Dentro me, in un attimo
di sph

Quante emozioni possono essere riportate alla memoria da uno scatto fotografico. L’esperienza di due studentesse del Perlasca


Una luce fioca filtrava delicatamente dalle persiane, l’acqua era tiepida ancora qualche minuto e sarebbe diventata gelida, la stanza era in penombra e priva di ogni singolo rumore e movimento. Solo il respiro che creava dei piccoli solchi sull’acqua.

Restai ferma ad ammirare la composizione di calma e malinconia, come se fossimo due anime distinte.
Stringendo le ginocchia al petto sapevo che avrei trovato conforto, era una posizione che facevo spesso, mi faceva tornare bambina.
La pelle presentava dei piccoli puntini in rilievo, c’erano ancora delle gocce che scendevano sulla schiena, sul mio corpo umido e infreddolito.

Stavo bene: più me lo dicevo e più non ci credevo, avevo solo bisogno di respirare; capita spesso di sentirsi bloccati: quanto tempo sprecato inutilmente, quanti sbagli e momenti persi.

Ero piccola quando per la prima volta affrontai il mondo, indifesa mi reggevo sulle gambe mentre venivo travolta dalla vita, ed indifesa restavo.
Cercando di passare inosservata mi inoltravo all’avventura, guardavo il rischio da lontano però, lo attendevo seduta sul bordo di una panchina di legno, troppo bassa per poggiare i piedi sul terreno. Sapevo che sarebbe arrivato.

Rimembrai ogni momento passato ma ormai il mio corpo piangeva circondato da un’acqua divenuta gelida, la luce si faceva più profonda riflettendo su di essa con prepotenza; svelò dolcemente la mia vulnerabilità intorno al grigiore della stanza.

All’improvviso non mi sentivo più sola, iniziai a sentire il mio cuore battere nel silenzio, sentivo il calore dei suoi abbracci che mi rassicuravano e proteggevano, nel mio sconforto avevo trovato un’anima calda che, come un raggio di sole, mi asciugava dall’acqua; dalla vita.


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