Mio cognato Sergio
di John Comini

Sabato alle 5 della sera ci ha lasciato Sergio Franceschetti. È mio cognato, perché ha sposato mia sorella Rita


Quando Rita ha detto a me e a mia moglie che Sergio era ammalato, abbiamo capito che era una faccenda piuttosto grave, ma non avremmo mai pensato fino a questo punto.
Era stato portato in Ospedale a Brescia, e speravamo che la cosa si risolvesse.
Poi i dottori han detto che gli mancava solo un mese di vita e siamo caduti nello sconforto.

Abbiamo continuato a pregare.

Mia sorella, che vive da sempre una fede autentica, diceva “Sarà quel che Dio vorrà”.
Ma non pensavamo che Sergio ci avrebbe lasciato così presto. E sono sincero: forse da lassù qualcuno non ha voluto che soffrisse troppo.

Se n’è andato in cielo senza disturbare.
Sabato pomeriggio stavo scrivendo il prossimo articolo ed ho sentito il rintocco funebre delle campane. Chissà perché, ho avuto il presentimento che Sergio fosse andato in Paradiso, e mi sono cadute le lacrime sulla tastiera.
Purtroppo era vero, perché dopo un po’ Rita piangendo ha comunicato ad Emi la triste notizia. E adesso sono qui, davanti al computer, e faccio fatica a scrivere, perché non mi sembra ancora vero.

Ma ora vorrei parlarvi di mio cognato Sergio con il sorriso, perché so che lui vorrebbe così.
Sergio e Rita sono sempre stati una coppia unita, condividendo i valori della fede cristiana, del rispetto reciproco e dell’onestà.
Sono sempre stati innamorati, creando nella propria famiglia un mondo d’amore.

Mentre mia sorella (come mia mamma) era dolcissima e aveva sempre parole buone e dolci con tutti, Sergio usava poche parole, aveva un modo diretto ma sotto si sentiva battere un cuore d’oro.
Quando era bambino, affrontava le situazioni senza tentennamenti, come quella volta che il macellaio gli aveva dato una bistecca piuttosto scadente.

È toccato a lui, bambino, riportarla dal macellaio per farla cambiare, e quando el bechér gli ha detto “Daghela al cà!” lui ha replicato “Daghela tè al tò cà!”.
La mamma di Sergio si chiamava Santa, ma tutti la chiamavano Lina. Sergio ha imparato mille canzoni dal papà Cecchino. Era molto simpatico (sicuramente Sergio tante battute le ha ereditate dal papà), raccontava le sue storie ai nipoti, ed io ne avevo riportato una in dialetto…

“Me recorde che el me nono el naa col caret.
El ghaia un caal orbo orbento, ma l’era tat brao che el saia la strada a memoria.
Ala matina prest el nono el carghaa el caret coi sacc del ris, el faa töta la strada fino a Munticiar, po’ là le scargaa el caret töt da sul.

L’era picinì, el nono, ma el ghaia una forsa  petei... El mitia sö öna spala un sacc, ma l’era pesante nèh, e te vidiet apena le sò dò gambine e el sac che caminaa da sul.
Che dopo quand che el turnaa a casa, che ghera mia le lampadine come adess, e ghera öne scűr del diaol, e la strada se la vidia mia, e en giro pasaa nisì, che fael el nono?
El ghe disia al caal: Va lààà! El el caal el partia, e el nono el durmia sel caret, fino a quand che turnaa a casa.”


Mio cognato Sergio aveva frequentato l’oratorio
, e come tanti suoi amici aveva interiorizzato gli ideali di carità, di altruismo, di servizio.
Ricordo che da ragazzo lo avevo avuto come catechista, e una volta aveva parlato del conflitto in Vietnam e dei soldi che ne ricavava l’industria degli armamenti sulla pelle delle persone. 

Sergio apparteneva ad una generazione di persone che spendevano il proprio tempo libero nell’impegno responsabile, magari discutendo e litigando, ma sempre alla ricerca del bene comune e non del proprio interesse.
Ecco perché, oltre al lavoro, Sergio si è sempre impegnato nell’Azione Cattolica, nella Democrazia Cristiana, nell’Ospedale e nelle varie associazioni.

