Mario Frick
di Luca Rota

Ve lo immaginate Totti che, per continuare a dare una mano alla causa azzurra, decide di arretrare a giocare in difesa? O ve lo immaginate Del Piero che, in un’ipotetica Italia in difficoltà, si posizioni al centro del reparto difensivo per rassicurare le sorti, in quanto uomo più carismatico? 


Mario Frick questo lo ha fatto. Voi direte, facile farlo per uno che si chiama così. Aspetta, come hai detto che si chiama? Frick, Mario Frick, svizzero naturalizzato liechtensteinese, seconda punta moderna, di quelle che si sacrificano e lasciano segnare i compagni di reparto, ma che all’occorrenza i gol li sanno fare.  
 
Parte dall’amato Balzers, nelle leghe minori svizzere, prima di farsi notare in alto e raggiungere il massimo campionato elvetico. Dopo sei stagioni tra San Gallo, Basilea e Zurigo, nel 2000 lo acquista l’Arezzo, e subito dimostra di avere buona confidenza col gol mettendone a segno ben 17. Ma si tratta di C1 (l’attuale Lega Pro), servirebbe ben altro, direte (sempre) voi. 
 
Così l’anno seguente va al Verona in A, dove si abbassa il suo score realizzativo (conclude l’annata con 7 ottime marcature), ma non la qualità delle sue prestazioni. In tutto ciò è impossibile non parlare della sua nazionale, quel piccolo Liechtenstein ricca patria di banche e grandi capitali, ma minuscola provincia calcistica europea. Di questa compagine Mario è capitano e uomo simbolo, e col passare degli anni ne diventerà top scorer e recordman di presenze.
 
Dopo Verona, quattro bellissime stagioni a Terni in B, dove segna e convince, ma soprattutto dove fa di tutto per restare, perché lì sta bene e non vuole cedere alle lusinghe di altri club. Sarà poi Siena ad accoglierlo a braccia aperte, e per ben tre stagioni ripagherà come sempre la fiducia assegnatagli. 
 
Il ritorno in Svizzera è roba da nostalgici, quando le 35 primavere risuonano imperterrite, ma si sente ancora il bisogno di dire qualcosa. San Gallo, poi Grassophers e infine il ritorno nella sua Blazers, lì dove vent’anni prima (nel 1993) aveva anche esordito in nazionale. Lì dove continua per altre quattro stagioni, prima di dire addio al calcio giocato, a 41 anni suonati, per sedersi in panchina, sulla sua panchina.
Il tutto dopo 125 presenze e 16 reti con la maglia del suo Liechtenstein, dove negli ultimi anni di carriera, non ha esitato ad arretrare in difesa pur di dare una mano ai colori che ha sempre amato ed onorato. 
Ripeto, ce li vedete Totti e Del Piero arretrare a giocare in difesa per dare una mano ai colori azzurri? In Liechtenstein più o meno è avvenuta la stessa cosa. Lì, però, sul serio. 
 
 
 
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