Diario di viaggio dall'Australia
di Francesco Turnero

Riceviamo e pubblichiamo volentieri il racconto di un giovane valsabbino in giro per l’emisfero australe, un'esperienza che ha segnato la sua giovane vita



Nel mio ventiseiesimo anno c’è stato spazio per un nuovo continente. Primordiale ma non selvaggio. Fatto di terra rossa e eucalipti.

C’è stato spazio per distanze che sembravano non colmarsi mai ed ogni arrivo diventava punto di partenza in un perpetuo inseguire me stesso.

Nei miei occhi c’è stato spazio per l’infinito cielo stellato del sud del mondo, dove ho sentito il peso dell’universo, dove il sole ha incendiato i miei tramonti ed ho desiderato di vivere in un eterno crepuscolo per contarne i colori.

Sulla mia pelle c’è stato spazio per graffi, tagli, punture e bruciature, ma c’è stato anche spazio per gli abbracci ricevuti da fraterni sconosciuti che hanno camminato con me.

I miei timpani hanno vibrato al canto di uccelli ancestrali, hanno danzato con le frequenze di antichi strumenti della vera gente e si sono commossi con l’eco delle immense cattedrali di roccia, perse nel silenzio del deserto.

Nel mio petto c’è stato spazio per tutta l’aria dell’oceano all’alba e c’è stato spazio per l’ossigeno che punge delle montagne. C’è stato spazio per gli enormi respiri trattenuti quando ho avuto bisogno di raccogliere tutto il mio coraggio e c’è stato tanto fiato per gridare “buona fortuna” ai compagni di viaggio.

Ma nel petto non c’è stato più spazio per il cuore.

È cresciuto come un bimbo nella pancia della sua mamma. Dieci, cento, mille volte! È cresciuto a dismisura.
Si è nutrito di pensieri, sorrisi, paesaggi e culture.
Si è nutrito dei sì ma anche dei no che la strada mi ha dato.
Si è nutrito di sassi, di conchiglie e di piume messi nello zaino o fra le pagine di un libro.
Si è nutrito di cartine geografiche e di collane.
Si è nutrito del profumo dei fiori d’arancio e del fango attaccato alle scarpe. Si è nutrito di ostelli, stanze disordinate e poca intimità.
Si è nutrito di automobili sgangherate e taniche e taniche di benzina.
Si è nutrito degli 8500km che mi hanno portato ad amare questa grande, sterminata isola.

E quindi, visto che ormai è troppo grande per poterlo riportare a casa, il mio cuore lo lascio qui dove ha imparato ad amare.

Lascio il mio cuore a quest’isola che non c’è, come un moderno Peter Pan, con la promessa di tornare presto a riprenderlo.

Francesco Turnero
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