C'era una volta una gatta
di John Comini

Anzi no. C’era una volta un gatto. E c’era un ragazzo fragile, che nella vita aveva commesso un sacco di errori. Quello che vi racconto oggi è una favola. Anzi no. È una storia vera


C’è un ragazzo alla deriva, come ce ne sono tanti. Ha problemi di tossicodipendenza, è passato attraverso alcool e droga. La sua vita è un fallimento totale. È solo, senza alcuna prospettiva. Una vita da schifo. Sognava di diventare una rockstar. Fallimento. Sognava di diventare ricco e famoso. Fallimento. È senza soldi, senza un tetto sulla testa, è schiavo della droga. Come tanti. Non ha un lavoro, non ha una famiglia su cui contare. Vive alla giornata. Per poter campare cerca di guadagnare un pezzo di pane esibendosi come artista di strada. Una chitarra, qualche canzone e pochi soldi elemosinati da passanti che vanno via di fretta. Del resto, ognuno ha i suoi problemi, non è facile raccogliere la pietà della gente.

Sulla strada il ragazzo incontra spesso violenza e intolleranza. Insomma, la vita è magra, la strada della disperazione è sempre più buia. Una sera, mentre si trova nella vasca da bagno di un alloggio popolare (c’è sempre qualche anima buona che offre un riparo) il ragazzo sente un rumore proveniente dalla cucina. Va a vedere: è un gatto, rannicchiato in un angolo, indifeso. Il ragazzo pensa che possa appartenere ad un vicino di casa, allora si impegna a trovarne il proprietario.  Ma non ha fortuna, quindi pensa che si tratti di un gatto randagio. Si accorge che è ferito ad una zampa, così il ragazzo lo medica. Poi lo libera in strada, convinto di non rivederlo più: “Vai, cerca altri padroni, qui non c’è trippa per gatti”.

L’ultima cosa di cui ha bisogno è un animale in casa. Ma il gatto non lo molla, continua a girovagare nei pressi del suo povero alloggio. Allora il ragazzo esce, e il gatto lo segue. Dove va il ragazzo, va anche il gatto. Per nulla al mondo intende separarsi dal suo nuovo “padrone” e lo segue ovunque. Instancabile. Finché al ragazzo non rimane che arrendersi. Va bene, stai con me. Non resiste a quella palla di pelo. Gli dà un nome: Bob.

Ma il ragazzo non immagina quanto la sua vita stia per cambiare, grazie a Bob. Quando si mette a cantare con la chitarra, Bob gli sta accanto, gli fa compagnia, gli sale anche in testa. Il ragazzo canta, il gatto pare faccia il coro miagolando. Se prima il ragazzo era una specie di fantasma, ignorato dai passanti frettolosi, ora il gatto lo rende magicamente visibile. Qualche bambino si ferma, qualche genitore sorride, qualcuno riprende col cellulare quella strana coppia ragazzo-gatto.

E qualcuno carica su Youtube la loro immagine, che fa il giro del mondo in pochi giorni. È uno strano miracolo, il lato positivo di un mondo in cui i social possono decidere della vita o della morte di qualcuno. Questa volta i social e la rete sono utili. Come tutte le cose, dipende da come le usi: un coltello serve a dividere il pane con qualcuno o a fargli male.

“C'era una volta una gatta
che aveva una macchia nera sul muso
e una vecchia soffitta vicino al mare
con una finestra a un passo dal cielo blu
Se la chitarra suonavo
la gatta faceva le fusa ed una
stellina scendeva vicina, vicina
poi mi sorrideva e se ne tornava su” (Gino Paoli)

Un giornalista viene a sapere della faccenda, contatta il ragazzo (e il gatto) e scrive la loro strana storia in un libro. Si intitola “A spasso con Bob”, tocca il cuore di milioni di lettori, diventa un best-seller e viene tradotto in 30 lingue. Da libro si ricava un film, lo sfortunato ragazzo ed il gatto diventano due star mondiali. Ma il ragazzo non si è dimenticato di quello che era. Da un incontro casuale  ha preso il coraggio che gli mancava per ripartire, senza dimenticare chi è stato. Oggi che può vivere serenamente, si impegna per i senzatetto e per gli animali senza rifugio.

È una meravigliosa storia di amicizia, un inno alla vita ed alla possibilità dei miracoli. È un messaggio di tenerezza e di speranza, è –perché no?- una storia d’amore. Il ragazzo ha curato la zampa del gatto, il gatto ha curato le profonde ferite dell’anima del ragazzo. Il ragazzo si chiama James Bowen, la storia è successa a Londra. Ma il ragazzo può essere un ragazzo di qualsiasi parte del mondo, e di gatti ce n’è un’infinità.

Questa storia mi ha insegnato che la fortuna va e viene, e che se sei fortunato devi condividere la tua felicità con gli altri. Questa storia mi ha insegnato che c’è sempre una seconda possibilità. C’è un sacco di gente che dipende dal fumo, dalla droga, dal sesso, dal gioco. C’è un sacco di gente che non ce la fa ad uscirne, e dilapida i beni della famiglia, distrugge gli affetti più cari. C’è un sacco di gente che sa di sbagliare ma non ce la fa, e muore lentamente in fondo alla propria anima. C’è un sacco di gente che pensa solo ai soldi, al potere. C’è un sacco di gente che non si accontenta mai, e che dà sempre la colpa agli altri. Tutti ci sentiamo spesso migliori degli altri e li giudichiamo, dall’alto della nostra superbia. Tutti abbiamo in nostro personale libro degli errori, ma ce lo teniamo nascosto in fondo al cuore e continuiamo a sbagliare, tradendo prima di tutto noi stessi.

“Tutto questo lo sai e sai dove comincia
la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia
perché siam tutti uguali, siamo cattivi e buoni
e abbiam gli stessi mali, siamo vigliacchi e fieri,
saggi, falsi, sinceri... coglioni!”
(Francesco Guccini)

Spero tanto che qualcuno legga questa storia. Spero tanto che qualcuno non si lasci andare. È così facile chiudersi a riccio, è così facile aver paura degli altri, è così facile buttarsi via. C’è sempre una seconda possibilità. E anche una terza. E una quarta. Dicono che i gatti abbiano sette vite (qualcuno dice addirittura nove). Noi ne abbiamo solo una, di vita. Ma possiamo sempre cambiarla. Dipende da noi. A volte basta poco. A volte basta qualcuno che ci sorrida. A volte basta qualcuno che ci tenda una mano. A volte basta una debole luce in fondo al tunnel. A volte basta un meraviglioso, simpatico e testardo gatto. O era una gatta?

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.
maestro John

Le prime due foto sono dell’amica Sara Ragnoli, le altre due le ho scattate moltissimi anni fa. Miaoooo!

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