Una terra promessa
di John Comini

Si vota. Dopo mesi di campagna elettorale. Da quando sono bambino sento “siamo in campagna elettorale”…


Ricordo un comizio in Piazza Zanardelli, a Gavardo. Ricordo le tribune politiche alla televisione in bianco e nero, moderate da Jader Jacobelli. Ricordo anche le imitazioni che Alighiero Noschese faceva dei politici. Con gli amici si facevano eterne discussioni sulla politica. C’era chi aveva in camera il poster del Comandante Che Guevara ed aspettava la rivoluzione da un giorno all’altro. C’era chi diceva che il voto è segreto e quindi non ve lo dico, ma tutti sapevano che votava lo scudo crociato. C’era un comunista sfegatato, le parole dell’Unità erano il suo vangelo. E gli altri a dirgli che il socialismo sovietico era costato milioni di morti, e le deportazioni e i campi di lavoro: guarda Solenicyn che per ricevere il Premio Nobel per la letteratura è stato espulso dall'Unione Sovietica. Ma lui fermo nella sua idea, per lui il comunismo era l’unica via per l’avvenire…

E c’erano gli amici socialisti con nel cuore il Sol dell’Avvenire, e gli anarchici, senza Dio e senza legge. Poi si andava a mangiare pane e salamina nei festival dell’Unità, dell’Avanti, dell’Amicizia. Ricordo il mio amato cognato Angelo, liberale di ferro, che un giorno aveva vinto un enorme peluche alla lotteria del Festival dell’Unità, tra lo sventolio delle bandiere rosse. E lui rideva felice sotto i baffi.
C’era sempre qualche dibattito con un politico venuto da Brescia, ma di solito la gente preferiva ballare il liscio. Poi le discussioni tra amici finivano alla solita pizzeria, dove si annegava il nostro esistenzialismo in birra doppia e pizza con doppie cipolle. E allora si immaginava il futuro, si sognava “una terra promessa, un mondo diverso, dove crescere i nostri pensieri” (come canterà più tardi Eros Ramazzotti).

Quando c’erano le elezioni i muri erano inondati da manifesti e da promesse. Passavano le macchine con l’altoparlante (ecco perché le chiamavamo “autoparlante”) che ti dicevano cosa votare.  Ed ai seggi c’era la coda, suore che uscivano dal monastero solo per votare (indovinate quale partito?) e vecchine accompagnate da qualche solerte nipote per strappare un voto all’avversario.

Anche allora c’era chi non andava a votare. Personalmente sono sempre andato a votare. Ho sempre pensato che questo piccolo atto del voto fosse il dono di qualcuno che ha lottato per ottenere questa democrazia. C’è la Costituzione, il regalo che i padri e le madri costituenti ci hanno lasciato in eredità. Le cose regalate dobbiamo conquistarle, farle diventare nostre. Dentro ci sono le regole per vivere tutti insieme, in pace, lavorando (sperando che ci sia il lavoro). E fa niente se non è una democrazia ideale, fa niente se è piena di delusioni e di cose che non vanno.

Com’era quella frase?
“Abbiamo fatto l’Italia, ora facciamo gli italiani”. E anche quell’altra? “Non è difficile governare gli italiani. È inutile.” Però io sono cresciuto anche con la frase di don Milani “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Uscirne tutti insieme è la politica. Uscirne da soli è l’avarizia.” E molti anni fa Voltaire scriveva "Non sono d'accordo con le tue idee ma mi batterò fino alla morte perché tu possa esprimerle." Beh, fino alla morte… diciamo che mi batterò, ecco. Sinceramente capisco i delusi, i rassegnati. Persino Dante scriveva «Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave senza nocchiere in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello! ». E Battiato canta:

“Povera patria,
schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno
e tutto gli appartiene…
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
sì che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.”

Ricordate il discorso sul PIL
(Prodotto Interno Lordo) di Robert Kennedy nel 1968?
“Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari… Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari…
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”

Certo, sarebbe bello se tutti i contendenti delle elezioni fossero onesti, se tutti ascoltassero le buone idee degli avversari, se lasciassero da parte promesse irrealizzabili e si preoccupassero del bene comune. Se avessero tutti il senso di responsabilità e pensassero che ci sono i diritti ma anche i doveri da rispettare. Sarebbe bello che la politica recuperasse il contatto con la vita della gente. Qualcuno dice che la classe politica è l’espressione della gente. E che la gente si batta più per i propri interessi che per i propri doveri. Che gli italiani si lamentano soprattutto degli italiani. Che ammirino i furbi e chi riesce a farla franca. Ma ancora una volta io spero che qualcosa migliori. Cosa volete farci, sono un vecchio maestro, e non perdo la speranza, nonostante tutto.

Ed allora mi vengono in mente le parole di Gaber, quello che cantava che “la libertà non è star sopra un albero, libertà è partecipazione” e “Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono”. La canzone si intitola “Le elezioni”, pensa te…

“Generalmente mi ricordo una domenica di sole
una mattina molto bella un’aria già primaverile
in cui ti senti più pulito anche la strada è più pulita…
Una curiosa sensazione che rassomiglia un po' a un esame
di cui non senti la paura ma una dolcissima emozione
E poi la gente per la stradali vedo tutti più educati
sembrano anche un po' più buoni
ed è più bella anche la scuola quando ci sono le elezioni…
C’è un gran silenzio nel mio seggio
un senso d’ordine e di pulizia…democrazia
Mi danno in mano un paio di schede
e una bellissima matita
lunga sottile marroncina perfettamente temperata
E vado verso la cabina volutamente disinvolto
per non tradire le emozioni
E faccio un segno sul mio segno
come son giuste le elezioni
E’ proprio vero che fa bene un po' di partecipazione
con cura piego le due schede
e guardo ancora la matita così perfetta e temperata
io quasi quasi me la porto via
democrazia…”

Do un'ultima occhiata ai giornali. Leggo della vittoria della Juve e della sconfitta del Napoli. Stasera ci sarà il derby della Madonnina. Quando finirà Milan-Inter ci saranno le proiezioni dei vincitori e degli sconfitti di queste elezioni. Anche se spesso chi ha perso dice che ha vinto...Magari ci sarà un pareggio. Magari si riandrà a votare. Ma poi mi scappa l'occhio su una notizia che viene dagli Stati Uniti.

C’è un bambino,
si chiama Michael. Ha 4 anni. I suoi due fratellini, gemelli di 4 mesi, sono nati con una rara malattia che compromette il sistema immunitario: anche un taglio può essere fatale. L’unica possibilità è il trapianto di midollo osseo, che però si può effettuare soltanto in presenza di donatori compatibili. E il donatore perfetto, per entrambi i gemellini è il fratello Michael. «Li salverò, io non ho paura neppure del grosso ago gigante» ha detto il bambino. Forse Michael non si rende conto dell’intervento che dovrà fare, ma la mamma è convinta del contrario: «Lo sa, è un ragazzino molto intelligente, è senza paura e vuole salvarli». I genitori parlano del loro ragazzo come di un «supereroe», di un bravo e coraggioso fratello maggiore.

L’8 marzo Michael, supereroe di 4 anni, donerà il midollo per salvare i suoi fratellini.
Adesso vado a votare. E penso a Michael. A un bambino che entra in ospedale con coraggio per salvare i suoi fratellini. Perché la sua terra promessa sono loro, sono la sua famiglia. Forza Michael, siamo tutti con te!

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,

maestro John

Le fotografie si riferiscono ad un servizio di Gioan Lavo fatto nel 1967 per un incontro della DC gavardese con Flaminio Piccoli, presso il bar-ristorante Acli
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