Vite spericolate
di Luca Rota

Tre uomini e la droga. Le figurine di oggi hanno in comune proprio ciò che li ha rovinati. Tre ruoli diversi, tre ottimi calciatori, tre persone in difficoltà, nonostante le vite apparentemente scevre di problemi, che si pensa possano appartenere a dei calciatori professionisti


Quando si parla di droga, non si parla di doping, ma di sostanze che col tempo uccidono (anche il doping lo fa), ma non aiutano ad essere più bravi. Perché le figurine di cui parliamo oggi possono di certo aver avuto delle vite spericolate, difficili, alterate magari, ma non sono mai stati dei bari. Probabilmente se non si fossero drogati, avrebbero avuto carriere migliori, più longeve e di certo a livelli superiori. Perché la droga non aiuta, uccide.

Angelo Pagotto nel 1996 vinceva l’Europeo con l’Under azzurra guidata da Cesare Maldini, parando un rigore a Raul. In campionato difendeva i pali della Sampdoria, e lo faceva piuttosto bene, al punto di meritarsi il Milan soli 23 anni.

Col Diavolo però il feeling non fu cosa immediata, e dopo una sola stagione iniziò quell’esodo che in dieci anni, lo vide volare da Perugia a Crotone, con nel mezzo altre sei squadre.. e due squalifiche. Il tutto proprio per l’uso di quella sostanza velenosa e opprimente, che segnerà la fine della sua carriera. Ad oggi la squalifica di otto anni è da poco giunta al termine.

Francesco Flachi è di due anni più giovane, un classe ’75. Nel 1996, quando Pagotto neutralizzava dal dischetto il futuro capitano del Real, lui segnava in B col Bari, dov’era stato mandato a farsi le ossa da chi lo aveva lanciato nel calcio dei grandi. Quella Fiorentina che di occasioni gliene diede poche, e che dopo Ancona lo spedì a Genova, sponda blucerchiata, ai tempi sprofondata negli abissi della serie cadetta. In otto anni riporterà la Samp in A ed in Europa, diventandone leader e uomo simbolo, nonché il terzo marcatore di sempre dopo Vialli e Mancini.

L’intrigo di calcio scommesse a cui seguì la squalifica per uso di cocaina, segnò la fine di questa bellissima storia d’amore. Empoli e Brescia proveranno a rilanciarne le ambizioni e la voglia, ma sarà ancora una volta quel demone in polvere a fargli dire forzatamente basta col calcio giocato. Ad oggi è squalificato fino al 2022.

Jonathan Bachini di Flachi è coetaneo, ma di ruolo faceva il centrocampista, di fascia per la precisione. Ad Udine riuscì a conquistare la maglia azzurra e quella della Juve. A Torino però collezionò poche presenze, e dopo una stagione a Brescia, venne ceduto al Parma come contropartita per l’approdo in bianconero di Buffon. Coi ducali non scoccò la scintilla, così decise di tornare a correre sulla fascia per il Brescia di Baggio, Guardiola, Di Biagio e Pirlo.

Andò tutto a meraviglia fino al 2004, quando dopo essere stato trovato positivo alla cocaina, venne licenziato dalle Rondinelle. Scontato l’anno di squalifica, firmò per il Siena, dove dopo un bel inizio di stagione, sembrava fosse tornato quello dei bei tempi. Durò poche partite; nuovi controlli e nuova positività, sempre alla cocaina.

La sentenza lo radiò dal mondo del calcio, e forse fu troppo severa, perché espressa nei confronti di chi magari avrebbe avuto bisogno di aiuto, non di emarginazione. Una curiosità ininfluente e puramente casuale: in entrambi i match nei quali venne trovato positivo, l’avversario era la Lazio.

Tre profili calcistici diversi, tre ottimi calciatori rovinati dalla droga e dalla mancanza di forza che non permise loro di dire basta. Saranno però sempre da rivedere le parate di Pagotto nell’anno alla Samp, oppure le sgroppate sulla destra del Bachini di Udine e di Brescia. Per non parlare dei gol in acrobazia di Flachi. Tre vite spericolate, con sullo sfondo il calcio, e nel mezzo la droga. Maledetta droga.
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