«Metonimie»
di Redazione

Apre questo sabato 10 marzo nella sala Moroni del Comune di Vestone la “personale” dell’artista vestonese Leonardo Maccarinelli


Questo sabato 10 marzo, presso la sala Moroni del Comune di Vestone sarà aperta la mostra dell’artista vestonese Leonardo Maccarinelli. Resterà aperta al pubblico fino al 25 marzo, con i seguenti orari: festivi 9-12/15-19, feriali 9-11.

Scrive di lui lo storico dell’arte Andrea Crescini:

«Descrivere l’opera di Leonardo Maccarinelli non è facile, tanto è densa di sollecitazioni per lo spirito e di citazioni per la mente. Ho scelto come titolo di questo breve testo la parola “metonimia”, perché Leo sembra sintetizzare in immagini quello che la figura retorica fa convivere nelle parole.

Cosa intendo? Facile comprenderlo. Quando dipinge ogni pennellata porta con sé un significato che rimanda all’immagine, al sentimento, all’ispirazione. Quando crea trasforma la materia, la nobilita in ogni sua parte, affinché il Bello non sia solo l’armonia dell’insieme, ma al tempo stesso sia cura amorevole dedicata ad ogni sua parte.

Non parlerò di Leo come “artista”, parola che lui stesso sente come un titolo onorifico che può essere concesso solo dopo una ricerca lunga tutta una vita. Quindi parlerò di lui come “uomo”, essere senziente che vive e percepisce la realtà, la Natura, non solo come spazio vitale, ma ambiente dell’anima, luogo tangibile e immateriale al tempo stesso in cui sentimento e sostanza contribuiscono a creare l’opera d’arte.

Oltre all’animo nell’opera di Leo trova spazio la citazione. L’ispirazione dei maestri diventa in lui la strada maestra attraverso la quale fare Arte. Nei suoi paesaggi riecheggia l’eco del rapporto vinciano con la Natura, eppure sono i grandi francesi dell’Ottocento a farla da padrone. Monet, Van Gogh, Pizarro, Renoir sono presentissimi nella mente del pittore, che altrove, invece, riversa a piene mani il divisionismo segantiniamo e il futurismo marinettiano. Mentre nelle sue sculture fa spesso capolino il modello desunto da Degas.

La presenza di così nobili padri non è ammuffita ripetizione, è funzionale all’espressione. La gestione stessa dei piani è assoggettata all’occhio dell’artista. Il fare pittorico sfrangiato, vibrante, a volte tagliente, dei primi piani sembra desunto dalla pittura futurista, carico di un rapporto inquieto con il presente e il contingente, eppure, sullo sfondo, torna la calma, il pennello stesso rallenta. La pennellata diventa più misurata, riflessiva, lo sfondo, dunque, assurge a immagine bucolica di una Natura madre, in cui lo spirito inquieto del presente annega in un’onirica pace, tanto cara a Segantini.

Conoscere l’opera di Leo apre uno sguardo su un mondo, il suo, in cui l’occhio dell’uomo e la mente dell’artefice creano una realtà in cui il paesaggio si plasma in un mondo di immagini tratte a volte dal cuore, a volte dalla memoria.

Entrare in questo spazio è entrare nello spazio di un’anima, dunque. Ci vuole delicatezza e, soprattutto, un cuore grande. Queste sono la chiave e la via per capire l’arte di un uomo, Leonardo Maccarinelli».
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