Storia di Lamine, quando l'integrazione funziona
di Cesare Fumana

Il ventenne della Costa d’Avorio, rifugiato per motivi umanitari è entrato lo scorso aprile nel progetto Sprar a Serle, e grazie allo sport ha trovato la chiave per integrarsi nel paese


Si chiama Mohamed Lamine Dosso, vent’anni sulle spalle e un cuore che batte per il calcio, sport grazie al quale è riuscito ad integrarsi ottimamente nel paese di Serle.

Lamine, per lo Stato italiano, è un rifugiato per motivi umanitari, nella realtà un ragazzo semplice come tanti, umile e desideroso di amicizie e di futuro.

È originario della Costa d’Avorio, paese che ha lasciato ancora adolescente spronato dal fratello maggiore Moussa. Troppo forte in quegli anni il conflitto sociale nello stato Africano ove la guerra civile imperversava e il padre di Lamine, di nome Vasse, membro del corpo di polizia e schierato dalla parte del presidente, era frequente bersaglio di atti violenti da parte dell’opposta fazione rivoltosa.

Lamine fugge quindi con il fratello prima in Burkina Faso poi in Tunisia, ed in tale viaggio viene informato della morte del padre e poi della madre, entrambi uccisi da colpi di pistola durante un agguato. Il padre morì subito mentre la madre, in prima battuta, sopravvisse alcuni giorni ma trovò la fine in ospedale.

Arriva poi in Libia con il fratello per tentare la traversata del Mediterraneo. Negli smistamenti alla partenza, racconta Lamine, vengono divisi e ad oggi di Moussa non ha più notizie: “Sono stato più volte anche in prefettura e in questura ma di mio fratello non c’è traccia in Italia” afferma incredulo.

Sbarcato in Italia, dopo un viaggio “devastante”, ripete più volte con le mani sul volto al solo ricordo, viene dapprima trasferito al Pampuri di Brescia e dopo poche settimane al centro di accoglienza straordinario di Gambara, vicino a Montichiari, dove resta per 6 mesi.
Nell’aprile 2018 viene trasferito a Serle nell’allora nascente progetto SPRAR istituito dall’amministrazione comunale in collaborazione con la cooperativa AREA. Una tipologia di progetto, lo SPRAR, finanziata dal ministero dell’Interno, che già avevamo illustrato e che comportava diversi vantaggi e punti di forza: in primis quello di una maggior assistenza e cura dei ragazzi con l’obiettivo anche di favorire la loro integrazione con la comunità locale.

Un progetto che ha incontrato, inizialmente, alcune resistenze e tra le altre proprio quella dell’Unione sportiva Serle, che manifestò timori e perplessità soprattutto per il luogo individuato per la residenza di alcuni dei richiedenti asilo, ovvero il primo piano dell’edificio ove risiedeva e tutt’ora abita il custode del centro sportivo comunale.

Un anno dopo da quell’inizio difficile, Lamine gioca in pianta stabile nell’US Serle sin dal novembre scorso. Alterna partite con la squadra juniores e con la prima squadra che milita in 3^ categoria. È tifoso della Juve e nel gioco si ispira a Joao Cancelo, di ruolo esterno, anche se apprezza molto anche Lorenzo Insigne del Napoli. “Con la squadra e i compagni del Serle mi sono trovato benissimo e ringrazio tutti per avermi accolto” dice.

«Una bella storia che fa bene al cuore – commenta il sindaco di Serle, Paolo Bonvicini – e che riscatta Serle e i Serlesi anche da certi episodi, più o meno recenti, che non hanno certo contribuito a dare un’immagine positiva del paese. Come amministrazione siamo orgogliosi di aver attivato il progetto SPRAR nel nostro territorio. Eravamo davvero in pochi a crederci all’inizio. La storia di Lamine è la prova che la scommessa è stata vinta e che Serle ha in sé, anche e soprattutto, valori positivi quali quelli dell’accoglienza, della condivisione e dell’apertura all’Altro. Un grazie alla Cooperativa Sociale Area che sta attuando ottimamente il progetto. Un grazie doveroso all’US Serle per aver sostenuto il progetto e superato timori e perplessità, iniziali conservando la fiducia verso l’amministrazione comunale. Un grazie davvero a tutta la squadra: dai dirigenti, al mister, ai giocatori».

«Non possiamo non dire – prosegue il primo cittadino – che Lamine è entrato nel progetto SPRAR con il titolo di Rifugiato per motivi umanitari, un titolo che è stato soppresso dal Decreto Sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Salvini e che ha previsto anche importanti tagli di risorse a questa tipologia di progetti. In una sorta di “sliding doors”, si può dire che se Lamine fosse arrivato in Italia un anno dopo non avrebbe ottenuto alcun titolo e, dopo l’esperienza nel CAS, sarebbe stato abbandonato a sé stesso senza aver appreso la lingua italiana, senza aver acquisito alcuna competenza lavorativa e senza alcun titolo per rimanere in Italia. E soprattutto non sarebbe approdato nel progetto SPRAR di Serle privandoci di questa bellissima storia».

Ora, a fine aprile, Lamine dovrà lasciare lo SPRAR in quanto il tempo di permanenza che prevede tale tipologia di progetto è di massimo un anno. “Un anno dove ho imparato tante cose" afferma. Ricorda il corso di italiano e il tirocinio lavoro svolto alla Gavardo Caldaie, di Gavardo, dove ha imparato a svolgere alcune mansioni, tra le altre quelle della saldatura e smussatura dell’acciaio.

Ora spera di poter trovare una casa ed un lavoro vicino a Serle per continuare a giocare con i suoi amici e compagni di squadra che sono divenuti per lui come tanti fratelli, nei quali ha potuto ritrovare quei legami affettivi che la perdita dei genitori e del fratello di sangue la vita gli ha tolto.

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