Dalla parte del cane 2
di Rhapsody

Dopo qualche tempo avevo imparato come muovermi dentro casa e fuori, stavo attento a non avvicinarmi troppo a quell’uomo perché chissà quali conseguenze ci sarebbero state se mi fossi trovato troppo vicino, sembrava un cane rabbioso a tre teste, letale..


(qui la prima parte)


Spesso giocavo con il bambino e mi facevo coccolare dalla dolce donna, l’uomo mi guardava invece con disprezzo come se puzzassi di un cattivo odore anche se l’unico odore che avevo era quello del latte e dell’amore.

Dopo circa 4 mesi mi ero abituato a questa situazione, io stavo nel mio e lui stava nel suo.
Io e l’uomo avevamo imparato a convivere tranne per qualche eccezione quando per sbaglio mi tirava dei calci o mi lanciava il giornale sulla testa.
Non riuscivo a stargli simpatico, eppure obbedivo sempre alla donna e stavo a cuccia quando me lo dicevano, anche se non proprio sempre ma facevo del mio meglio.
Io miglioravo ma l’uomo non aveva intenzione di cambiare atteggiamento, era così ostinato nel suo odio.

Stavo giocando nel giardino con il bambino, mi lanciava la pallina e io correvo per riprenderla. A volte mi piace solo stare all’ombra a mordere la mia pallina solo che quella volta il bambino voleva continuare a giocare e così provava a prendermela dalla bocca.
Ad un certo punto l’ho mollata e così il bambino l’ha lanciata più lontano, mi sono alzato lentamente e sono andato verso la pallina.

Una volta raggiunta mi sono sdraiato con l’intenzione di non alzarmi più, quel giorno faceva troppo caldo e io avevo corso fin troppo, stare sull’erba fresca era il mio solo desiderio.
Ah il bambino, lui era pieno di energie e non mi mollava un attimo, mi stavo anche innervosendo ma non volevo farlo vedere, in fondo mi vuole bene e anch’io gliene voglio, ma a volte non capisce che quando è troppo è troppo.

Continuava a stuzzicarmi e tirarmi via la pallina, non lo sopportavo più e quando mi ha messo la mano in bocca per prendermi un’altra volta la pallina l’ho morso.
Non volevo fargli male, volevo solo fargli capire che ero stanco e che mi stava facendo arrabbiare. Avevo circa sei mesi e i miei denti erano più affilati che mai, davvero non volevo fargli male ma è stato istintivo e il nervosismo non mi ha fatto pensare, devo avergli forato la pelle delle mani perché il sangue ha cominciato a scorrere sulla sua mano e nella mia bocca fino a gocciolare sul mio pelo nero.

Senza volerlo avevo morso troppo in profondità e il bambino accorgendosi del sangue ha cominciato a piangere e chiamare suo padre perché purtroppo la madre non era in casa in quel momento.
Ho subito mollato la presa sperando che smettesse di urlare ma continuava e poco dopo è arrivato l’uomo scocciato ma preoccupato del bambino.

Nel vedere la sua mano e il mio pelo insanguinati l’uomo si è infuriato ed è venuto verso di me come se volesse mangiarmi. Stavo pensando di scappare o di nascondermi, non avevo mai visto un essere umano così rabbioso e affamato.

Ma perché affamato? Sembrava che volesse mangiarmi vivo, aveva proprio lo sguardo di qualcuno che non aveva potuto mangiare per mesi e che finalmente avesse trovato una preda per sfamarsi.
Ho nascosto la testa tra le zampe anteriori nel tentativo di nascondermi, pensavo che se mi fossi alzato sarebbe andata peggio, forse mi avrebbe inseguito e probabilmente mi avrebbe preso.

Restare calmi in quel momento mi sembrava la cosa meno peggio da fare, poteva risolversi facilmente la situazione, una sgridata o una giornalata sulla testa e via.

(continua)


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