settembre 1952
- I figli Maurizio e Aldo
- Riunione di famiglia per il 60° compleanno di nonno Umberto, 16 agosto 1965
- Attori e tecnici dello spettacolo “La cassapanca dell’Adele” in occasione dell’80° di Antonio nel 2009, da sinistra: John, Rosamaria Micheli, Manuela Bonacina, Lucia Pappalardo, Enrica Bertini, Antonella Pialorsi, Antonio e Maria,Luca Lombardi, Marianna Folli, Peppino Coscarelli, Paola Rizzi e Andrea Giustacchini (foto di Antenore Taraborelli)
 
PS.- Apprendo solo ora che è partito per il Paradiso il caro Bruno Pettini, una persona buonissima, cordiale e sempre accogliente. Quando mi incontrava, già da lontano mi salutava con un grande sorriso e mi raccontava simpatiche battute con la sua voce dal tono inconfondibile.

Sono vicino alla famiglia, alla sorella Rosa ed ai fratelli Carlo e Aldo. Ciao, Bruno, ora farai sorridere gli angeli! 
 
 
 
190505-john1.jpg 190505-john1.jpg 190505-john1.jpg 190505-john1.jpg