Niente più blocchi stradali
di Ubaldo Vallini

Dopo dieci giorni di ricerche, la macchina dei soccorsi viene "rimodulata" e diventa presidio: per oggi ancora coi Vigili del fuoco, da lunedì con la Protezione civile di Serle. L’appello del papà di Iushra


«L’hanno cercata tanto e bene, Iushra non è qui. Io però la voglio riabbracciare e riportare a casa. Chiedo a tutti nei paesi attorno, se la dovessero incontrare, di chiamare subito il 112».
Così l’appello di papà papà Mohamed Liton Gazi, nella sua infinita sofferenza causata dal non sapere che fine possa aver fatto sua figlia.

Intanto c’è aria di smobilitazione a Cariadeghe.
Scaduta l’ordinanza sindacale, da questa mattina, non ci sono più blocchi stradali a Cariadeghe.
Non è più necessario, insomma, filtrare la presenza delle persone sull’Altopiano, come è stato fatto per una decina di giorni.

Anche se nessuno ammette la conclusione delle ricerche, perché il “capitolo” resta aperto fino a quando non si capirà dov’è finita Iushra, di fatto il Carso bresciano torna nelle disponibilità dei serlesi e di coloro che da sempre, in gran numero, salgono fin lassù per godere delle sue peculiarità naturalistiche.

Sarà molto difficile, però, per mesi se non per anni, in mancanza di notizie certe sulla fine di questa ragazzina, per chi ha vissuto tutti questi giorni con ansia, evitare di guardare fra le fronde, nell’illusione di vederla saltar fuori da un momento all’altro.

In qualche modo torna la normalità a Serle? L’abbiamo chiesto al sindaco Paolo Bonvicini che ha lasciato l’Altopiano solo nelle ore dedicate al sonno, per rimettersi poi a disposizione al mattino presto.

«Non lo so, ci vorrà del tempo prima di capire quali segni avrà lasciato questa vicenda che, un po’ alla volta, col passare dei giorni, ha ucciso la speranza lasciando in tutti noi una infinita tristezza – ci ha detto -. Credo però che nessuno di noi abbia da rimproverarsi qualche cosa: i soccorritori, ma anche i miei concittadini, tutti hanno fatto la loro parte con determinazione mettendo a disposizione corpo e anima nel tentativo di raggiungere un risultato, che purtroppo non è arrivato».

I conoscitori del posto hanno accompagnato decine e decine di “missioni”, macchina amministrativa, alpini, Protezione civile e ristoratori, hanno gestito con cura la logistica necessaria a rifocillare una complessa macchina delle ricerche che ha coinvolto almeno 1.500 unità, nelle diverse specializzazioni, anche per più giorni.

Non doveva finire così. Non può finire così
: «Come possiamo continuare a vivere tranquilli, senza sapere che fine ha fatto quella bambina?» ci chiede e si chiede in paese una donna, stropicciandosi gli occhi. Interpretando cosi, con poche parole ed un gesto, il sentire di tutta una comunità.


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