«Collocazione provvisoria»
di don Claudio Vezzoli

C’è un aneddoto della vita pastorale di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta ormai entrato nella casa del Padre, che è particolarmente significativo in questo tempo dell’anno liturgico.


Egli amava raccontare di quando, nel vecchio duomo di Molfetta, aveva visto un crocifisso di terracotta donato qualche anno prima alla chiesa da uno scultore del luogo.
Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’aveva addossato alla parete di un locale della sacrestia e vi aveva apposto un cartoncino con la scritta “collocazione provvisoria”.

Don Tonino aveva voluto che rimanesse così, sulla parete nuda, in quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito: trovava che “collocazione provvisoria” fosse la formula migliore per definire la croce, quella di Gesù e quella di tutti gli uomini, alla luce di quella del Cristo.

Anche il Vangelo c’invita a considerare la provvisorietà della croce quando ci dice “da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra” (Mt 27,45): ci sono dei paletti d’orario, c’è un limite di tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.

Forse la nostra questione di fondo non la croce, ma l’interpretazione ed il significato che poniamo in essa:è un simbolo paradossale della nostra vita ovvero capire e sperimentare che le sofferenze ed il dolore non sono segni dell’agonia, ma sono i “travagli del parto”, è un “dare alla luce”.
E’ un assumere questi momenti senza disperazione, mantenendo la consapevolezza che per i credenti la croce è l’angolo prospettico per guardare, vedere e giudicare il mondo e la storia.

La storia, il mondo e la vita sono impregnati di resurrezione, l’ultimo capitolo rimane sempre e comunque la resurrezione.
In questa prospettiva il cristiano, il credente, la persona sa che ogni esperienza di buio avrà sempre una luce che lo rischiara, uno spiraglio di luce che è già vittoria.

don Claudio
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