Ha fatto il vice quando era sindaco il mio amico Tano Mora, che quando era finito il secondo mandato gli aveva scritto:
Ora spetta ad altri governarci, nella speranza che più della bravura siano onesti…
La tua Rita, come la mia Rina, ci hanno seguiti, confortati, calmati, rassicurati, curati, ed anche loro con la convinzione che stavamo facendo un servizio alla comunità, eppure erano nascoste, ma preoccupate e responsabili come noi, loro nel silenzio, noi nel rumore.”


E infatti, se spesso Sergio la sera era impegnato
, sapeva di avere sempre Rita a casa, che seguiva i bravi figli e a cena preparava il minestrone fatto con i frutti dell’orto. Perché Sergio era bravo anche nel seguire l’orto ed il giardino, che curava con passione.
Sergio diceva sorridendo che aveva l’aureola in testa per sopportare mia sorella, ma sapeva di essere stato fortunato ad incontrarla.

Ogni due anni Rita e Sergio volavano in Venezuela
a trovare il fratello di Sergio, don Luigi.
Sorrido al pensiero che Sergio scopava le foglie del cortile, e suo fratello gli diceva: “Ma tanto poi il vento le fa di nuovo cadere!”
Ma Sergio non desisteva, non ce la faceva a starsene con le mani in mano. Uno dei momenti più commoventi della mia vita l’ho vissuto proprio sabato, quando il fratello don Luigi ha recitato la preghiera dei defunti dinanzi al fratello.

Nella stanza c’erano Rita, i figli Marcello con Daniela e Donata con Alberto, la sorella Margherita con Natale e il fratello Fausto con Ornella, oltre a mio fratello Franco, Piera ed altri.
Sua sorella Franca era a casa ad accudire il marito Agostino. L’amico Fausto è sempre stato un campione dello sport, un grande atleta, e ha avuto la sfortuna di essere colpito da una malattia. Però pochi giorni prima era andato a trovarlo e Sergio gli aveva sorriso, apprezzando il suo sforzo per incontrarlo.

Dopo la pensione Sergio è stato presidente della Scuola dell’infanzia “Quarena” di Gavardo.
Le maestre ed i bambini gli hanno dedicato questa filastrocca.

“Cammini sempre da vero Alpino
e mi fai sempre un sorriso.
La tua voce non si alza mai
anche quando faccio dei guai!

Se combino una marachella
mi dai pure una caramella.
Se le maestre ti fanno arrabbiare
quelle sì…le puoi sgridare!

Noi per te siam più importanti
sei felice quando siamo in tanti!
È per questo che tu per me
con il tuo cappello…se un Re.

Sei il Re di questa scuola
bella così ce n’è una sola!
E allora in coro ti diciamo
che è tanto il bene che ti vogliamo!”


Mio cognato Sergio era un alpino doc, orgoglioso di esserlo, non perdeva una sfilata con la “Monte Suello”.
Non mancava mai alle feste degli alpini in Tesio, e Rita lo accompagnava, dando una mano alla preparazione del rancio.
Chissà come avrà sofferto a rinunciare alla sfilata di Trento! Sul manifesto c’è la scritta “Niente fiori, ma offerte alla Fondazione Scuola Nikolajewka Onlus.”

Adesso mi fermo, e piango, ascoltando la struggente canzone di Bepi De Marzi cantata dagli amici del Coro La Faita…

“Dio del cielo, Signore delle cime,
un nostro amico hai chiesto alla montagna.
Ma ti preghiamo: su nel Paradiso, su nel Paradiso
lascialo andare per le tue montagne.
Santa Maria, Signora della neve,
copri col bianco, soffice mantello
il nostro amico, il nostro fratello
su nel Paradiso, su nel Paradiso
lascialo andare per le tue montagne.


Caro Sergio, adesso sfilerai sulle grandi strade del Paradiso, con il tuo fedele cappello alpino, insieme a tanta gente buona come te. Grazie per quello che hai fatto per noi, per tutta la comunità.
Ti ritroveremo negli occhi azzurri dei tuoi meravigliosi nipoti Francesco, Caterina ed Alessandra, a cui volevi un bene infinito.

Addio, Sergio!
tuo cognato John

Nelle foto:
1)Sergio ci saluta a una sfilata
2)la famiglia Franceschetti coi nonni Cecchino e “Lina”
3)Sergio con mia sorella Rita
4)con le maestre della Scuola dell’infanzia

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