Un altro sabato del villaggio
di Ezio Gamberini

Con Grazia a cena parliamo di tutto e questo sabato sera il discorso, a un certo punto, scivola sulle mogli di due presidenti notissimi, uno attuale, e uno ormai ex, anche se per molti continua a essere «"Il" Presidente»…


Conveniamo che devono proprio aver “mandato giù” di tutto, quelle povere donne!

Stando alle notizie riportate dagli organi d’informazione, mentre una coniuge guardava un programma alla Tv o leggeva un libro a letto, il marito, due piani sotto, nel seminterrato della grande villa, s’intratteneva in allegra compagnia con amici e amiche di genere vario e diverso, in riunioni conviviali di “largo respiro” e “ampie vedute”; mentre l’altra coniuge, di là dall’oceano, osservava allibita in Tv il filmato “rubato”, in cui il marito affermava che:

“Se sei un VIP, dalle donne ottieni ciò che vuoi”.

Mi viene spontaneo pensare che, d’accordo, chi è senza peccato scagli la prima pietra, ma nel momento in cui si va a votare, mi chiedo se, pur essendo a conoscenza di fatti conclamati e condotte consolidate, sia possibile premiare chi si comporta in tal modo.
Ho sempre pensato che due coniugi debbano essere fedeli tra loro, visto che se lo son promesso, quando si sono sposati, per scelta e liberamente si presume (e non è solo una convenzione, pur se prevista dall’art.143 del Codice Civile il quale prevede che “…dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà”, ma uno stile di vita che mi rende inconcepibile il solo pensiero di poter tradire mia moglie, in qualsiasi forma).
E il far finta di nulla,“Beh, è così, che vuoi farci, è normale…” mi lascia perplesso e incredulo.

Se posso scegliere, cerco di sostenere chi m’ispira un po’ di fiducia e dà l’impressione di aver avuto, e mantenere anche nel presente, un’esistenza per quanto possibile normale.

“Poveretta” – dico a Grazia, riferendomi soprattutto alla coniuge del “Presidente” nostrano – chissà come si sentirà…” e mi blocco all’improvviso, perché non riesco a pronunciare il termine che mi sembrava di avere sulla punta della lingua, e che pareva finire con “…ata”.

“Frastornata – borbotto – no, addolorata, sfiduciata…” no, insomma le proviamo tutte, ma anche Grazia ha un “blocco”.

Sconfortata, mortificata, esasperata, indignata, disgustata, seccata, umiliata, costernata, amareggiata…no, no” continuo a farfugliare.
Ah la vecchiaia che incombe, siamo proprio sulla via del rinco…. totale!

Desolata, scoraggiata, demoralizzata, nauseata, rattristata, disperata, turbata, angustiata, …”, proseguo indispettito, senza alcun risultato.
No e poi no. Non è tra queste la parola che intendevo io!

Ci rinuncio e vado in bagno a lavarmi i denti, ma continuo a scervellarmi:
“Tormentata, contrariata, irritata…”, e poi sono assalito da un dubbio atroce:
“E se invece di ‘ata’, finiva in ‘ita’?”.

E’ una questione d’onore; prima di sera voglio trovare il vocabolo che avevo sulla punta della lingua.

Mi rimetto in moto:
Incollerita, risentita, indispettita, avvilita, infastidita, spazientita, immalinconita… no, no, noooo… finiva proprio per ‘ata’!”.

“Stomacata, sfervorata, piccata, crucciata, schifata, sconsolata, abbacchiata, ripugnata. No, non erano termini così strani… adirata, sdegnata, angosciata, sconcertata, fr… fr…”, finalmente mi si accende la lampadina e urlo a squarciagola:

“Grazia, Graziaaaa!”.

“Eh?”.

“FRUSTRATA!!!”.

Che liberazione! Lo grido con un volume tale da farmi sentire nel raggio di cinquecento metri, dal greto del fiume sino alle pendici del monte.
“Certo, frustrata! Ma cosa ci voleva?”, mi risponde allegramente Grazia.

Salgo in camera per cambiarmi, al piano di sopra, quando sento un brusio che proviene dall’esterno, un mormorio sommesso ma persistente; apro la portafinestra, esco sul balcone e resto a bocca aperta: tutti gli abitanti del villaggio sono usciti in massa dalle loro case e ora si trovano davanti al cancello della nostra abitazione, richiamati dalle mie urla disumane, e attendono gli sviluppi.

Allora sorrido, allargo le braccia in segno di accoglienza, e comincio a cantare:

“E lucevan le stelle, ed olezzava la terra, stridea l’uscio dell’orto, e un passo sfiorava la rena. Entrava ella, fragrante, mi cadea fra le braccia. Oh, dolci baci, o languide carezze, mentr’io fremente le belle forme disciogliea dai veli! Svanì per sempre il sogno mio d’amore… L’ora è fuggita e muoio disperato! E muoio disperato. E non ho amato mai tanto la vita! Tanto la vita!”


E al conclusivo …tantoooo la viiiitaaaaaaa…”, appassionato e avvincente, con le note che volano come usignoli a spargere per tutto il villaggio un po’ di contentezza, parte un applauso formidabile. E’ un’apoteosi!

Tutti tornano alle loro case; ora possiamo andare a riposare in pace, nell’attesa gioiosa del “dì di festa” che celebreremo domani, alla faccia di Giacomino Leopardi e del suo malinconico “sabato del villaggio”.

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