Bachi e cavalére
di Aldo Pasquazzo

Un’operazione di recupero della memoria quella che si terrà venerdì sera a Storo dove si parlerà della coltivazione dei bachi da seta, molto diffusa nelle campagne fino alla metà del secolo scorso


Le nuove generazioni sanno poco o niente di cavalére, bozzoli, gelsi e bachi da seta. A Storo, dove sino al 1947 quel fenomeno era assai diffuso, avendo avuto nel contempo una certa impronta nell'economia di paese, se ne parlerà alle 20,30 di questo venerdì 22 febbraio, nell'auditorium comunale di Piazza Europa.

A relazionare più persone, avanti con gli anni, ma che quella realtà, conclusa negli anni 50 prima di far posto alla coltivazione del tabacco da parte della fondazione Bleggi, l'ha conoscono non per sentito dire ma perchè l'hanno vissuta e praticata. Allora di alberi di gelsi se ne vedevano ovunque, rispetto alla rarità di adesso.

A fare da trait d'union all'interessante iniziativa, il Circolo pensionati dei Voi e l'assessorato alla Cultura che per la circostanza saranno rispettivamente rappresentati da Donato Candioli ed Ersilia Ghezzi, ai quale spetterà per la loro parte introdurre e portare i saluti dei rispettivi enti.

Per più di quattro mesi - avverte il geometra Candioli - diversi nostri anziani sono stati impegnati in una ricerca storica su bachi e cavalère, il cui ciclo produttivo durava una quarantina di giorni. Ora su quei riscontri, avvallati da ricerche conservate su alcuni testi come Parlar da Stor (edito da Giovanni Poletti ) o informazioni di prima mano raccolte nel tempo dall'insegnante a riposo Gianni Cortella, sarà possibile trarre ulteriori testimonianze in modo da comprendere raffronti e significati come somèse, scartòc, foglie di gelso e cambi di pelle da parte dei bachi”.

A moderare la serata
sarà Salvatore Giacomolli che darà la parola a Massimino e Teresina Ferretti, Luigi Poletti e Bepi Zontini.
I quattro ultraottantenni sono considerati a tutti gli effetti i veri testimoni della Storo di una volta. Parte di quei loro racconti sono già stati raccolti, catalogati e messi online dall'agenzia Capelli.

Altra testimonianza, però, arriva anche da Giovanni Grassi, un tempo vice sindaco di Storo nell'era malferiana. “Direi che le persone chiamate ha illustrare quelle esperienze sono le uniche ancora rimaste e che possono fare da testimoni di un’attività e storia di paese che molti adesso nemmeno conoscono. Ricordo che all'epoca si raggruppavano più famiglie e dentro il màstac si dava corso al processo di lavorazione .Questo avveniva in quel locale, solitamente dislocato al primo piano (màstac), considerato multiuso nelle case contadine. La pratica delle cosiddete cavalère a mes” (coltivazione in comproprietà) era assai diffusa: una famiglia metteva a disposizione le piante di gelso e l'altra invece prestava il lavoro necessario per la coltivazione”. Ancora Giovanni Grassi: “Una volta ottenuti i bozzoli con il filo di seta, si vendevano alla coop e si faceva una grande festa, e le donne per l'occasione indossavano il vestito più bello del loro misero guardaroba. Poi, ottenuti i soldi, per prima cosa si andava alla stessa Famiglia cooperativa a saldare il costo delle somèse”.

Dopo questo singolare appuntamento, il circolo dei Voi ha in programma per mercoledì 27 febbraio la presentazione del film “Funne” di Daone che all'epoca sognavano il mare mentre per il 6 di marzo sarà la volta di “Carbonai”, una serata che sarà qualificata dalla presenza di esperti del Muse, tra cui Matilde Peterlini e Luca Scoz.

In foto:
. i quattro esperti coltivatori di bachi da seta
. bachi e cavalére
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